BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Papa Francesco e Enrico Berlinguer … ancora l’idea del ‘sol dell’avvenir’?

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Il mio ricordo di Enrico Berlinguer quest’anno, 39 anni dopo il suo ultimo comizio a Padova, forse, sarà visto come un “azzardo”.

Ho pensato che in questi anni sempre più bui, Enrico Berlinguer avrebbe considerato “luminoso” l’avvento di papa Francesco, le sue bellissime encicliche, in particolare “laudato si’ ” e “Fratelli tutti sorelle tutte”. E anche il libro dal titolo “Enciclica per la pace in Ucraina” pubblicato nel dicembre 2022.

Non solo perchè all’accusa di essere “comunista” Francesco ha replicato, senza negare, sfidando a rintracciare un suo gesto, una sua parola in contrasto con i Vangeli e/o con la Dottrina Sociale della Chiesa.

Ma anche perchè Enrico Berlinguer avrebbe incrociato il pensiero di Francesco con la sua riflessione, i “pensieri lunghi” interrotti, ancora prima della sua morte, quando Il 16 marzo 1978 le brigate rosse sequestrano l’on. Aldo Moro e sterminano la sua scorta. Per il suo assassinio dopo 55 giorni di dolore anche pezzi dello Stato e del potere svolgono un ruolo. Moro doveva morire.[1] La sua morte segnò anche la fine della politica/strategia del “compromesso storico”. Che aveva preso avvio dalla riflessione di Enrico Berlinguer dopo la tragedia cilena dell’11 settembre 1973, con l’assassinio di Salvador Allende per mano del dittatore Pinochet.[2] Una strategia che fu premiata dall’esito del voto politico del 1976. Non si verificò il “sorpasso” temuto dalla DC che però riuscì ad arginare la sua parte più innovativa impersonata da Aldo Moro.

Dopo quel voto si avviò un dialogo impegnativo e coinvolgente tra credenti e non credenti: pensiamo allo scambio epistolare tra Monsignor Luigi Bettazzi, con una lettera al segretario del Pci (6 luglio 1976), e alla risposta di Enrico Berlinguer dopo un anno (7 ottobre 1977), sulla scia del Concilio Vaticano II avviato da Papa Giovanni XXIII nel 1962 e della “Pacem in Terris”, pubblicata ad aprile 1963 poco prima della morte del Papa. Il dialogo si sviluppò con l’esperienza della sinergia con la sinistra indipendente nella società (si era già vista negli anni precedenti nell’impegno per il NO al referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio), che aveva trovato uno sbocco istituzionale importante con l’elezione al Parlamento di una ventina di parlamentari indipendenti nelle liste del Pci già nel 1976.

Sostengo con convinzione che Enrico Berlinguer e Papa Francesco riuscirebbero a delineare un percorso per scardinare il nesso politica/guerra che caratterizza da millenni il rapporto tra gli uomini e gli stati e costruirne uno nuovo: politica/pace.

Perchè solo la politica può produrre trasformazioni e cambiamenti. Immaginare un mondo senza guerre e costruirlo è il compito più ambizioso e necessario che la specie umana si possa dare.

Una necessità urgente anche per la questione ecologica che, insieme a quella della pace è legata alla possibilità di superare disuguaglianze ormai insopportabili tra Paesi, tra genti, generazioni, generi, in tutti campi. E questo perchè Berlinguer sarebbe l’interlocutore politico ideale per Papa Francesco. Oggi non vedo interlocutori politici e non vedo neanche analisi politiche della società e del mondo così come oggi si presenta. Enrico Berlinguer era morto da cinque anni quando crolla il muro di Berlino, si realizza l’unificazione tedesca, premesse per la fine dell’Unione Sovietica e dei blocchi contrapposti. Nessun aggiornamento di analisi di riflessione fu avviato su che cosa avrebbe prodotto nel mondo un cambiamento così radicale della geopolitica e conseguentemente dei possibili conflitti futuri. E come si sarebbero regolati i rapporti tra super potenze alla fine dell’equilibrio del terrore e anche a un modesto inizio di disarmo.

