Nella stoltezza di un presente storico europeo ancora una volta belligerante ci ha pensato Aristofane nella sua commedia “La Pace” a ricordarci il valore della pace, mentre i protagonisti di siffatto scempio si dilaniano, intenti ottusamente a insanguinare l’Europa ancora una volta, a soli 78 anni dalla fine della devastante seconda guerra mondiale. La sospirata pace di Nicia, tregua della endemica guerra del Peloponneso, aveva ispirato il grande commediografo, aprendo le sorti della Grecia alla illusoria speranza di un futuro saggio e luminoso. Noi questa pace russo-ucraina la attendiamo ancora. Per questa ragione la commedia scelta non a caso dall’INDA, diretta da Daniele Salvo, ci emoziona e ci coinvolge vieppiù: oggi sappiamo che la pace in Grecia sarebbe durata poco, distruggendo la democrazia ateniese e consegnando la civiltà greca alla dissoluzione politica irreversibile. Questa dolorosa consapevolezza acuisce la tristezza di una pace fallimentare nel passato e di una guerra nel presente di cui non si intuiscono i confini. La risata si fa amara.
Andata in scena ad Atene nel 421 a.C., poco rappresentata per via di un cedimento strutturale nella sostanza della seconda parte, ritenuta un’accozzaglia di ibridi tesi solo ad ottenere un facile umorismo, questa edizione si pone meritevolmente come recupero di un’opera in stile con l’autore, uno dei più brillanti seguaci di Talia.
Al centro della sua poetica ruota il tema della guerra del Peloponneso che, pur se trattato con leggerezza, rimane il nodo centrale del suo percorso artistico. Nato nell’età aurea di Pericle, il grande commediografo assistette con amarezza al crollo della democrazia, le cui responsabilità degli ateniesi non cessò mai di denunciare nelle sue opere. L’ombra di Aristofane si allunga sulle pietre secolari sollecitando, pur se infiorate da lazzi umoristici, opportune riflessioni sul destino degli uomini, intenti secolarmente alla belligeranza piuttosto che al perseguimento di una sana e pacifica convivenza, come inviterà la Pace nell’epilogo.
Per la prima volta a Siracusa, l’opera, un vero e proprio collage di dialetti italiani, costumi, generi musicali, citazioni, allestita con una sfera monolitica specchiante al centro di una carta geografica dell’Europa in bianco e nero, mostra un doppio profilo nella vivace e volenterosa regia di Daniele Salvo che cerca di irrorare, operazione non facile e non sempre con effetti apprezzabili, l’ormai asfittica comicità greca con richiami costanti alla comicità contemporanea, sottolineando il contrasto guerra-pace con scene guerresche di inquietante seduzione, come nella suggestiva coreografia dell’incipit iniziale, contrapposte all’armonia quasi stucchevole della Pace danzante, finalmente liberata, in un alternarsi di atmosfere giocose dove tuttavia fa capolino minacciosamente la ferocia delle armi e l’ironia di un autore che probabilmente non si illudeva sul futuro di Atene e della Grecia. Paradossalmente come in Lisistrata e le Ecclesiazuse le donne, qui proprio i contadini, la classe subalterna, asserviti a un potere inamovibile, le vittime più esposte ai miasmi bellici, rovesciando i soliti ruoli in una profetica anticipazione della riscossa delle masse proletarie, diventano protagonisti della sospirata pace, foriera di gioie domestiche e campestri. Il protagonista è Trigeo, un vignaiolo stanco della guerra tra Atene e Sparta. Annunciato dal pasto inverecondo di un gigantesco scarabeo stercorario insaziabile, allevato diligentemente da una squadra di cuochi esausti con gigantesche sfere di escrementi, per condurlo al cospetto degli dei, il desiderio insopprimibile di una pace duratura si fa strada e si invola con Trigeosul maxi insetto sospeso sull’immancabile gru del teatro. Giunto alle dimore celesti in groppa al suo fatiscente destriero, Trigeo, un Giuseppe Battiston in ruolo, vi trova solamente Ermes, il vecchio e irresistibile trans del sorprendente