Mentre, questa mattina all’alba, viaggiavo in treno in direzione di Bologna pensavo all’assurdità di questa situazione: io in presenza ad assistere alla proclamazione del dottore nel Master in Studi di genere Patrick Zaki, costretto a vivere da remoto, dal Cairo, questo momento così importante.
Una sensazione di assurdità diventata lì per lì più forte, una volta giunto a Bologna, la città di Patrick.
Ma poi le sensazioni sono state altre: di orgoglio, perché ho conosciuto un autentico e appassionato difensore dei diritti umani; di felicità, perché malgrado tre anni e mezzo da incubo, Patrick ha raggiunto – con 110 e lode! -quell’obiettivo per cui, nell’autunno del 2019, era arrivato a Bologna; di commozione, nel vedere quante persone gli vogliono bene. Un bene che si merita tutto, col suo comportamento, con la sua resistenza al carcere, con i pensieri costantemente rivolti alla sua città.
Speriamo davvero che Patrick possa proseguire nei suoi studi e nelle sue azioni in favore dei diritti umani. Perché ciò accada, sappiamo bene che non servirà un incantesimo ma la volontà politica delle nostre istituzioni di ottenere, da quelle egiziane, la rimozione del divieto di viaggio e l’assoluzione nel processo.
Nel viaggio di ritorno verso Roma, di nuovo la sensazione di assurdità: Patrick non potrà neanche festeggiare come si deve, ma dovrà iniziare a prepararsi per la nuova udienza prevista il 18 luglio. Una profonda ingiustizia cui dev’essere posta fine al più presto, in modo che finalmente a Bologna lo si possa abbracciare e dirgli di persona “Congratulazioni, dottor Patrick Zaki!”
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