Ci accorgiamo di questa mancanza perchè il mondo oggi rischia davvero di finire preda di sè stesso, con una comunità internazionale incapace di affrontare i problemi che ci interpellano e che esigono di andare oltre le risposte militari e di guerra. In questi giorni venti di guerre spirano ancora più minacciosi. L’aggressione della Russia di Putin nei confronti dell’Ucraina prefigura non più un conflitto locale (tra i tanti già in corso, da ultimi sono scoppiati nei Balcani e tra Israele e Palestina) ma una guerra che può diventare mondiale. Si misurano già due potenze nucleari: la Russia e gli Stati Uniti d’America. Alla ricerca del dialogo, avviato da Papa Francesco, con l’incarico affidato a Monsignor Matteo Maria Zuppi e l’obiettivo di arrivare a far tacere le armi e trovare/costruire una soluzione di pace, l’aggressore e anche l’aggredito rispondono che nessun dialogo nessuna tregua è possibile, avanti fino alla vittoria. Che significa distruzione morte con le armi e i sabotaggi (come alla diga).

Ho pensato alla crisi dei missili a Cuba del 1962 [3]. Protagonisti Jhon Kennedy, Nikita Krusciov e Fidel Castro. Si arrivò a sfiorare la guerra mondiale (già allora i generali proclamavano che c’erano tante armi atomiche da poter distruggere mille volte il nostro pianeta!). Forse fu un miracolo, come qualcuno sostenne, di certo è che i protagonisti di quella storia erano dei giganti, si scambiarono ultimatum reciproci e alla fine la crisi fu risolta: furono ritirati i missili sovietici da Cuba e quelli americani dalla Turchia!

Oggi in questa guerra della Russia contro l’Ucraina sono coinvolte l’Europa, l’Italia l’alleanza atlantica, la Gran Bretagna, uscita dall’Europa, che è una potenza nucleare come la Francia e la Cina che per ora “osserva”, altri paesi come l’India il Pakistan e la Turchia…). Tutti forniscono armi all’Ucraina che, tramite il suo Presidente, ne chiede sempre di più e sempre più potenti capaci non più solo per la difesa ma anche di attacco. Questa è una strada “bloccata” bisogna tornare indietro e riflettere, come ci insegna anche Norberto Bobbio.[4] C’è l’impressione che ogni paese e grande potenza cerchi di trarre vantaggio da questa guerra, dal punto di vista economico (pensando già anche alla ricostruzione!), geopolitico, di potere e per il controllo delle risorse, invece di pensare e progettare un nuovo ordine mondiale fondato sulla cooperazione e la solidarietà internazionale e costruire un’Europa di pace che diventerebbe la vera potenza. Enrico Berlinguer sarebbe in dialogo con Papa Francesco e condividerebbe i suoi appelli a partire da queste poche forti parole: “fermatevi, chi fa la guerra perde l’umanità” …

Riporto ora dei passaggi di Papa Francesco e di Enrico Berlinguer che testimoniano quanto esperienze, riflessioni e proposte, maturate in tempi diversi, siano valide se pur in un quadro mondiale completamente mutato.

Dalla prefazione di Francesco alla Enciclica per la pace in Ucraina, dicembre 2022:

Tutti noi, in qualsiasi ruolo, abbiamo il dovere di essere uomini di pace. Nessuno escluso! Nessuno è legittimato a guardare da un’altra parte. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro! Ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni. La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti ‘innominati’, responsabili senza nome e senza volto”.

Mentre continuiamo a pregare insistentemente per la pace in Ucraina, davvero senza stancarci mai, non dobbiamo abituarci a questa come a nessun’altra guerra. … Non dobbiamo, per nessuna ragione al mondo, assuefarci davanti a tutto ciò, quasi dando per scontata questa terza guerra mondiale a pezzi che è drammaticamente diventata, sotto i nostri occhi, una terza guerra mondiale totale.

Dal discorso di E. Berlinguer alla marcia per la pace Perugia Assisi (Ricorda Padre Fortunato–che Berlinguer parlò di Assisi come centro della cristianità francescana e punto di riferimento per le forze e le idee di pace e giustizia nel mondo).