Massimo Verdastro, intento a impacchettare gli ultimi scatoloni. Gli dei sono andati via, disgustati dalla stoltezza degli umani, intenti solo a belligerare follemente. La Pace giace nei sotterranei dell’Olimpo, imprigionata da Polemos che domina la scena urlando il suo furore e incitando alla guerra e alla devastazione delle città greche. Dopo vani tentativi di liberazione della prigioniera irrompe in scena la folla contadina, in perfetta tenuta da spaventapasseri del Mago di Oz, accorsa per liberare Eirene, con l’aiuto di Ermes, solleticato dalle preghiere e dalla promessa di sacrifici in suo onore, che riuscirà finalmente in una suggestiva scena corale a dissotterrare la luminosa creatura, bianca e fulgente nella maschera metallica senza volto, accompagnata da Opora, dea dei frutti e da Theoria, dea delle feste, leggiadre fanciulle danzanti. In piena atmosfera da musical dove fa capolino persino la Traviata, tra piroette e canti di vago sapore nostrano, viene celebrata la liberazione della dea che ritorna a far sorridere e sognare. Le nozze di Trigeo con Opora saranno celebrate tra banchetti e irruzioni di vari personaggi macchiettistici che dalla Pace hanno avuto danno, come i mercanti d’armi in dissesto, mentre la Pace, dall’alto della sfera specchiante al centro della scena, evocativa della Terra, circondata da bandiere di tutto il mondo, prende volto e voce in un monologo conclusivo, dove vengono esaltati i valori di una pacifica convivenza in contrapposizione alla nefasta sete di potere degli uomini che preferiscono distruggere la loro civiltà pur di comandare. La speranza della Pace sorride dagli spalti della luminosa sfera, ideale accarezzato e mai posseduto dal genere umano se non per brevi, illusori momenti.
LA PACE
Opera di | Aristofane
Traduzione | Nicola Cadoni
Regia | Daniele Salvo
Scene | Alessandro Chiti
Installazioni sceniche | Michele Ciacciofera
Costumi | Daniele Gelsi
Musiche originali | Patrizio Maria D’Artista
Cura del movimento | Miki Matsuse
Luci | Giuseppe Filipponio
Direzione cori cantati | Elena Polic Greco e Simonetta Cartia
Assistente alla regia | Raffaele Latagliata
Assistente costumista | Andrea Grisanti
Direttore di scena | Giuseppe Coniglio
Assistente Direttore di scena | Valentina Enea
Assistenti volontari | William Caruso, Flavia Test
CAST
TRIGEO | Giuseppe Battiston
ERMES/IEROCLE | Massimo Verdastro
SERVO DI TRIGEO I | Simone Ciampi
SERVO DI TRIGEO II / ARISTOFANE | Martino Duane
FIGLIA DI TRIGEO I | Francesca Mària
FIGLIA DI TRIGEO II | Stella Pecollo
POLEMOS / MERCANTE DI ZAPPE |Patrizio Cigliano
MACELLO | Gaetano Aiello
MERCANTE DI ARMI | Giuseppe Rispoli
FABBRICANTE DI FALCI | Paolo Giangrasso
LA PACE | Jacqueline Bulnés
LA PACE (MONOLOGO FINALE) | Elena Polic Greco
OPORA (DEA DEL RACCOLTO) | Federica Clementi
THEORIA (DEA DELLA FESTA) | Gemma Lapi
CORIFEI | Gaetano Aiello, Simonetta Cartia, Simone Ciampi, Patrizio Cigliano, Enzo Curcurù, Martino Duane, Marcella Favilla, Paolo Giangrasso, Elena Polic Greco, Francesco Iaia, Giancarlo Latina, Francesca Mària, Stella Pecollo e Giuseppe Rispoli
Con la partecipazione degli allievi dell’Accademia d’Arte del Dramma Antico
CORO | Clara Borghesi, Davide Carella, Alberto Carbone, Carlotta Ceci, Federica Clementi, Alessandra Cosentino, Giovanni Costamagna, Christian D’Agostino, Carloandrea Pecori Donizetti, Ludovica Garofani, Enrica Graziano, Althea Maria Luana Iorio, Denise Kendall Jones, Domenico Lamparelli, Gemma Lapi, Zoe Laudani, Emilio Lumastro, Marco Maggio, Carlo MarrubiniBouland, Carlotta Maria Messina, Moreno Pio Mondi, Matteo Nigi, Giuseppe Oricchio, Edoardo Pipitone, Beatrice Ronga, Francesco Ruggiero, Jacopo Sarotti, Massimiliano Serino, Davide Sgamma, Francesca Sparacino, Stefano Stagno, Giovanni Taddeucci, Siria Sandre Veronese, Elisa Zucchetti.
Al Teatro Greco di Siracusa fino al 23 Giugno
Un’invocazione alla Pace dagli scranni pietracei del Teatro Greco di Siracusa