“In Tunisia da quando il presidente ci ha dichiarato indesiderati, ci perseguitano, ci tolgono tutto quello che abbiamo, dobbiamo nasconderci o fuggire” mi dice un giovane del Mali partito da Sfax su una di quelle barche in ferro che solo per miracolo arrivano a destinazione senza affondare . É il mese di aprile e questo ragazzo mi dà una notizia che spiega la partenza massiccia di molti subsahariani dalla Tunisia.
“Noi siamo siriani, prima di arrivare a Lampedusa siamo passati dalla Giordania , poi dalla Libia, siamo partiti da Bengasi… “ mi dice un uomo seduto per terra sul molo commerciale insieme ad altre centinaia di persone in attesa del trasferimento in Sicilia con il traghetto di linea. E quello che mi dice non è un dettaglio : anche lui mi dà una notizia importante perché a Lampedusa di solito sbarcano da Tripoli e non dalla Cirenaica .
Questi sono solo una parte degli oltre 50.000 migranti arrivati a Lampedusa nei primi cinque mesi dell’anno : più del doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno precendente , il quadruplo rispetto a tre anni prima. E allora il governo proclama lo stato di emergenza . Proprio come nel 2011 quando però l’ emergenza non è nazionale come quest’anno, ma solo per Lampedusa che si trova nel bel mezzo delle primavere arabe e per la sua vicinanza più alla Tunisia che all’Italia, vede arrivare migliaia di tunisini in fuga dalla rivoluzione dei gelsomini .
I lampedusani li ricordano bene quei giorni come ricordano bene lo stupore dei primi sbarchi negli anni Novanta.
Di questo e tanto altro raccontiamo nel reportage girato in anni di lavoro sul campo. “ Lampedusa, il primo approdo: una storia lunga 30 anni” dimostra che le migrazioni sono un fenomeno ciclico che non si può affrontare con proclami soprattutto quando ci si trova in un periodo storico come quello attuale in cui il mondo é disseminato di guerre e crisi ecomomiche e climatiche. A ricordarcelo sono gli stessi lampedusani quasi assuefatti ai continui sbarchi ma mai alle sofferenze delle persone che vedono approdare.
C’è il carabiniere che nel 1992 ospita per un mese nella piccola stazione di via Roma un gruppo di “sedicenti tunisini” che avvisano che dopo di loro ne arriveranno tanti altri . C’é l’artista che sorride ricordando il 1995 quando arrivano quelli che lei chiama “i turchi” che le chiedono dove possono trovare una stazi ne dei treni pensando di essere approdati sulla terraferma. C’é il giornalista che a otto anni vede i primi migranti arrivare sull’isola e da grande decide di prendere una telecamera in mano per filmare altri altri e altri sbarchi… C’è il falegname che il 3 ottobre del 2013 vede morire centinaia di persone davanti la sua isola e costruisce con i legni del relitto una grande croce che farà il giro del mondo: doveva servire come monito perché non accadesse mai più e invece dieci anni dopo il falegname piange davanti ad un’altra croce : quella costruita con i legni del caicco affondato a Cutro e alle 94 vittime di un’ennesima tragedia del mare .
Ci sono i magistrati che indagano sui trafficanti, gli operatori e volontari di associazioni e Ong. Ci sono i medici che ogni giorno si premdp9no cura dei migranti che poggiano i piedi spesso scalzi al molo Favaloro . E il sorriso di una mamma che osserva per la prima volta il bimbo che ha in grembo con la macchina per le ecografie al Poliambulatorio di Lampedusa.
C’é la storia di 30 anni di flussi migratori , delle persone che ruotano intorno e dell’inutilita dei muri veri o virtuali creati fino ad ora e che si sta cercando di alzare ancora più alti .
Spotlight “Lampedusa, il primo approdo : una storia lunga 30 anni “ della sottoscritta Angela Caponnetto con la preziosa collaborazione di Antonino Farina per le riprese e il montaggio, andrà in onda domenica 11 giugno alle 20.30 su Rainews24. Anche su Raiplay.