Prima udienza al Tribunale di Roma per l’uccisione dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, vittime di un agguato nella Repubblica democratica del Congo il 22 febbraio del 2021 insieme all’autista del World food programme Mustapha Milambo.
Il Governo non si è presentato, come ampiamente prevedibile, in aula. Dunque non si è costituito parte civile come speravano le famiglie Attanasio e Iacovacci.
Il Giudice dell’udienza preliminare Marisa Monetti appurata la mancata notifica a uno degli imputati, Mansour Rwagaza, ha disposto il rinvio del dibattimento al primo giugno.
Non presente, ma rappresentato dai suoi avvocati Saccucci e Lumandö , il vice direttore del Wfp in Congo Rocco Leone.
Erano invece in aula i padri del diplomatico italiano e dell’esponente dell’Arma, Salvatore Attanasio e Marcello Iacovacci, il fratello e la fidanzata di Vittorio, Dario Iacovacci e Domenica Benedetto.
Assente ma rappresentata dall’avvocato Satta la vedova di Attanasio, Zakia Seddiki.
“Anche se oggi non era presente nessuno in aula, speriamo che il Governo si costituisca parte civile per una questione non certamente risarcitoria, ma di etica e dignità perché non dimentichiamo che sono caduti in servizio due servitori dello Stato. Ancora no c’è tempo. La speranza è l’ultima a morire” è stato il commento di Salvatore Attanasio, assistito dall’avvocato Rocco Curcio, al termine dell’udienza in merito all’assenza dell’Avvocatura dello Stato.
Il gup ha rinviato la decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio per Leone e Rwagaza anche a fronte dell’eccezione presentata dai difensori di quest’ultimo *i quali affermano sia irreperibile e che spetti alla Procura effettuare nuovamente la notifica nel luogo di lavoro dell’indagato che è cittadino congolese. Per il procuratore aggiunto, Sergio Colaiocco, la richiesta è irricevibile in quanto si allungherebbero i tempi per lo svolgimento del processo.
Il gup si è quindi riservato di decidere il primo giugno sull’eccezione della difesa e sulla richiesta del pm che sollecita alla giudice di emettere un decreto di irreperibilità per Rwagaza.
Ma su questo punto c’è da rilevare che se dichiarato irreperibile Rwagaza potrebbe uscire dal processo in quanto per l’articolo 424 della riforma Cartabia qualora un imputato fosse di ritenuto tale il giudice dell’udienza preliminare sarebbe *obbligato* a disporre il “non luogo a procedere”.
Resterebbe in sospeso la posizione di Leone che, secondo la procura di Roma è colpevole dell’omissione di una serie di cautele che avrebbero potuto evitare la morte delle tre vittime.
Il pm Sergio Colaiocco ha anche rilevato la falsificazione dell’atto con il quale era stato chiesto il “nulla osta” per il viaggio nel Nord Kivu alla Monusco, la missione dispiegata dalle Nazioni Unite nella RDC.
L’inchiesta del procuratore ha permesso di appurare che i nomi di Attanasio e Iacovacci erano stati omessi per ottenere il permesso dagli uffici locali del Dipartimento di sicurezza dell’Onu a partire.
Nella richiesta di autorizzazione alla missione, infatti, al posto dei nominativi dell’ambasciatore e del carabiniere erano stati indicati quelli di due dipendenti del Wfp.
Il tutto per “indurre in errore gli uffici in ordine alla reale composizione del convoglio e ciò in quanto non avevano inoltrato la richiesta, come prescritto dai protocolli Onu, almeno 72 ore prima” come scritto in modo inequivocabile nelle carte dell’inchiesta.
I difensori di Rwagaza, Alessandro e Michele Gentiloni, che durante l’udienza hanno fatto presente il difetto di notifica da parte dell’Italia, qualora la posizione del loro assistito non fosse stralciata o addirittura dovesse uscire dal processo, hanno comunque avanzato la richiesta di immunità, come già formalizzato dall’ufficio legale dell’*organizzazione delle Nazioni Unite che non riconosce la giurisdizione italiana e questo processo proprio non vuole farlo partire.