L’Associazione nazionale magistrati, alla quale oggi sono iscritti 9.149 magistrati su 9.657 in servizio, è nata nel 1909. Sciolta nel 1925, è stata ricostituita nel 1945, in applicazione della circolare del giugno 1944 del Ministro della giustizia del primo Governo Badoglio, il liberale Vincenzo Arangio Ruiz, che aveva abolito ildivieto fascista di partecipazione dei magistrati al dibattito politico pubblico.
L’Anm ha svolto un ruolo molto rilevante nel contrastato processo di attuazione della Costituzione, a cominciare dal suo congresso di Gardone del settembre 1965, concluso con l’unanime approvazione di una mozione nella quale si afferma che il giudice“ deve essere consapevole della portata politico-costituzionale della propria funzione di garanzia, così da assicurare, pur negli invalicabili confini della sua subordinazione alla legge, un’applicazione della norma conforme alle finalità fondamentali volute dalla Costituzione”.
Su richiesta di alcune sezioni territoriali, l’11 giugno si è tenuta l’assemblea generale, alla quale sono stati invitati e hanno partecipato anche professori universitari, avvocati, come singoli e come rappresentanti delle proprie associazioni, per discutere dell’iniziativa disciplinare del Ministro Nordio –che ha declinato l’invito a partecipare – nei confronti dei magistrati della corte d’appello di Milano che hanno trattato il procedimento di estradizione nei confronti del cittadino russo Artem Uss, fermato a Malpensa il 17 ottobre 2022, su mandato internazionale degli Stati Uniti, che lo accusano di traffico illecito di materiale civile e militare, contrabbando di petrolio dal Venezuela verso Cina e Russia in elusione delle sanzioni internazionali, riciclaggio e frode bancaria. L’arresto è stato convalidato dal giudice competente. Il 25 novembre la Corte d’Appello di Milano, alla quale si era rivolto l’accusato per ottenere la trasformazione della detenzione in carcere in arresti domiciliari, con braccialetto elettronico, ha accolto la richiesta ritenendo provata l’effettiva ed accertata disponibilità della moglie ad ospitarlo in una casa in comproprietà a Basiglio, nell’hinterland milanese, e l’idoneità della misura sostitutiva a garantire l’eventuale consegna del ricorrente all’autorità straniera. Il 21 marzo 2023 la corte d’appello di Milano ha accolto in parte la richiesta di estradizione. Il giorno dopo Artem Uss è evaso. E’ solo successivamente che il Ministro ha disposto un’ispezione alla Corte d’appello di Milano e, sulla base della relazione degli ispettori del 12 aprile 2023, ha chiesto al Procuratore generale della Corte di Cassazione di iniziare procedimento disciplinare contro i giudici della corte d’appello milanese che avrebbero preso la decisione del 25 novembre 2022 (cioè di oltre quattro mesi prima) con grave ed inescusabile negligenza, non tenendo adeguato conto di alcune circostanze e del parere contrario del procuratore generale. La legge disciplinare (d.lgs n. 109 del 2006) dispone che “la valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare”.
L’Ordine degli avvocati milanese, all’indomani dell’iniziativa ministeriale, aveva condiviso pienamente la “proclamata difesa dell’autonomia e dell’indipendenza dei giudici, quali valori costituzionali ineludibili”.
L’Assemblea non poteva e, quindi, non doveva esaminare il merito dell’iniziativa disciplinare sulla quale l’unico giudice competente, per Costituzione, è la sezione disciplinare del CSM.
E allora? Tanto rumore per nulla? Aspettiamo la sentenza disciplinare in paziente doveroso silenzio, senza disturbare i manovratori?
E no! La posta in gioco è molto più alta della pur doverosa solidarietà con i magistrati incolpati o del giudizio tecnico da dare sulla semplice richiesta di avvio di un’azione disciplinare.
