Rischiano una condanna dai 7 ai 15 anni gli undici giornalisti accusati di “propaganda terroristica” e di “appartenenza a un gruppo terrorista”. Ma la loro unica “colpa” è quella di essere colleghi liberi e di lavorare in media curdi. A comparire oggi davanti aiu giudizi del Tribunale di Ankara, l’editore dell’agenzia di stampa Mezopotamya News Agency, Deniz Nazlım, il capo della redazione di Ankara della stessa testata e i redattori Berivan Altan , Selman Güzelyüz , Hakan Yalçın , Emrullah Acar , Ceylan Şahinli , Zemo Ağgöz. Sul banco degli imputati anche i giornalisti di JinNews Habibe Eren , Öznur Değer e l’ex stagista Mehmet Günhan.
Arrestati il 29 ottobre 2022 nell’ambito di un’inchiesta avviata dieci giorni prima dal procuratore capo di Ankara hanno saputo di cosa fossero accusati solo lo scorso 8 febbraio, quando sono stati depositati gli atti dell’indagine, un’ordinanza di oltre 210 pagine.
Nell’udienza di oggi, la prima del dibattimento, la pubblica accusa ha depositato le dichiarazioni di alcuni testimoni e i 129 articoli pubblicati su Mesopotamia News Agency e Fırat News Agency.
gli avvocati della difesa hanno potuto acquisire il fascicolo processuale solo il 17 febbraio, dopo che la richiesta di accesso agli atti essere stata approvata dal tribunale.
In Turchia la repressione nei confronti della stampa curda non si è mai fermata.
Ci sono state due operazioni con arresti di massa di giornalisti nel 2022, a giugno e a ottobre.
L’8 giugno a finire in carcere 20 lavoratori di media curdi per ordine della Procura di Diyarbakir (Amed), 16 dei quali sono tuttora in custodia cautelare senza che sia stata formulata nessuna accusa. Altri undici giornalisti sono stati prelevati con la forza dalle proprie abitazioni il 25 ottobre, nove dei quali si trovano nella prigione di Sincan ad Ankara.
Per tutti loro l’accusa è quella di essere membri del Partito dei Lavoratori del Kurdistan e dell’Unione delle Comunità del Kurdistan, considerati gruppi terroristici.
Durante l’udienza il procuratore ha presentato anche le “prove” delle accuse mosse agli imputati, tra cui le intercettazioni delle comunicazioni tra gli undici indagati, monitorate nel periodo tra febbraio e settembre 2021. Depositata anche la testimonianza di un “testimone segreto” elencata con il codice “k8ç4b3l1t5”. Una testimonianza di cui non si comprende l’utilità avendo il soggetto solo riferito di aver lavorato per l’agenzia di stampa Mesopotamia e JinNews.
Insomma, un processo che si basa – come tanti altri – sul nulla.