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Ipocrisia falsificante. Famiglie povere? No: ‘Meno capaci di spendita’

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Emoziona, non solo per i contenuti, ma anche per il linguaggio, rileggere lo scambio epistolare che tra il ‘76 e il ’77 ci fu tra Monsignor Bettazzi ed Enrico Berlinguer, scambio epistolare riproposto con bella intuizione sul nostro Sito per ricordare il grande vescovo di Ivrea.
Oltre che emozionare, quelle parole dovrebbero servire da lezione per chi sceglie l’impegno in politica. Parole dirette, senza infingimenti o inutili sinonimi. Mons. Bettazzi scriveva tra l’altro: “Tanti, soprattutto operai, immigrati, diseredati, guardano a voi come una speranza di rinnovamento, in una società in cui essi non trovano sicurezze per il loro lavoro, per i loro figli, per una loro sia pur minima influenza nelle decisioni che coinvolgono tutti. Penso a quelli che hanno votato per voi e sono cristiani e non intendono rinunciare alla loro fede religiosa che anzi – forse nella sofferenza per la disobbedienza alla ‘gerarchia’ – pensano così di promuovere una società più giusta, più solidale, più partecipata, quindi più cristiana”. Queste le parole di un prelato cattolico al leader del partito contro cui Papa Pio XII, nel 1949, aveva lanciato la solenne scomunica.
Circa un anno dopo aver ricevuto la lettera di Mons. Bettazzi, il segretario del Pci risponde che il suo partito è “ laico, di popolo, non settario, non integralista che lavora per alleanze democratiche ampie e una trasformatrice unità con forze sociali, politiche e ideali diverse da noi (…) Il Pci opera per una società aperta ed accogliente verso i valori cristiani, non per una società cristiana o uno Stato cristiano e non già perché siamo anticristiani ma solo perché sarebbero anch’essi una società e uno Stato ‘ideologici’, integralisti”.
Nessuna possibilità di fraintendimenti, solo messaggi diretti, chiari dei quali oggi si fatica a ritrovare traccia, prima causa, probabilmente, del disamore per la politica che porta la metà dei cittadini a disertare le urne.
Alla chiarezza che rendeva il bianco bianco e non grigio, oggi si preferisce l’arzigogolo o l’ipocrisia soprattutto quando si deve nascondere una drammatica realtà. Il guaio è che andando a ruota della politica, cerca di farlo anche certo giornalismo.
Oggi in una edizione importante del TG1, parlando dei problemi del costo della vita, le famiglie povere sono state trasformate in ‘famiglie con minore capacità di spendita’. Figurarsi come questi stessi colleghi potrebbero parlare di quegli “operai, immigrati, diseredati (…) in una società in cui non trovano sicurezze per il loro lavoro, per i loro figli, per una loro sia pur minima influenza nelle decisioni che coinvolgono tutti”, ai quali fa diretto riferimento Mons. Bottazzi nella sua lettera.
Un linguaggio per farsi capire completamente diverso da quello scelto per compiacere il potere, nascondendo parole più comprensibili, con altre più fumose che fanno immaginare non una condizione di sofferenza, ma di scelta razionale.
Il rischio è che il modello venga copiato e riproposto, anche senza la necessità delle ’veline’ tanto care al ventennio fascista. Basterà volersi rendere sempre più graditi a chi preferisce favorire gli evasori piuttosto che rispettare chi paga regolarmente le tasse, a chi continuerà a versare soldoni per bloccare i profughi alla partenza invece di proporre una politica diversa di accoglienza europea, a chi non farà nulla per garantire il salario minimo e contemporaneamente elimina il reddito di cittadinanza.


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