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“Si volta pagina, il futuro è da scrivere”, l’editoriale di Guido Vitale

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L’editoriale di Guido Vitale dopo la decisione di lasciare Pagine Ebraiche. Lo riportiamo volentieri di seguito.

“Nel maggio di quindici anni fa veniva alla luce questo notiziario quotidiano. In quel giorno l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane assumeva il ruolo di editore e il lavoro dei giornalisti professionisti che avrebbero realizzato testate giornalistiche stampate, online, siti, canali informativi su tutte le piattaforme social, iniziative di informazione e di cultura, muoveva i primi passi. Da allora puntualmente e immancabilmente ogni giorno, tranne ovviamente di Shabbat e Moed, il lettore è stato raggiunto da pubblicazioni che hanno tentato di offrire all’opinione pubblica una visione ebraica dell’attualità, della politica e della cultura.
Chi lavora in questa redazione giornalistica può con orgoglio festeggiare quindici anni di impegno e la pubblicazione di molte decine di migliaia di articoli. Oltre cento voci di commentatori si sono a lungo espresse liberamente, nove praticantati giornalistici hanno fatto emergere professionalità di prim’ordine, nuovi posti di lavoro per dei giovani di valore. Hanno preso le mosse testate giornalistiche oggi universalmente riconosciute. È rinato un giornale ebraico dei bambini. Una testata di cronache rende giustizia alle ventuno Comunità che compongono il mosaico dell’ebraismo italiano. Un notiziario plurilingue viene sviluppato in collaborazione con la più prestigiosa Scuola universitaria superiore traduttori e interpreti.
Attraverso le proprie iniziative editoriali, l’Unione ha dato corpo, mettendola nero su bianco, alla propria vocazione di essere la casa di tutti gli ebrei italiani e di tutti coloro che guardano con interesse all’ebraismo italiano.
La capacità di raccolta delle risorse economiche necessarie alla sopravvivenza delle istituzioni dell’ebraismo italiano ha costantemente seguito il corso degli investimenti dedicati alle attività editoriali e la raccolta dell’Otto per mille, oggi purtroppo meno soddisfacente di un tempo, ha raggiunto i suoi massimi storici quando Pagine Ebraiche, il giornale dell’ebraismo italiano, era largamente diffuso non solo fra gli ebrei italiani ma anche negli ambienti sensibili al messaggio della più antica minoranza ebraica della Diaspora.
Questi anni di lavoro mi hanno donato ogni possibile soddisfazione professionale, e non posso che esprimere la mia gratitudine ai colleghi della redazione e al Consiglio dell’Unione per aver consentito che questa grande avventura facesse il suo corso. Ho l’aspirazione di raccogliere nuove sfide professionali e mi è parso ora il momento di chiedere a chi governa l’Ente editore di lasciare l’incarico di direzione delle testate giornalistiche edite dall’Unione.
Vorrei, fra l’altro, pensare a nuove iniziative ispirate ai temi che mi sembrano significativi. Il giornalismo indipendente, le libere opinioni, le culture di minoranza. E dedicarmi a diffondere la conoscenza dell’etica ebraica dell’informazione.
Quando non certo il rispetto, non certo la stima, ma la necessaria sintonia fra editore e direttore si incrina, è del resto necessario intervenire prima che la situazione degeneri. E di situazioni degenerate le istituzioni dell’ebraismo italiano non hanno bisogno. Non pretendo ovviamente di imporre orizzonti e strategie non condivise, così come non ho la minima intenzione di assecondare scelte in cui non mi riconosco.
Nessuno, per fortuna, è insostituibile, e un professionista che ha offerto onestamente per lungo tempo il proprio contributo deve avere fiducia che qualcosa di quanto disseminato negli anni di lavoro resti e continui a offrire i suoi frutti.
Il lavoro giornalistico è non a caso incardinato in norme, discipline e contratti – in gran parte voluti da grandi ebrei italiani – che conferiscono, nell’interesse di tutti, responsabilità e autonomia.
Le società progredite, le sole in cui la vita delle minoranze e in particolare la vita ebraica possa in effetti svilupparsi serenamente, si basano su un equilibrio fra poteri diversi. La componente politica, quella esecutiva, quella che esercita le competenze etico-religiose, quella giudiziaria devono bilanciare la loro azione assieme alla componente dei professionisti dell’informazione.
Il primo sintomo di malessere in una società che rischia di smarrire i propri valori è proprio la perdita di questo equilibrio. Ognuno, in una collettività in salute, è chiamato a offrire il proprio migliore contributo rispettando l’area di responsabilità delle altre componenti e manifestando consapevolezza delle proprie responsabilità.
Per questo lavorare è importante, eppure non basta. Bisogna anche avere la capacità di costruire solidi equilibri. Per prevenire invasioni di campo e confusioni di ruoli che metterebbero in definitiva a repentaglio il futuro di noi tutti, gli ebrei italiani hanno a disposizione strumenti formidabili: il coraggio di immaginare nuovi progetti, la misura e la ragionevolezza, oltre al senso dell’umorismo.
Non potevano esserci donate risorse più preziose per affrontare i problemi di ogni giorno e per comporre a testa alta le pagine della nostra vita.
Sta a noi usarle per il meglio.
Alle lettrici e ai lettori va il mio saluto riconoscente.
La loro attenzione è la migliore vigilanza e la migliore garanzia di libertà, di responsabilità e di civiltà, dei valori che ci tengono uniti.
Ai colleghi l’invito a procedere con l’impegno e il sereno rigore di sempre”.


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