Caos Rai: nessun incidente di percorso, semmai una marcia per cambiare la narrazione

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Il presidente della federazione della stampa Vittorio Di Trapani, e non solo lui, ha lanciato l’allarme: dal contratto di servizio che lega lo Stato alla Rai sarebbe sparito il riferimento al giornalismo di inchiesta, ma sarebbe stato inserito il compito di incentivare la natalità.

A questo si riferisce il governo quando parla del cambio della narrazione? Perché mai, al contrario, non incentivare proprio il giornalismo di inchiesta per indagare le cause della riduzione della natalità? Forse perché sarebbe facile accertare che quel calo non è dovuto alle campagne per i diritti civili, bensì alla povertà, alla distruzione dello stato sociale, all’eliminazione del reddito di cittadinanza. La natalità discende dalle politiche sociali, dalla ridistribuzione dei servizi e delle ricchezze, dalla speranza nel futuro.

L’intreccio tra la scomparsa del riferimento al giornalismo di inchiesta e l’introduzione di elementi di propaganda svela il disegno di sostituire la finzione alla realtà, di costruire una bolla mediatica fondata sul rapporto diretto tra i proclami di chi comanda e una folla indistinta privata delle informazioni essenziali.

Il processo di post beatificazione di Berlusconi prosegue in nuove forme, ad uso e consumo della sua erede. Le nuove misure da inserire nel contratto di servizio accentuano la costruzione di un polo unico Raiset e il tentativo di trasformare tutta la Rai, a cominciare da quello che resta di Rai 3 in Retequattro. Sarà una casualità, ma non lo è: questo avviene nel pieno di una vigliacca polemica contro Report dopo la puntata sulla ministra Santanchè. Invece di far dimettere la ministra, si cerca di far dimettere il giornalismo di inchiesta, già ridotto a presenza residuale e mal sopportata. Del resto, nelle stesse ore, si annunciano nuove querele bavaglio contro giornali, giornalisti, scrittori sgraditi agli oligarchi.

L’Italia ha conquistato il tristo primato della nazionale con il più alto numero di querele bavaglio scagliate dai governanti che, peraltro, dopo aver minacciato non si presentano neppure in aula perché non vogliono contraddittorio alcuno, non vogliono conferenze stampa, non accettano domande né dai cronisti di Report né dai magistrati, anche in questo epigoni del cavaliere di Arcore. Ultimo episodio la mancata presenza in aula di Giorgia Meloni che pure aveva querelato Roberto Saviano.

Può anche darsi che, alla fine, si accorgeranno di aver pestato qualcosa di sgradevole, ma intanto hanno lanciato il segnale, hanno indicato la direzione di marcia, hanno dato una traccia al nuovo gruppo dirigente, che ha già dimostrato di sapersi genuflettere.

Chi, invece, dentro e fuori la Rai ha ancora a cuore la Costituzione sappia che non si tratta di un incidente di percorso, ma di una “marcia”, veloce e spregiudicata, per cambiare la narrazione della storia repubblicana, per cancellare la memoria e, alla fine della discesa, per realizzare una repubblica presidenziale senza controlli, oscurata e imbavagliata, premessa per la riscrittura di una Costituzione che non sia più antifascista, antirazzista, pacifista, inclusiva, accogliente e solidale. Sarà il caso di reagire, magari ora e subito.

Fonte: “Il Fatto Quotidiano”


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