Adesso, tra i bollori dell’estate 2023, lo scontro di civiltà si è spostato sui costumi estivi dei musulmani e delle musulmane della sua città, che per motivi di pudore – questo è – si fanno il bagno a mare vestiti. Un comportamento che – sostiene animatamente e animosamente la prima cittadina – minaccia il decoro e le entrate di siti turistici come Marina Julia, che da qualche tempo anche le famiglie immigrate hanno presso a frequentare alla ricerca di refrigerio. Invasione con “islamizzazione”: scenario perfetto per una succulenta polemica estiva.
Ecco la prova provata, denuncia la sindaca che ostenta le prove agitando lo spettro del burkini, della mancata volontà di integrazione. Ecco la dimostrazione che lei, la sindaca, aveva ragione quando ha scelto di perseguitare le minoranze più o meno come fanno gli ayatollah con i Bahai. Non c’è niente di cui rimproverare la sindaca, che è semplicemente se stessa, prigioniera di quel personaggio populista che si è guadagnato la fama nazionale a suon di ordinanze anti-questo e anti-quello. L’hanno votata, a Monfalcone, per ben due volte, dunque le sue argomentazioni appaiono convincenti, anche se noi, modestamente, osiamo dissentire. Meglio dunque guardare a ciò che succede a pochi chilometri, a Trieste, città multiculturale e cosmopolita dove da anni si tesse il dialogo interreligioso e dove il vescovo Enrico Trevisi giusto un mese fa ha fatto visita alla moschea di via della Maiolica avviando chiesa cattolica e Islam verso un percorso che Anna Maria Cisint – per pudore, immagino – rifugge dal voler seguire, a scapito dei soliti capri espiatori.