Ci saremo anche questa volta, i soliti noti, quattro (o poco più) illusi che la politica, i grandi gruppi economici, i burocrati non possano e non debbano continuare a intimidire i giornalisti con denunce infondate, che, per di più, una volta avviate nemmeno vengono più seguite. Sì, domani saremo in aula accanto a Roberto Saviano, imputato per diffamazione a mezzo stampa per aver detto “Bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile” a Giorgia Meloni e a Matteo Salvini. Fu un intervento televisivo fatto a Piazzapulita su La7, nel dicembre 2020, dopo aver visto il video dell’annegamento del piccolo Youssef, nel filmato girato dalla ONG Open Arms. Un’opinione, basata sul dato di fatto di un bambino annegato per la feroce politica anti immigrazione portata avanti dai sovranisti in Italia (e nel resto del mondo). Eppure quella affermazione è costata cara a Roberto Saviano, uno scrittore famoso che segue la stessa sorte di decine (anzi centinaia) di giornalisti italiani. Il Paese che ormai ha raggiunto il record delle querele presentate e/o annunciate da componenti del Governo contro i giornalisti e i narratori scomodi. Un sistema, di cui l’Europa ha preso contezza. Eppure nulla cambia, perché le leggi di riforma sulla diffamazione sono, ovviamente, ferme in Parlamento. Saviano, come tanti cronisti sparsi per l’Italia, non sarà solo. Con lui una delegazione piccola ma agguerrita e indomita: Giuseppe Giulietti, coordinatore dei presidi di Articolo 21, Elisa Marincola, portavoce di Articolo 21, Vittorio Di Trapani, presidente della Fnsi. La loro presenza non è parte integrante del procedimento, eppure è la prova tangibile che quando una legge è sbagliata (e quella vigente sulla diffamazione lo è senza dubbio) essa va contestata in ogni sede, in modo civile ma fermo. E’ più che probabile che l’udienza salti perché la parte offesa non ci sarà. E’ già accaduto con un analogo processo incardinato su querele di Matteo Salvini, il secondo dei tre ministri della Repubblica Italiana che hanno agito legalmente contro lo scrittore. “I ministri potrebbero dedicare, tra una querela e l’altra, un po’ di attenzione alla condizione dei giornalisti italiani, inseguirli non impedirà di continuare a raccontare ai cittadini le anomalie, gli scandali, le connivenze. E ci auguriamo che prima o poi qualcuno si decida di rispondere alle domande dei cronisti anziché evitarle accuratamente”, dice Giuseppe Giulietti alla vigilia dell’udienza, aggiungendo che un nuovo dossier-Italia sulle querele verrà presentato al Parlamento europeo a breve con la collaborazione di Articolo 21.