Era l’8 ottobre 1983[5]:” … Trattino dunque gli Stati; non cedano alla facile lusinga dell’intransigenza, della sfida, della provocazione. … I popoli facciano sentire la loro voce, la loro volontà di vita. … per tentare di invertire la rotta seguita attualmente dalla diplomazia degli Stati. … Questo movimento (della pace ndr) è assolutamente non monolitico e non unilaterale sul piano politico e ideale: proprio per questo è forte e impetuoso come un fiume nel cui alveo confluiscono acque di tutte le sorgenti. E la pace se ha nello sviluppo il suo fattore è anch’essa fattore di sviluppo perché i popoli possono usare la ricchezza per le proprie necessità di vita invece di produrre strumenti di morte.

Dalla “Laudati Si” 2016: “In larga parte è l’uomo che prende a schiaffi la natura, continuamente. Noi ci siamo un po’ impadroniti della natura, della sorella terra, della madre terra. Un vecchio contadino una volta mi ha detto: ‘Dio perdona sempre, noi gli uomini – perdoniamo alcune volte, la natura non perdona mai’, se tu la prendi a schiaffi lei lo fa a sua volta. Credo che noi abbiamo sfruttato troppo la natura” “Vorrei chiedere, per favore, … a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo ‘custodi’ della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo!”

Dalla elaborazione del progetto di E. Berlinguer “Prima di tutto la pace”, la proposta dell’austerità per il cambiamento, la Carta della pace e dello sviluppo, ecco il governo mondiale: Congresso del Pci marzo 1975: “…Se vogliamo gettare lo sguardo più lontano … per comprendere i più vari aspetti dello sviluppo economico e civile dell’intera umanità, potrebbe anche essere più realistica l’ipotesi di un governo mondiale che sia espressione del consenso e del libero concorso di tutti i paesi. Questa ipotesi potrebbe uscire da quel regno di pura utopia nel quale si collocarono i progetti e i sogni di vari pensatori nel corso degli ultimi secoli. …”

Comitato Centrale dicembre 1981 “… tutte le novità spingono alla necessità di una guida razionale del mondo. Ciò è diventato una necessità vitale per l’umanità nel senso che è in gioco la vita stessa del genere umano, il suo futuro … C’è il pericolo del disastro ecologico, mai prima affacciatosi come conseguenza dell’opera dell’uomo. C’è un divario crescente fra l’aumento della popolazione mondiale e risorse … … A quale èra darebbe luogo … l’esplosione nel mondo non più del riarmo ma del disarmo? Se cioè, sia pure progressivamente si riuscisse a imporre un freno agli armamenti e una riutilizzazione a fini pacifici di tutte le risorse finanziarie, tecniche e umane che sono oggi dissipate nella corsa al riarmo? E inoltre finalizzare la ricerca e le scoperte scientifiche e la loro applicazione a fini pacifici”.[6]

In piena guerra fredda e blocchi contrapposti che garantivano un equilibrio del terrore Enrico Berlinguer ha una straordinaria intuizione che non fu colta e forse nemmeno capita dal suo partito: una politica di austerità come mezzo per armonizzare lo sviluppo economico l’innovazione tecnologica con la difesa dell’equità sociale e la tutela dell’ambiente la pace. Ma stava iniziando il decennio craxiano degli anni ’80 che vide l’aumento strepitoso del debito pubblico (che ancora pesa e peserà sulle generazioni future), inquinamento, ambiente e territorio violati dal cemento … fu considerata dai più la proposta di un visionario: tutte cose “fuori moda”; sul piano sociale e culturale una sorta di deriva: sono gli anni dell’edonismo reaganiano! Era, invece, una grande proposta politica anticipatrice, “…capace di corrispondere all’interdipendenza dei paesi e dei popoli indicando le grandi questioni dell’ambiente, della ricerca e del disarmo, dello sviluppo che possono essere affrontate solo su scala mondiale se si vuole vedere nella giusta dimensione il rapporto tra Sud e Nord del mondo, la lotta alla fame, alla povertà, al sottosviluppo… “.

Non si scelse allora quella politica e non la si scelse nemmeno dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine dei blocchi contrapposti. Possiamo oggi riprendere un cammino con quegli obiettivi?

