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Rafforziamo la Rai rilanciandone la sua funzione democratica

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Il tweet di Salvini, ministro della Repubblica, “Belli ciao” con l’emoticon della manina che saluta Fabio Fazio e Luciana Littizzetto è un condensato di arroganza e atteggiamento padronale tipico di una democratura e non già di una moderna democrazia liberale.

Come hanno riconosciuto con grande onestà intellettuale i diretti interessati, per il loro passaggio a Discovery non ha senso tirare in ballo le vittime o i martiri, ma la questione della Rai e del futuro del servizio pubblico sono un tema fondamentale che non può essere eluso o peggio trasformato in gossip con le quotidiane indiscrezioni su questo o quel passaggio interno per amicizia di questo o quel politico.

Credo lo si debba innanzitutto per le migliaia di professionisti, a tutti i livelli, che in Rai lavorano con impegno e spirito aziendale, interpretando il mandato ricevuto con il contratto di servizio.

Sono altresì convinto che la negatività dell’attuale situazione non derivi neppure da un eccesso di zelo nella pratica dello spoil system, ma che le origini dei mali che affliggono l’azienda Rai siano più profondi e strutturali, a cominciare dalla governance e dal rapporto con la politica largamente intesa.

Lo slogan – ripetuto più e più volte a scadenze alternate – «fuori i partiti dalla Rai» può servire alla propaganda di giornata e ai cacciatori di like sui social, ma non aiuta ad affrontare e tanto meno a risolvere i problemi della Rai.

La politica, i partiti non staranno mai fuori dalla Rai e chi dice il contrario mente sapendo di mentire, ma possono starci in maniera più corretta e rispettosa dell’azienda Rai, dei suoi dipendenti e del pluralismo.

Lo spettacolo di questi giorni, ad esempio, è l’esatto contrario di un corretto approccio alle scelte strategiche e gestionali della Rai, perché va ben oltre un naturale e fisiologico ricambio delle posizioni di vertice di telegiornali e reti, assumendo i tratti di una rivincita sulla falsariga del «non faremo prigionieri».

Uno spettacolo indecoroso, alimentato dai giornali tradizionalmente vicini alla destra, che rischia seriamente di compromettere l’immagine del servizio pubblico indebolendolo in una fase complessa di cambiamenti epocali nel modo di fare televisione (pubblica).

Ritardi ed errori strategici potrebbero essere letali e rimettere in discussione il ruolo stesso di azienda del servizio pubblico, a maggior ragione dopo che Salvini, ha rilanciato la proposta dell’abrogazione del canone Rai.

Come rispondere a tutto questo? Difendendo da un lato le professionalità interne e il ruolo strategico della Rai e contemporaneamente riaprendo l’eterna e irrisolta questione di una nuova governance dell’azienda capace di porre freni alle scorribande della politica o peggio delle cordate politico-amicali e di consentire all’azienda di affrontare in modo adeguate le nuove sfide tecnologiche e di contenuti.

Resto convinto che il modello societario duale (consiglio di sorveglianza e comitati di gestione), seppure anch’esso non sia esente da pecche o limiti, possa rappresentare una soluzione migliore dell’attuale e certamente maggiormente in grado di rappresentare non solo il pluralismo politico e culturale, ma anche (e soprattutto) rafforzare la Rai rilanciandone la sua funzione democratica.

Non è mai troppo tardi.

Federico Fornaro, Deputato PD-IDP


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