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Vietato informare, il ddl sulle intercettazioni silenzia i peggiori problemi italiani

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Potrebbe scattare oggi una ulteriore stretta sul racconto della cronaca giudiziaria italiana. Nonostante tutti gli allarmi e il monitoraggio costante degli organismi di categoria dei giornalisti (e dei magistrati) arriva in consiglio dei ministri la bozza del disegno di legge di riforma della giustizia all’esame del pre-consiglio di oggi 15 giugno, appunto. Il ddl, sul quale il ministro della Giustizia Carlo Nordio sta lavorando da tempo, stabilisce, fra le altre cose, che il divieto di pubblicazione delle intercettazioni cada solo allorquando il contenuto intercettato sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento. E non può essere rilasciata copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti o e dai loro difensori. Viene inoltre ampliato l’obbligo di vigilanza del pubblico ministero sulle modalità di redazione dei verbali delle operazioni (i cosiddetti brogliacci) e il dovere del giudice di stralciare le intercettazioni, includendovi, oltre ai già previsti dati personali sensibili anche quelli relativi a soggetti diversi dalle parti (fatta salva, anche in questo caso, l’ipotesi che essi risultino rilevanti ai fini delle indagini).
Molte le reazioni in queste ore di giornalisti, giudizi, organi di controllo ma la riforma appare, in realtà, in naturale proseguimento del progressivo smantellamento del diritto ad essere informati, che in Italia ha subito un duro colpo già col decreto Cartabia del 2021 che impedisce la divulgazione di notizie di cronaca se non previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica competente.
“E’ una ulteriore tappa di avvicinamento a Paesi come l’Ungheria di Orban, dove l’insofferenza verso l’informazione è entrata nella legislazione ed è quanto sta accadendo anche da noi”, dice Giuseppe Giulietti, coordinatore dei circoli di Articolo 21.
“In tema di pubblicazione del contenuto delle intercettazioni l’unico criterio di riferimento deve essere l’interesse pubblico a sapere, il diritto dei cittadini a essere pienamente informati, come ha ribadito in più sentenze anche la Corte europea dei diritti umani”, rilevano Alessandra Costante e Vittorio di Trapani, segretaria generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana. “In attesa di conoscere il testo che riformerà l’istituto delle intercettazioni, per la Fnsi è fondamentale ribadire l’esigenza di contemperare gli interessi in gioco e quindi di trovare il giusto equilibrio tra due principi di rango costituzionale quali sono il diritto alla tutela della dignità e onorabilità delle persone e il diritto di informare e ad essere informati”, hanno aggiunto Costante e Di Trapani.
Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, riunito nella seduta del 14 giugno 2023, esprime preoccupazione di fronte alla bozza del DDL giustizia portato all’esame del pre Consiglio dei ministri. “I limiti che si vogliono introdurre alla conoscibilità delle intercettazioni effettuate durante le indagini preliminari rischiano di costituire un ostacolo al diritto dei cittadini di essere informati su eventi di rilevante interesse pubblico. – si legge nella nota del Cnog – Attualmente gli atti a conoscenza degli indagati (quindi dopo l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare o dopo la chiusura delle indagini) non sono più segreti: il rischio è di far calare il silenzio su quasi tutto, con l’eccezione delle intercettazioni ‘riprodotte dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento’.
(Nella foto il Ministro della Giustizia Carlo Nordio)

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