Nella Enciclica “fratelli tutti” Papa Francesco indica la strada di “pensare e generare un mondo aperto; società aperte che integrano tutti … dove l’uguaglianza la fratellanza e la libertà, (la triade del 1789 ndr), si sviluppano con la solidarietà e promuovono diritti umani senza frontiere per tutti i popoli. Ecco alcuni passaggi, dai capitoli 12, 17, 238, 260:

Siamo più soli che mai in questo mondo massificato che privilegia gli interessi individuali e indebolisce la dimensione comunitaria dell’esistenza. Aumentano piuttosto i mercati, dove le persone svolgono il ruolo di consumatori o di spettatori. L’avanzare di questo globalismo favorisce normalmente l’identità dei più forti che proteggono sé stessi, ma cerca di dissolvere le identità delle regioni più deboli e povere, rendendole più vulnerabili e dipendenti. In tal modo la politica diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che applicano il “divide et impera”. … “Prendersi cura del mondo che ci circonda e ci sostiene significa prendersi cura di noi stessi. Ma abbiamo bisogno di costituirci in un “noi” che abita la Casa comune. … “Come diceva San Giovanni XXIII, «riesce quasi impossibile pensare che nell’era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia». Lo affermava in un periodo di forte tensione internazionale, e così diede voce al grande anelito alla pace che si diffondeva ai tempi della guerra fredda. Rafforzò la convinzione che le ragioni della pace sono più forti di ogni calcolo di interessi particolari e di ogni fiducia posta nell’uso delle armi. Però non si colsero pienamente le occasioni offerte dalla fine della guerra fredda… Così si è fatto di nuovo strada l’ingannevole fantasma della guerra. … Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità. Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite. … Rivolgiamo lo sguardo a tanti civili massacrati come “danni collaterali”. … consideriamo le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari con devastanti effetti indiscriminati e incontrollabili nel tempo e nello spazio. … La pace e la stabilità internazionali non possono essere fondate sulla minaccia di una distruzione reciproca o di totale annientamento … L’eliminazione totale delle armi nucleari diventa sia una sfida sia un imperativo morale e umanitario. … E con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale … per lo sviluppo dei Paesi più poveri, così che i loro abitanti non ricorrano a soluzioni violente o ingannevoli e non siano costretti ad abbandonare i loro Paesi per cercare una vita più dignitosa. …”

Grande risonanza ha avuto nel mondo anche la Dichiarazione di Abu Dhabi, febbraio 2019, sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune firmata da Papa Francesco e dal grande Imam di Al-Azhar Ahmad al-Tayyeb. Un invito alla riconciliazione e alla fratellanza tra tutti i credenti, anzi tra i credenti e i non credenti, e tra tutte le persone di buona volontà; un appello a ogni coscienza viva che ripudia la violenza aberrante e l’estremismo cieco; appello a chi ama i valori di tolleranza e di fratellanza.

Papa Francesco ai governanti del mondo rappresentati in Vaticano da ambasciatori e rappresentanti dei Paesi accreditati presso la Santa Sede, il 9 gennaio 2023:

”La terza guerra mondiale a pezzi che stiamo vivendo ci porta a considerare altri teatri di tensioni e conflitti.Tutti i conflitti pongono comunque in rilievo le conseguenze letali di un continuo ricorso alla produzione di nuovi e sempre più sofisticati armamenti, talvolta giustificata adducendo il motivo che se una pace oggi è possibile, non può essere che la pace fondata sull’equilibrio delle forze – Occorre scardinare tale logica e procedere sulla via di un disarmo integrale, poiché nessuna pace è possibile laddove dilagano strumenti di morte”.

Di nuovo Berlinguer che, ancora lontano il processo di globalizzazione così come si è sviluppato, parlava invece di “globalità”: “Globalità significa, dunque, non limitarsi ai problemi pur rilevanti del petrolio, ma aprire la trattativa anche sulle altre fonti energetiche, su tutte le materie prime, sui prodotti industriali e agricoli, sui servizi, sulla tecnologia e sulla ricerca. E tutto ciò noi vediamo non solo in termini di sviluppo degli scambi e di giusta definizione dei rapporti finanziari e monetari che vi sono connessi, ma anche e soprattutto in termini di vera e propria cooperazione, verso forme sempre più estese e organiche di divisione internazionale del lavoro reciprocamente vantaggiosa e di integrazione verso l’ipotesi realistica di un ‘governo mondiale’.”

