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Rai: dallo spoil system all’arraffa arraffa

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L’italianissima lottizzazione aveva trovato una sorta di dignità internazionale quando al suo posto subentrò lo spoil system: stessa cosa, ma vuoi mettere! Ora non basta più.

Da oggi si può ufficialmente parlare di ‘arraffa arraffa’, e non solo per la Rai. Quanti abbracci e baci distribuisce Giorgia Meloni, per poi fare quel che le pare? Il primo pensiero è per Bonaccini e la sua probabilissima esclusione dalla gestione della ricostruzione della sua regione devastata dalle alluvioni. Altro ipocrita, formale rispetto, per la presidente Marinella Soldi, nominata da Draghi e completamente ignorata quando ha chiesto parità di genere nelle nuove nomine: nessuna donna designata alla guida di una delle tante testate giornalistiche Rai.

E che dire del Movimento 5 Stelle? Sembra essere tornato il tempo dell’alleanza di governo Conte, Di Maio, Salvini tanto che i posti assegnati al partito ufficialmente d’opposizione sono numericamente quasi uguali a quelli della Lega. Domani, quando il piatto politico principale che la presidente del consiglio porterà in tavola sarà il suo progetto di presidenzialismo senza controlli, cosa chiederà in cambio della generosità mostrata oggi? E come si comporteranno, nelle valutazioni, nei giudizi, negli approfondimenti di un tema fondamentale per la democrazia quasi tutte le testate Rai occupate oggi da fidatissimi uomini della maggioranza?

Il controllo dell’informazione, quindi, ma non basta. Già che ci sono, perché non passare alla fase successiva, quella che si potrebbe definire ‘Rai: demolition system’ le cui avvisaglie si sono già avute dalla cacciata di Fazio e Littizzetto, preannunciate dall’ira contro l’inno alla Costituzione fatto da Benigni a Sanremo davanti al presidente Mattarella, e che si concretizzano ora con la cacciata di quel Coletta che ha condotto le prime serate di spettacolo di Rai Uno a stracciare la principale concorrente? Smontare la Rai per fare un favore a Mediaset, ma con occhi miopi, visto il prepotente affacciarsi sul mercato della rete Discovery. Via i fautori della Rai con il vento in poppa degli ascolti e del gradimento per affidarsi a chi? Basteranno appartenenza e fedeltà? Quanto conteranno più della competenza?

E cosa ne sarà del cittadino utente? Cosa dovrà fare per valutare l’informazione che gli sarà fornita da quella che storicamente veniva giudicata la fonte più attendibile? “L’ha detto la Rai” si diceva un tempo. E quella Rai aveva un sacro rispetto dei suoi destinatari, anche perché era forte la dialettica al suo interno. Avendoci lavorato per 26 anni, so bene cosa significava per gli organismi sindacali confrontarsi con i dirigenti aziendali e con i direttori di testata. Ma davvero erano altri tempi e non invidio UsigRai e Cdr pensando a quel che li attende, mentre mi chiedo se davvero si può pensare che il bene collettivo rappresentato dall’Azienda di Servizio Pubblico debba riguardare solo i dipendenti, gli interni giornalisti, tecnici, impiegati.

Ora non so se e quando riusciremo a liberarci da questa cappa di oppressione, ma almeno allora ci sarà finalmente la volontà politica di smontare l’orribile cordone ombelicale costruito da Renzi per legare governo e Rai e riuscire a garantirle autonomia e indipendenza, come nelle intenzioni di chi la volle pubblica e completamente diversa dall’EIAR?

Negli anni scorsi si era parlato di public company, di Fondazione, di una governance che non fosse emanazione diretta del potere politico. Cos’altro dovremo aspettarci per cominciare a ragionare del futuro? Oppure avalleremo senza discutere e lottare la trasformazione della Rai in uno strumento utile a chiunque detenga il potere?


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