Sessantotto anni fa, all’alba del 16 maggio 1955, giorno della fiera di San Giuseppe a Sciara, in contrada Cozze secche, la mafia uccide il trentaduenne Salvatore “Turi”Carnevale, fondatore del Psi e della Camera del Lavoro di Sciara, che si recava al lavoro presso la cava della bolognese Lambertini.
Martedì 16 maggio 2023 l’anniversario sarà celebrato con un’iniziativa pubblica promossa dal Comune alla quale parteciperanno anche le scuole del comprensorio, i sindacati, le associazioni antimafia tra le quali il Centro Pio La Torre che nel 2005 per il cinquantesimo anniversario promosse la prima manifestazione pubblica unitaria conclusa da Emanuele Macaluso il quale nel 1955, segretario regionale della CGIL, assieme a Pio La Torre segretario provinciale, aveva partecipato agli affollati funerali di Carnevale. Turi, figlio unico della giovane vedova Francesca Serio povera bracciante di Galati Mamertino emigrata a Sciara per la raccolta delle olive e altri lavori agricoli, fu ucciso dalla mafia per la sua intensa attività sindacale e politica. Infatti, nel 1951 fondò a Sciara le sezioni del Psi e della Cgil, organizzò le prime lotte dei braccianti e dei contadini per la terra, contro lo sfruttamento dei lavoratori e la ripartizione del prodotto nei contratti di compartecipazione, scontrandosi con i mafiosi gestori del grande feudo della Principessa Notabartolo che si opponevano all’applicazione delle leggi di riforma agraria approvate nel 1950. Arrestato dopo una pacifica occupazione del feudo fu costretto, uscito dal carcere, a emigrare in Toscana dove ebbe modo di conoscere un forte e moderno movimento operaio sindacalizzato e politicizzato che tenne presente quando rientrando a Sciara, andò a lavorare come operaio edile nella cava della Lambertini di Bologna controllata e sorvegliata anch’essa dalla mafia di Caccamo-Sciara. Mobilitò gli operai della cava per far rispettare le otto ore contrattuali di lavoro invece delle undici praticate e ottenne anche il pagamento degli arretrati. Turi rifiutò le lusinghe e le minacce di morte,come disse Sandro Pertini concludendo la manifestazione di scopertura della lapide a Cozze secche, a otto giorni dell’assassinio, “Turiddu Carnevale è morto come Cristo per la redenzione dell’umanità”.
Turi fu una delle quarantasette vittime della sinistra socialista, comunista, democristiana cadute in quella fase storica della lotta per la terra e per l’applicazione della Costituzione della Repubblica nata dalla Resistenza e dalle lotte agrarie del Meridione. Furono costruttori della democrazia e della modernizzazione del Paese, ma non ebbero verità e giustizia. Anche i presunti assassini di Carnevale, condannati in primo grado all’ergastolo, furono assolti in appello e in Cassazione. Bisognerà aspettare tante altre vittime di mafia innocenti per avere dopo 122 anni dall’Unità d’Italia la prima legge antimafia che fino a oggi consente di mandare in galera i mafiosi e i loro protettori e confiscarne i beni proventi di reato cioè la legge Rognoni-La Torre.
La vicenda di Carnevale ebbe un grande risalto mediatico, politico e sociale per molte concause, quadro politico nazionale in transizione verso il centro-sinistra, solidarietà umana e legale alla mamma Francesca Serio che fino alla fine non rinunciò mai a chiedere allo Stato e alla politica verità e giustizia. Un grande contributo venne dal mondo della cultura e della stampa democratica. Carlo Levi nel cinquantasei pubblicò “Le parole sono pietre” con un intero capitolo nel quale descrive il dolore di mamma Francesca Serio e l’intera tragica vicenda di Turi. Il grande poeta dialettale Ignazio Buttitta pubblicò “ U lamentu pi la morte di Turiddu Carnivali” poi musicato e cantato nelle piazze di tutta Italia da Ciccio Busacca; Franco Trincale elaborò“Cantata di lupara: omaggio a Salvatore Carnevale ucciso dalla mafia padronale di Sciara”. Nel 1962 uscì il film “Un uomo da bruciare” dei flli Taviani e Orsini che ebbe un successo di critiche e di pubblico.
Dal feudo alla cava fu il titolo che il Centro La Torre commissionò allo storico Oddo per sottolineare la trasformazione della mafia che passava dal feudo al controllo delle nuove attività come dimostreranno le stragi di Ciaculli e della prima guerra di mafia per il controllo delle nuove ricchezze fornite, in combutta col sistema politico connivente, dalla spesa pubblica e dal nuovo traffico di droga.
In questo ventunesimo secolo nonostante l’inabissamento delle cosiddette nuove mafie è cresciuto l’impegno sociale antimafia. La scuola e le associazioni antimafie non autoreferenziali hanno contribuito alla diffusione della conoscenza e del ripudio delle mafie. Lo stesso impegno, fuori dalle ritualità degli anniversari, non c’è nel mondo della politica, dell’economia, della finanza. Fino a quando ci saranno indifferenza o complicità politiche, istituzionali, economiche, finanziarie, sociali non basterà il contrasto delle forze dell’ordine e della magistratura a cancellare le mafie. Per questo Turi, come tutte le vittime innocenti di mafia, continua a vivere nel nostro impegno.