BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Il potere contro la stampa e contro i diritti, tutto in odio alla Costituzione

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Se continua così, bisognerà sperare di trovare un giudice a Berlino, se prima non ci sarà un pronunciamento politico europeo, serio, di condanna del violento attacco, sotto forma di continue querele e intimidazioni, che il governo italiano sta portando contro l’informazione, senza escludere neppure la cronaca che viene realizzata su base documentaria.

Le minacce sotto forma di avvertimenti e preannunci, le intimidazioni con l’apertura di processi ai quali poi i querelanti neppure si presentano. È il caso della presidente del consiglio e del suo vice Salvini contro Saviano, o la condotta della ministra Santanché di disprezzo verso il Parlamento.

È la logica dell’appartenenza contro il rispetto della funzione democratica svolta dell’informazione. È un retaggio culturale che fa riferimento al fascismo, alle veline, alle notizie autorizzate e a quella vietate. Anche così questi governanti dimostrano di non essere figli della Costituzione, oltre alle scelte che colpiscono i soggetti più deboli, come i cittadini che hanno assoluta necessità della sanità pubblica e non possono permettersi costose cure privatistiche, o i diritti degli omosessuali. E sono stati proprio questi cittadini a riempire le piazze mentre buona parte dell’informazione televisiva sempre più di regime li ha quasi ignorati.

Non solo i quarantamila scesi in piazza a Roma per la sanità, ma anche i partecipanti ai gay pride che dai 300 mila di Milano ai 30mila di Cagliari hanno colorato con allegria e determinazione le vie di mezza Italia.

La domanda successiva è: ma come è possibile che un Paese con storia, cultura, tolleranza tanto ricche e sentite possa essere rappresentato da chi è fisicamente, culturalmente, la negazione di quella stessa storia, di quella cultura, di quella tolleranza? Come è possibile che solo poche voci, tra le quali Articolo 21, insorgano contro questa situazione? Davvero ci si può illudere che basterà attendere il prossimo appuntamento elettorale per un’inversione di tendenza se nel frattempo non si lavorerà per documentare, denunciare, dimostrare con i fatti il tentativo di destrutturare la democrazia nata dalla Resistenza? Se dalla Grecia al Molise il messaggio che si riproduce è lo stesso, sarà finalmente il caso di prendere coscienza e decidere insieme cosa fare, anche soltanto per convincere i disamorati delle urne che non votando fanno solo il gioco di chi non vuole il loro voto.

Non basta denunciare la loro inettitudine, la loro stupida autocrazia sul Mes o i ritardi sulla spendita dei fondi PNRR, il cittadino deve sentirsi nuovamente tutelato e rispettato, mentre in milioni non possono più permettersi cure mediche. Se questo si considera populismo, vuol dire che si è persa completamente la consapevolezza dei bisogni dei diseredati, delle povertà crescenti, dei marginali.


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