La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della famiglia Galeani – Lombardo e ha disposto la trasmissione degli atti al Tribunale di Messina affinché fissi un’udienza per discutere il caso, come era stato chiesto dal legale della famiglia, Pietro Pollicino. Secondo la Corte, il procedimento non doveva essere archiviato con quelle modalità, in quanto doveva essere fissata, a seguito della seconda opposizione alla richiesta di archiviazione, un’altra udienza.
Enrico Lombardo, 42 anni, muore il 27 ottobre 2019 a Spadafora durante un fermo dei carabinieri.
L’inchiesta della Procura di Messina aveva visto indagati tre sanitari e un carabiniere. Nonostante le richieste di archiviazione avanzate dal giudice per le indagini preliminari in due diverse occasioni, la famiglia di Enrico Lombardo, composta dall’ex moglie Alessandra Galeani e dalla figlia Erika Lombardo e rappresentata dal legale Pollicino, aveva presentato ricorso per Cassazione.
La famiglia aveva sollecitato ulteriori indagini su alcuni elementi finora non considerati, opponendosi all’archiviazione. La decisione odierna apre nuove prospettive per scoprire la verità e fare piena luce su questa complessa vicenda.
Le associazioni A Buon Diritto e Amnesty International Italia, che seguono la vicenda di Enrico Lombardo e sostengono da tempo la famiglia nella ricerca della verità, esprimono soddisfazione per la decisione della Corte, perché apre uno spiraglio per provare a fare luce su quello che è successo quella notte.
“C’è ancora una possibilità di chiarire cosa accadde a Enrico Lombardo e di accertare tutte le responsabilità. La decisione della Corte di Cassazione rappresenta una speranza per la famiglia di Lombardo e per coloro che cercano la verità in questa grave vicenda. È fondamentale che tutti gli elementi non ancora presi in considerazione vengano ora attentamente esaminati”, ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
“È interesse di tutti i cittadini, non solo dei familiari, che le indagini proseguano. Le garanzie più rigorose per chi si trova sotto la custodia degli uomini dello Stato durante un fermo è un bene prezioso per la democrazia”, ha dichiarato Luigi Manconi, presidente di A Buon Diritto.
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