Nel pensiero di Berlinguer il governo mondiale si collocava al termine di una lunga catena di altri concetti e tematiche politiche: l’interdipendenza dei problemi dell’umanità, la battaglia per un nuovo ordine economico internazionale, contro ogni forma di imperialismo e neocolonialismo, per la pace come fattore di sviluppo, di lotta alle disuguaglianze sempre più insopportabili anche oggi.

Nella prefazione alla riedizione di “Destra Sinistra” di Norberto Bobbio appena pubblicato da Donzelli, Nadia Urbinati scrive:” Quel che questo libro anticipatore e sempre attuale ci insegna … è che l’eguaglianza tra le persone, diverse in tante cose ma non nella possibilità di soffrire ed essere violate, è la stella polare che orienta la nostra società. Il suo valore è tanto più forte che essa subisce da parte della minoranza che nel nome della riuscita economica è pronta a rivedere i fondamenti del patto democratico. Se non che mettere in questione l’eguaglianza comporta immancabilmente mettere a repentaglio la libertà di tutti. … Si potrebbe dire che eguaglianza e libertà vivono in perenne tensione ma periscono entrambe se separano i loro destini.” [7]

Le cose sono cambiate. Quello che ancora sorprende è che un politico immerso nel suo tempo non rinunciasse a pensare e a proporre uno scenario ideale, un’utopia sullo sfondo però di una battaglia con concretissimi obiettivi. E che ancora il suo pensiero sia attuale di fronte ai disastri di oggi, guerre, disuguaglianze dilaganti, sconvolgimenti climatici; e che non ci siano forze politiche e governi che intendano contrastare la politica che li provoca. Ci sono però segnali importanti nella società tra le giovani generazioni nel mondo della cultura e della scienza. Una nuova fase può aprirsi se nasce una nuova classe dirigente che vuole mettersi in gioco e che restituisce alla politica conoscenza impegno e studio, idealità, valori, sogni. Termino con il grande sogno “il sol dell’avvenir”. Ferdinando Adornato, verso la fine di una intervista per l’Unità 18 dicembre 1983, chiese a Enrico Berlinguer:” In una civiltà in cui angoscia e segni di morte sembrano prevalere, ha ancora senso lo slogan del ‘sol dell’avvenir’?

Berlinguer risponde:” Intanto c’è un paradosso: sul sole dell’avvenire oggi discutono più gli scienziati che i comunisti. Infatti uno degli orizzonti che si può aprire nasce proprio dalla possibilità di una piena utilizzazione dell’energia solare. Ecco un modo scientifico di rifarsi ancora all’idea del ‘sol dell’avvenir’!