A rischio è la tenuta di uno dei pilastri dello Stato costituzionale di diritto, l’indipendenza dei magistrati, come singoli e come gruppo di pubblici funzionari, i quali, come dice l’art. 101 Cost., “sono soggetti soltanto alla legge”, espressione nella quale il ruolo centrale è dell’avverbio “soltanto” che vieta altre “soggezioni”.
Si capisce, allora perché sia da più parti degli associati chiesto di adottare l’estrema forma di protesta dello sciopero. Richiesta tuttavia disattesa dall’Assemblea che ha voluto tenere una linea soft, chiedendo incontri di riflessione e confronto col Ministro, con le Università, l’Avvocatura e tutti gli altri operatori della giustizia in vista di un ulteriore incontro nazionale, con lettura e affissione del documento finale per sette giorni fuori dai locali d’udienza.
Eppure il Presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, aprendo l’assemblea, aveva manifestato la grave preoccupazione per l’indipendenza dei magistrati e della magistratura, sottolineando che si tratta “ di un bene collettivo, di cui al più i magistrati possono essere custodi, attenti custodi che avvertono il dovere di lanciare l’allarme ove si avvedano che quel bene viene messo in pericolo.”
Tanto più grave è il pericolo per la stessa tenuta dello Sato costituzionale di diritto, se l’iniziativa del Ministro si inserisce nelquadro degli interventi annunciati e, per ora, solo in piccola parte attuati. Non tutti, peraltro, ascrivibili al Governo in carica ma anche ai Governi o, in generale, a orientamenti politici anteriori. Sono interventi inevitabilmente destinati a incidere in modo profondo, anche attraverso leggi di revisione costituzionale, sul delicato tessuto dei rapporti tra le istituzioni e tra le istituzioni e le agenzie, pubbliche e private, di controllo dell’esercizio del potere.
L’elenco non è breve e non questa la sede per tentarne una indicazione ragionata, ma con sintesi brutale possiamo segnalare: a) la riduzione del ruolo di garanzia della figura attuale del Presidente della Repubblica che deriverebbe dall’eventuale approvazione del presidenzialismo o di una delle altre formule di cui si discute; b) l’assenza, nella progettata autonomia regionale differenziata, di effettive forme di controllo e garanzia dello Stato sul rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni (lep) in tutte le regioni, a tutela del diritto costituzionale alla salute di tutti i cittadini; c) la proroga dell’immunità da responsabilità amministrativa degli amministratori pubblici (scudo erariale),introdotta in via transitoria, nel periodo pandemico e l’abolizione del controllo concomitante della Corte dei conti, introdotto nel 2009, sull’attuazione del PMRR, misure fermamente criticate dalla assemblea della Associazione dei magistrati della Corte dei conti del 5 giugno; d) la separazione delle carriere tra giudici e p.m. che, attraverso il mutamento dell’attuale ruolo di parte pubblica imparziale e l’inevitabile successiva attrazione nella sfera di controllo del Ministro, perderebbe la funzione di primo livello di garanzia dei diritti dell’indagato nei confronti dell’operato della polizia giudiziaria; e) grave limitazione del controllo di legalità dell’azione dei poteri pubblici con l’abolizione del delitto di abuso d’ufficio, e mancanza di interventi organizzativi e strutturali idonei a rendere effettive le garanzie dell’indagato, ma pericolo di aggravamento della crisi di efficienza e di efficacia della giurisdizione; f) limitazione dell’utilizzazione lecita delle intercettazioni da parte degli operatori dell’informazione, nella permanenza dell’inerzia parlamentare sulla disciplina delle intimidazioni effettuate con le querele temerarie; limitazioni pesanti del diritto dei cittadini ad essere informati; g) mancanza di interventi idonei a garantire libertà di accesso e pluralismo nella tv pubblica, soggetta da anni a forme di spoils system non previste dalla legge. ma di fatto sistematicamente attuate.
Se così è, l’Assemblea non può che rappresentare solo un primo passo di un percorso che dovrà necessariamente vedere riflettere e impegnarsi insieme, studiosi di diritto, avvocati, operatori dell’informazione e delle istituzioni culturali, e rappresentanti di tutte le magistrature.