Fu la mafia a essere responsabile dell’esplosione a Capaci. Su questo non c’è dubbio. Nel mio libro, Traditori, ho tentato di rispondere al quesito dei quesiti: furono soltanto i mafiosi brutti, sporchi e cattivi? Il problema sta proprio qua. Se fu soltanto mafia o – come probabile – ci furono connivenze e complicità che si attivarono prima, manine che aiutarono durante e coperture che scattarono dopo. D’altronde sarà proprio Paolo Borsellino, la sera del 25 giugno 1992, a dire: «Non voglio esprimere opinione circa il fatto se si è trattato di mafia e soltanto di mafia, ma di mafia si è trattato comunque».
Uno dei tanti buchi neri sta nelle tracce biologiche ritrovate sul luogo. Due guanti in lattice, insieme a una torcia e a un tubetto di mastice. Nel 2017 vennero fatti nuovi rilievi e la consulenza affidata a una delle maggiori esperte del settore. Risultato: emerge «chiaramente un profilo misto derivante da almeno tre individui diversi dove però la componente attribuibile ad uno o più soggetti di sesso femminile risulta essere maggiormente rappresentata». E donne sul posto, almeno secondo i racconti ufficiali dei pentiti, non c’erano. E poi ancora: chi scelse il cunicolo? Ed ancora: tra le macchine segnalate nel periodo della strage «nei pressi della villa di Licio Gelli» c’è quella intestata a «tale Ferrante, residente a Capaci». Esattamente lo stesso cognome di Giovan Battista Ferrante, di capaci, condannato per la strage.
Ma non solo. La manomissione del computer del dottor Falcone nella sua stanza al Ministero. E tanti altri che troverete. Fatti non opinioni.
Ho tentato di rispondere a quella domanda. L’ho fatto cercando di ricostruire quello che accadde, prima e dopo. Spetta a chi legge farsi una propria opinione. E non tacere.
Da sempre sono per le commemorazioni, ma quelle che abbiano alla base la ricerca della verità.