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Testimoni, attori, archivio: come raccontare efficacemente l’omicidio di Fausto e Iaio. Un podcast della Rai

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Due ragazzi ammazzati. Quella striscia di sangue che parte da una strada della periferia milanese e prosegue con anomali incidenti stradali e suicidi. Un omicidio che racconta un’epoca. Un tassello di una storia più grande, che coinvolge eversione nera e ambigui apparati statali.

Raccontare la storia di Fausto e Iaio non è semplice, soprattutto se non vuoi cedere alle semplificazioni opposte: l’eroicizzazione dei martiri giovani&belli oppure il grande complotto. Il podcast “Viva l’Italia. Le morti di Fausto e Iaio” ci è riuscito, perché ha raccontato quello che è certo, quello che è plausibile, quello che non è possibile dimostrare.

Disclaimer. Compaio anch’io nel podcast di Roberto Scarpetti e Daria Corrias, quindi il mio giudizio potrebbe sembrare pregiudizialmente positivo: in realtà è vero il contrario, sono piuttosto severo, perché ho dedicato all’omicidio di Fausto e Iaio diversi audiodocumentari  (allora non si chiamavano ancora podcast) quando lavoravo a Radio Popolare.

Fausto Tinelli e Lorenzo Iaio Iannucci sono stati uccisi il 18 marzo 1978, a Milano, due giorni dopo il rapimento Moro. Erano due frequentatori del Leoncavallo, che in quel periodo stava a pochi metri dal luogo del delitto. Partecipavano come diversi altri ragazzi del Leonka ad una indagine – controinformazione si diceva allora – sullo spaccio di eroina. L’eroina era considerata dai gruppi della sinistra extraparlamentare come un’arma nelle mani della destra e della criminalità per disarticolare il movimento di contestazione giovanile. (Negli States non era stata forse pianificata dai servizi segreti l’invasione dell’eroina tra le Black Panther?).

Per il delitto di Fausto e Iaio non c’è alcuna sentenza. È fortemente sospettata una squadraccia di fascisti romani: il gruppo Fioravanti-Carminati (sì, proprio loro, il primo  condannato per la strage di Bologna e firma dell’Unità di Sansonetti, il secondo braccio armato degli appalti truccati nella “Terra di Mezzo”), aiutata da personaggi come Mario Corsi, voce della tifoseria romana. Ma l’ultimo atto firmato da un giudice dice che, seppur fortemente sospettati, non si è riusciti a trovare le prove per incastrarli.

Fosse solo così sarebbe perfino semplice da spiegare. Invece è tutto maledettamente complicato perché quell’omicidio s’interseca con le traiettorie sghembe di un nascondiglio della Brigate Rosse, di un poliziotto e diversi magistrati osteggiati dai loro superiori, di giornalisti segugi, di un movimento di protesta che invece di rispondere al duplice omicidio con la vendetta dimostra una granitica e pacifica volontà di verità e giustizia.

Il tema è: il podcast “Viva l’Italia. Le morti di Fausto e Iaio” è riuscito a raccontare tutto questo e renderlo comprensibile a chi nel 1978 non era neppure nato? La mia risposta è sì. E non era semplice, perché quella vicenda è come una partita di shangai (i legnetti sparsi sul tavolo, avete presente?): ognuno dei singoli elementi si poggia in modo confuso e intrecciato. Intendiamoci: il doppio assassinio di Fausto e Iaio ha una sua linearità – anche se non provata da una sentenza – ma è inserito in un momento politico caotico, con strumentalizzazioni di vario genere.

La formula scelta da Scarpetti e Corrias è un mix di recitazione, archivio, interviste di contestualizzazione. Gli autori hanno scelto non il percorso cronologico, hanno accorpato gli argomenti e si sono fatti guidare dalle emozioni. Ne è nato un podcast a spirale: devi abbandonare la timeline e lasciarti trasportare dalla forza del racconto: l’attrice che interpreta la mamma di Iaio, rende la sua chiusura attraverso il dialetto campano, la voce – vera, non quella di un’attrice – della moglie di Mauro Brutto, un giornalista andato forse troppo vicino alla verità, la serietà asburgica del magistrato Salvini… Probabilmente la modalità migliore per rendere vivo un evento accaduto quasi mezzo secolo fa, e che resta una ferita aperta per una parte di quella generazione.


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