Processo per diffamazione, Giorgia Meloni contro Roberto Saviano

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Domani, 27 giugno, dovrebbe svolgersi la nuova udienza del processo che vede imputato a Roma lo scrittore e giornalista Roberto Saviano accusato di diffamazione, questa volta nei confronti di Giorgia Meloni. Un processo che lo vede imputato per aver detto “Bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile” a Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Un intervento televisivo fatto a Piazzapulita su La7, nel dicembre 2020, dopo aver visto il video dell’annegamento del piccolo Youssef, nel filmato girato dalla ONG Open Arms.
Il processo a carico di Saviano è iniziato nel novembre scorso, ma senza la convocazione in tribunale dell’attuale Presidente del Consiglio. «Dopo aver deciso di querelarmi, non accetta il confronto nella stessa sede in cui lei mi ha portato, preferendo fare i processi nelle feste di piazza, in televisione e sui social media: ovunque, tranne che in tribunale». Così lo scrittore Roberto Saviano ha affidato le sue parole a un lungo video pubblicato su YouTube. Al processo si è aggiunto anche il tentativo del ministro delle Infrastrutture di aggregarsi alla denuncia di Meloni chiedendo di costituirsi parte civile, ma il giudice a dicembre ha respinto la richiesta avanzata. «Non potendosi ritenere l’onorevole Salvini danneggiato dalla stessa condotta che vede l’onorevole Meloni come persona offesa», ha spiegato in aula il giudice, «trattandosi di condotta riferibile a lei sola, respinge istanza di costituzione di parte civile nel procedimento» a carico di Roberto Saviano. Sempre Saviano a febbraio si è presentato davanti al tribunale monocratico di Roma per un altro processo, che lo vede, questa volta,  imputato con l’accusa di diffamazione ai danni di Matteo Salvini per alcuni post pubblicati sui social nel 2018. Ma anche in questo caso Salvini ha preferito disertare le Aule del tribunale e così il processo è slittato all’udienza del 7 dicembre 2023 e bisognerà capire se pure quel giorno il ministro avrà altro da fare che difendere la sua posizione di potenziale diffamato. «Oggi mi difendo dal vicepresidente del Consiglio, mentre ho un processo in corso con la presidente del Consiglio e una causa civile intentata contro di me dal ministro della Cultura. Tre ministri – ha aggiunto Saviano – di uno stesso governo portano in tribunale chi osa criticarli».

A prescindere da cosa accadrà martedì, se ci sarà o meno Giorgia Meloni all’udienza e comunque vada a finire il processo, questa storia ha il “merito” di riportare sotto i riflettori il tema delle querele per diffamazione e la loro forza intimidatrice, che le sta trasformando in un vero e proprio bavaglio per tutta la stampa. Come la SLAPP, acronimo di “Strategic Lawsuits against Public Participation” che in inglese riassume una delle strategie di intimidazione a chi è impegnato nel diritto di informare e chi si attiva per la protezione dell’ambiente. Secondo l’ultimo rapporto sullo stato dei diritti civili in Europa a cura di Civil Liberties Union for Europe tale pratica è in crescita soprattutto in Italia e lo stesso Consiglio d’Europa nel rapporto annuale sulla protezione e la sicurezza dei giornalisti, ha denunciato l’aumento significativo di ricorsi agli SLAPP.


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