80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

La gioventù che brucia la Francia

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Le contraddizioni sociali che convivono nelle banlieues di Parigi sono enormi.

Non si tratta solo di disagio, assenza di sbocchi futuri di lavoro (il tasso di disoccupazione in Francia è al 7%, in continua diminuzione, in tendenza con la media UE), disuguaglianze culturali, razziali e religiose.

Categorie storico-sociologiche come il neocolonialismo, il terzomondismo, o il razzismo e l’odio religioso, che sarebbero diffusi tra le forze dell’ordine, sono inappropriate e superate.

I poliziotti delle Municipali, la Police Nationale e la Gendarmerie sono composti in maggioranza di figli di migranti africani, magrebini, per lo più musulmani.

Esiste un Welfare che sostiene i disoccupati (con il 75% dell’ultimo stipendio), chi è in cerca di prima occupazione, famiglie con figli, salario minimo a 1.500 euro, la RSA, ovvero il Reddito di solidarietà attiva per i più giovani senza lavoro.

Un sistema da sogno qui da noi in Italia!

Le periferie parigine, in realtà “quartieri-città” non sono come le nostre squallide e pericolose periferie o borgate: come a Roma gli esempi da “Bronx” tipo Torbellamonaca, Primavalle, Corviale, o a Napoli Scampia e Secondigliano, oppure a Milano Quarto Oggiaro e Lambrate.

Parliamo in realtà di zone residenziali per i ceti meno abbienti, piccola borghesia, operai, occupati nei servizi e nel commercio; ma non solo,esistono molti servizi sociali, ricreativi, culturali e sportivi pubblici.

Esiste una integrazione razziale e religiosa, e i giovani sono attratti dai social, influencer, usano smartphone di alta gamma, sono i primi a sperimentare i nuovi gadget e modelli di abbigliamento.

Oltre a “giocare a guardie e ladri” e distruggere banche, negozi, farmacie, ristoranti supermercati e auto, questi stessi giovani senza nessuna motivazione politica sono anche i primi a mettersi in fila per acquistare le nuovissime e carissime NIKE presso il grande Store omonimo nella centralissima Rue de Rivoli, mentre dei clochard cercano riposo sulle grate da dove arrivano i vapori della Metro (foto scattate ad Aprile 2023).

E nessuno che li degni di uno sguardo o di una elemosina.

La morte assurda del 17enne Nahel ucciso da un poliziotto non può giustificare qui da noi analisi sociologiche astratte e assolutorie.

Certo questa situazione irredentistica è anche frutto di una crisi istituzionale, della “lontananza sociale” da parte dei partiti tradizionali, di sinistra e anche della stessa destra, che ne trae comunque vantaggio. Da molti anni, le elezioni presidenziali, quelle politiche e comunali/regionali denotano un astensionismo che supera il 50% al primo turno e oltre il 60% al secondo.

La realtà sociale nelle grandi città francesi è dunque molto più complessa dei nostri stereotipi politichesi. Non la si può stigmatizzare con i soliti paradigmi usati spesso da opinionisti e tuttologi sui media.

Chi sono in realtà questi giovani francesi distruttori, antisociali, che stanno mettendo a ferro e fuoco interi quartieri di Parigi, Lione, Marsiglia, Nanterre?

Questi giovani ragazzotti tra i 14 e i 20 anni sono in maggior partefigli e nipoti di africani e magrebini. Ma i loro padri, le madri e i nonni sono da decenni inseriti nella società, sono e si sentono francesi al 100×100%.

Non a caso a questi “casseurs” si è rivolto il campione di calcio e capitano della Nazionale francese Mbappè, il quale come tanti altri atleti, poliziotti, militari, giovani insegnanti, impiegati e funzionari di musei, commessi/e, tecnici informatici e non solo, tutti si sentono integrati e fieramente “repubblicani”. Sono questi “figli” di una popolazione multietnica e religiosa la “spina dorsale” della Francia. Spesso gli esempi imposti dal marketing e seguiti dalle giovani generazioni.

I Casseurs odierni, invece, tra i quali anche molti giovani “bianchi” di antiche origini francesi, sono solo l’ultimo frutto della violenza iniettata dai social, dai videogiochi, dagli Influenzer e Trapper, dall’omologazione di comportamenti identitari che discendono dalla globalizzazione anarchica e consumistica.

In realtà si abbeverano di quelle storie, di quelle realtà virtuali da “immortali”, e professano un’identica cultura nichilista e sono integrati tra loro solo dall’idea che la trasgressione e l’irredentismo possono capovolgere gli equilibri sociali e far conquistare loro successi e denaro.

Ma con una carica di violenza e di incultura allarmanti.


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