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Aggressioni ai giornalisti? A Lampedusa facciamo nascere il circolo di Articolo21

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A Lampedusa, nei giorni scorsi, nel giro di 24 ore sono stati aggrediti una troupe del TG1, un operatore Mediaset e un giornalista di Italpress, rivelando il tentativo di instaurare un clima di pesante intimidazione verso chi sta facendo il proprio lavoro e svolgendo il pubblico servizio dell’informazione. La risposta istituzionale e civile per la ferma condanna di questi gravi atti criminali deve essere chiara e forte, perché quando si minaccia la pubblica informazione lanciando pietre e tirando calci, è la libertà di tutti a essere ferita.

Dietro questa strategia intimidatoria (purtroppo messa in atto anche in passato) c’è la scriteriata idea di additare gli organi di informazione o gli stessi approdi di migranti come responsabili di chissà quali danni all’immagine dell’isola e alla sua economia turistica.

Allora, bisogna dire con chiarezza che gli unici impatti negativi sull’isola derivano dal clima perennemente emergenziale con cui si gestiscono gli arrivi dei migranti sulle nostre coste e sono la diretta conseguenza delle politiche migratorie nazionali ed europee, sempre più respingenti e improntante a ferree logiche securitarie. Quelle stesse politiche che hanno criminalizzato e reso sempre più difficile il soccorso in mare, che trattano come un’invasione la richiesta di aiuto e salvezza di tanti disperati, sono anche in grado di sacrificare i territori di confine al destino di frontiera, come gli stessi lampedusani hanno potuto sperimentare sulla propria pelle nel 2011, quando il Ministro dell’Interno decise di rimpatriare tutti i tunisini direttamente da Lampedusa.

Oggi, a soffrire principalmente di questo approccio emergenziale e securitario, sono principalmente le persone soccorse, venendo spesso ammassate in migliaia in un centro che ne potrebbe contenere 400, deprivate della loro dignità umana e rese invisibili a lampedusani e turisti, che invece vivono in una dimensione parallela.

I dati sulla costante crescita turistica dell’isola dimostrano inoltre che gli approdi dei migranti non hanno sinora influito negativamente sul turismo (con l’unica eccezione dell’estate del 2011), così come molti degli annosi problemi dell’isola e molti aspetti di degrado socio-ambientale hanno poco a che vedere con gli “sbarchi” e molto invece con la marginalità geografica e altri specifici punti di debolezza.   

Ad ogni modo, Lampedusa è al centro di una delle più grandi tragedie del nostro tempo ed è folle  pensare che silenziando i mezzi di informazione si possa cancellare questa tragedia dall’attualità.

E’ vero semmai l’esatto contrario: è illuminando i territori che si proteggono le persone, si denunciano i problemi e si valorizzano e aiutano le comunità, proprio come è accaduto, per esempio, proprio l’8 luglio del 2013, quando Papa Francesco giunse a Lampedusa per denunciare l’atrocità delle morti in mare e  ringraziare i lampedusani per la loro capacità di accoglienza. A dieci anni esatti da quella storica visita, bisognerebbe almeno ricordare come quel gesto di Bergoglio abbia, tra molto altro, fatto conoscere Lampedusa nel mondo ribaltandone l’immagine e facendola finalmente percepire in maniera radicalmente diversa rispetto allo stereotipo, sino ad allora dominante, dell’isola invasa e deturpata dai migranti.

Non saranno certamente il silenzio, la dimenticanza o l’omertà ad aiutare Lampedusa, i suoi abitanti e le persone che vi approdano.

Per tutte queste ragioni, come atto di concreta solidarietà ai giornalisti insultati e picchiati, nascerà presto un circolo di “Art. 21” a Lampedusa, su iniziativa di alcuni giornalisti e personalità, in difesa del principio di libertà di manifestazione del pensiero e per accendere un focus di osservazione privilegiato su alcuni temi che attraversano il mare.


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