Il progetto di demolizione della repubblica antifascista fa un ulteriore salto di qualità secondo un programma pianificato e che sta subendo progressive accelerazioni. Dopo le provocazioni di tipo linguistico, contro cui l’unico risultato ottenuto è stata un’indignazione per loro del tutto innocua, ora mettono le carte in tavola. L’assalto ai posti di potere parte dalla Rai, dall’Inps e dall’Inail, per poi proseguire con il ben più ambizioso programma di cosiddette ‘riforme istituzionali’, in realtà traducibile in un solo obiettivo: autoritarismo. In nome di cosa? Ma, ovviamente, per dare al Paese una nuova governabilità. Poco importa se si calpestano elementari principi democratici. Basta dare qualche contentino, in modo che il radicale ‘spoil system’ venga accettato da chi è gratificato dall’ottenere qualche strapuntino. Dopo gli assestamenti dovuti alla comprensione completa dei meccanismi del potere, è stata messa in marcia la squadra della propaganda, con compiti ben precisi assegnati ruolo per ruolo.
La funzione di guastatore, battitore libero, garantito dall’impunità, l’ha assunta il Presidente del Senato. Pochi hanno fatto notare che, pronto a recarsi a rendere omaggio a Milano, nei luoghi dell’assassinio dello studente missino Sergio Ramelli, o con il mal di pancia quando è stato costretto a salire l’Altare della Patria il 25 aprile, Festa della Liberazione (che forse lui non è disposto neppure a chiamare Festa della Libertà, come con furbesco escamotage ha fatto la sua leader), il giorno dopo Ramelli, per l’anniversario dell’assassinio di Pio La Torre per mano della mafia ricordato a Palermo è brillata la sua assenza. Continuerà impunemente a giocare sulle parole, a rifiutarsi di rispondere a domande per lui scomode, ad essere arrogante con chi ha il diritto-dovere di fare il giornalista. Del tutto opposta l’immagine che Giorgia Meloni sta tentando di darsi. Da regista della squadra si mostra bonaria, sorridente, quasi mediatrice. Poi però non riesce a nascondere il desiderio di cedere ad una tentazione palese: trasformare i corridoi, le sale di Palazzo Chigi nel suo personale Balcone di Piazza Venezia. Al posto dei mascelloni, generosi sorrisi, al posto delle masse urlanti, i divani davanti ai televisori sui quali far approdare e sedimentare la sua visione del mondo, pacifica e generosa a parole, in realtà e nella pratica governativa ostile ai migranti, ai poveri, ai senza lavoro e senza reddito. Quindi gli esterni di fascia, quelli che tentano o fanno finta di dare accelerazioni, in modo da farsi riconoscere in qualche modo (Salvini, Calderoli).
Poi i portatori d’acqua, a cominciare da alcuni esponenti che potrebbero apparire dislessici rispetto all’uso dell’italiano, ma che periodicamente non riescono a tenere sotto controllo la vera matrice culturale che li ha prodotti (Lollobrigida, Sangiuliano). Sempre tra i portatori d’acqua vanno annoverati gli incantatori di serpenti (Malan, Lupi) o gli utili idioti, come alcuni esponenti di Forza Italia che, pur di restar dentro, fanno finta di non rendersi conto in quale squadra, sporca e pericolosa sono finiti. Se il Paese finirà per essere completamente controllato da un’ossessiva pratica propagandistica, come si può pensare che, sempre più distanti dai luoghi della partecipazione e del confronto, i cittadini democratici riusciranno ad organizzarsi per dare risposte adeguate. Ecco perché tra un mese o tra poche settimane, rischia di essere già tardi. Prima ci si organizza, meglio sarà. Se sarà passivamente accettata questa logica, questa metodica di impossessamento del potere, crediamo davvero che arriveremo al prossimo appuntamento elettorale, pronti a spazzare via demagogia, autoritarismo, sostanziale disprezzo per la Resistenza che si cerca di nascondere sotto la parola pacificazione?
(Nella foto la Premier Giorgia Meloni)