  1. I risultati delle urne nel 1976 scongiurarono il sorpasso: la DC restò stabile al 38,7% dei voti, mentre il PCI raggiunse il 34,4%, incrementando il consenso di circa sette punti percentuali sulla consultazione del 1972, che in valore assoluto significò circa tre milioni di voti in più. La polarizzazione dell’elettorato italiano fece presagire una necessaria/possibile collaborazione tra democristiani e comunisti, che poteva tradursi anche in una partecipazione del PCI al governo. Quando si svolse il vertice di Porto Rico, (subito dopo il voto) questo nodo non era ancora stato sciolto: su proposta del cancelliere tedesco Helmut Schmidt, il presidente francese Valéry Giscard d’Estaing, il premier britannico James Callaghan e il presidente degli Stati Uniti, Gerald Ford, dissero chiaramente che gli aiuti economici di cui l’Italia aveva bisogno per tamponare i problemi di bilancio sarebbero stati subordinati all’esclusione dei comunisti dal governo.
  2. Sono i tre articoli pubblicati su Rinascita nel 1973 n. 38,39,40 (Imperialismo e coesistenza alla luce dei fatti cileni; Via democratica e violenza reazionaria; Alleanze sociali e schieramenti politici).
  3. La crisi fu preceduta un anno prima dall’invasione della baia dei Porci, tentativo fallito di rovesciare il governo di Fidel Castro a Cuba, messo in atto dalla CIA degli Stati Uniti. Fidel Castro nel 1959 dopo sei anni di rivoluzione, aveva rovesciato il regime del dittatore Fulgencio Batista sostenuto dagli USA.
  4. …Ma noi, uomini, siamo mosche nella bottiglia o pesci nella rete? …Forse né l’uno né l’altro…ma la condizione umana può essere rappresentata con una terza immagine, quella del labirinto: chi entra in un labirinto sa che esiste una via d’uscita, ma non sa quale delle molte vie che gli si aprono innanzi di volta in volta vi conduca. Procede a tentoni. Quando trova una via bloccata torna indietro e ne prende un’altra…Bisogna avere molta pazienza, non lasciarsi mai illudere delle apparenze, fare un passo per volta…. La caratteristica della situazione del labirinto è che nessuno sbocco è mai assolutamente sicuro e, quando la strada è giusta…non è mai lo sbocco finale… (da Il problema della guerra e le vie della pace Norberto Bobbio – Il Mulino 1979 la prima edizione che contiene una lezione del 1966; ci sono state altre tre edizioni: 1984, 1991,1997, con prefazioni aggiornate)
  5. contro l’istallazione dei missili Cruise USA e per la smobilitazione degli SS20 del Patto di Varsavia. Ricorda Padre Fortunato, da una intervista a padre Coli, che Berlinguer parlò di Assisi come centro della cristianità francescana e punto di riferimento per le forze e le idee di pace e giustizia nel mondo. Era preparato anche sulla vita e la testimonianza del Santo, ricordando il famoso episodio dell’incontro di Francesco con il sultano d’Egitto per predicare, come disse Berlinguer, la pace in nome di Cristo e degli uomini. Era la sua lettura di quell’evento e di quella che chiamò la «follia» – questo il termine che usò – di Francesco: per il segretario del PCI, nel Santo d’Assisi c’era la contestazione radicale e intransigente della guerra, della violenza, e al tempo stesso l’affermazione del primato della pace e della ricerca del dialogo e dell’accordo con tutti gli uomini di buona volontà”. Fu, disse ancora nell’intervista padre Coli, “una buona giornata francescana”. Ma anche, si potrebbe aggiungere, una buona giornata comunista.
  6. “Tutti dicono pace, ma aggiungono che bisogna vincere per fare la pace, solo che volere la pace dopo la vittoria vuol dire volere la guerra”. A dirlo sul palco del concerto del 1 maggio 2023 è stato il fisico Carlo Rovelli, nel monologo dedicato alla pace, contro la guerra e in polemica col ministro della Difesa. Sul finire dell’anno 2021 oltre 50 premi Nobel (tra i quali: Giorgio Parisi e Carlo Rubbia) hanno firmato l’appello: Un Dividendo Per La Pace, insieme ad accademici e scienziati, come i fisici Carlo Rovelli e Matteo Smerlak che l’hanno promosso organizzandone la diffusione. È rivolto ai governi di tutti gli Stati delle Nazioni Unite. Propone una riduzione concordata della spesa militare del 2 per cento ogni anno. E con quelle risorse propone di “prendersi cura” del pianeta e delle disuguaglianze insopportabili. La spesa militare, a livello globale, ha superato i duemila miliardi di dollari statunitensi all’anno.
  7. Nell’occidente contemporaneo le due grandi cause di diseguaglianza sono il sesso e la ricchezza …le forti differenze nella distribuzione della ricchezza…e aggiungeva, citando Bobbio, “…ciò che ci interessa …è di chiarire le condizioni di quella ‘eguaglianza socialmente e politicamente rilevante’ che è la giustizia…(da “la qualità sociale – le vie dello sviluppo” G. Ruffolo 1985!) L’interrogativo contenuto nella premessa di Ruffolo “Quel vento di destra che spira sull’Occidente” potremmo farlo nostro oggi … “. Si veda anche l’articolo 3 della Costituzione.

 


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