Bergamasco di nascita e cresciuto in Italia, Erik Gandini è oggi naturalizzato svedese. Ha girato molti documentari che hanno ricevuto un’ampia distribuzione internazionale. Nel 2003 è stato premiato con il Lupo d’argento all’IDFA, il Festival internazionale del cinema documentario di Amsterdam. Con il film Surplus: Terrorized into Being Consumers, ha ricevuto nel 2004 il primo premio all’International Festival of Environmental Films di Goiàs in Brasile. Da noi è noto anche per Videocrasy Basta apparire” (2009), film antiberlusconiano che ripercorre le tappe della televisione privata sollevando questioni che pare abbiano portato a censurare persino il trailer. Del suo nuovo “After work”, Dopo il lavoro, presentato in conferenza stampa a Roma, Erik Gandini dice: «Il mio film documentario vuole aprire un dibattito su cosa faremo quando l’Intelligenza artificiale ci sostituirà. Il nostro sistema produttivo sta esplodendo, tocca anche ai manager cambiare approccio». Gandini esamina il problema in modo psico-sociologico, il regista non elenca facili soluzioni, pone domande e indaga una realtà della quale si possono cogliere, attraverso la sua inchiesta, i prodromi.
Di After Work la prima cosa a colpire è il poster, che rappresenta un robot su una sedia a sdraio in riva al mare mentre legge un libro e ascolta musica: l’automa riproduce la condizione di un individuo in uno stato di benessere e rilassatezza. Effettivamente il film parla anche di come trarre vantaggio da questo cambiamento epocale: ne saremo capaci? Se davvero accadesse di non sentirci più impegnati in una qualsivoglia attività, potremmo trovarci ad affrontare un vuoto di senso. “È molto peggio essere irrilevanti che essere sfruttati” qualcuno dice nel film: meglio avere un lavoro sotto pagato che essere socialmente inutili. In “After work” Noam Chomsky, ultranovantenne, tra gli intellettuali più influenti del presente e dello scorso secolo, paradossalmente afferma: «Nel mondo di oggi, il consiglio migliore da dare a un giovane è prepararsi a trovare un lavoro. Prepararsi a passare la propria esistenza alla mercé di un padrone». Ma tecnologia, automazione dei processi e intelligenza artificiale sono in continua espansione all’interno della produzione e dei servizi: si stima che, nei prossimi anni, la metà dei posti di lavoro nel mondo sparirà, occupata da macchine e computer. “After work” viaggiando attraverso quattro nazioni – Kuwait, Corea del Sud, Stati Uniti e Italia – indaga il presente del mondo del lavoro e solleva questioni sul domani.
GLI USA
Negli USA secondo uno studio condotto dal Projet Time off della US Travel Association, nel 2018 i lavoratori hanno lasciato sul tavolo 768 milioni di giorni di vacanza non utilizzati: più della metà non ha utilizzato tutti i giorni di ferie nel 2018, e il 24% ha dichiarato di non averne usufruito affatto. Gli Stati Uniti sono conosciuti come la nazione senza vacanze, ‘No vacation nation’. Il concetto di sogno americano è associato all’idea di lavorare sodo per raggiungere il successo.
IL KWAIT
Secondo l’OMS il Kwait è il paese fisicamente più inattivo del mondo, anche se tutti hanno un impiego e sono ben retribuiti. Il suo sistema di distribuzione delle ricchezze petrolifere è stato paragonato a un reddito di base, ma con un impegno lavorativo “simulato” come contropartita. La scarsa intensità di lavoro, il clima caldo disagevole e i centri commerciali rendono il Kwait un luogo congeniale per analizzare una probabile idea di lavoro del futuro.
LA COREA DEL SUD
In Corea del sud la cultura del lavoro eccessivo si è rivelata un rischio per la salute. Il Ministro del lavoro Kim Joung Joo ha lanciato diverse campagne per cambiare abitudini. A lei si deve l’iniziativa “Diritto al riposo” che ha ridotto la settimana da 68 a 52 ore lavorative. In questa, società sovraccarica di lavoro, immaginare cosa fare nel tempo libero è difficile al punto che sono state fatte campagne pubblicitarie in cui si consiglia come passarlo.
L’ITALIA
In Italia i ricchi restano contrari al reddito di cittadinanza e, per ovvi motivi, risolvono egregiamente la possibilità di riempire di senso la vita. Ma è all’interno della classe media che si trova il più grande numero di NEET (Neither in Employment, Education and Training) di tutta Europa. Essi sono il 28,9% degli italiani tra i 20 e i 34 anni, rispetto a una media del 16,5 in Europa e dell’8% in Svezia. In Italia non sono solo i super ricchi a non lavorare e ciò rappresenta un ulteriore livello di complessità.
ll docu-film, distribuito dalla casa cinematografica Fandango, sarà nelle sale italiane a partire dal prossimo 15 giugno.
Data di uscita:15 giugno 2023
Genere:Documentario
Anno:2023
Regia:Erik Gandini
Attori:Noam Chomsky
Paese:Svezia
Durata:77 min
Distribuzione:Fandango
Fotografia:Mona Mansson, Daniel Takács, Fredrik Wenzel
Montaggio:Johan Söderberg
Musiche:Johan Söderberg
Produzione:Fasad Production, Film i Väst, Alingsås, GEO Television, Indie Film as, Propaganda Italia, Sveriges Television, VPRO Television