Altro che notaio, altro che presidente in pantofole, come qualche suo predecessore era stato definito. Sergio Mattarella ha deciso di svolgere con determinazione il compito di propagare il più possibile la conoscenza e l’applicazione del dettato Costituzionale. E non perde occasione o appuntamento per riaffermare il valore della Carta Costituzionale nella sua integrità.
Basta ricordare i suoi interventi più recenti, a cominciare da quel 25 aprile a Cuneo, per la festa della liberazione durante la quale ricordò il sacrificio di quella città e dei suoi partigiani. Città medaglia d’oro al valor militare proprio per il suo eroismo. A quell’omaggio grato dell’Italia ad una delle città che per prima combatté in armi il nazifascismo tentò di contrapporsi inutilmente la lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera dalla Presidente del Consiglio che non di liberazione amava parlare, ma di ‘Festa della Libertà’.
Più recentemente le dure, nette parole contro chi parla di etnie e razze, termini non solo inesistenti nella Costituzione ma completamente rinnegati perché vi si parla solo della persona, dell’umanità, in quanto tali. Poche settimane prima il ministro Lollobrigida si era avventurato nella pericolosa, ridicola teorizzazione del rischio di ‘sostituzione etnica’ dei ceppi italici ed europei con gli arrivi di immigrati e profughi da altri continenti.
Poi gli ultimi consecutivi splendidi appelli in soli due giorni. Il 27 maggio prima a Barbiana, sulla tomba di don Lorenzo Milani, poi a Firenze, nel trentennale della strage di via dei Georgofili. Dalla tomba di don Lorenzo, Mattarella ha ricordato che lo Stato, applicando la Costituzione, deve garantire non solo il diritto allo studio, ma adeguati interventi a quanti devono affrontare gravi difficoltà d’ordine economico, sanitario, sociale. Poi a Firenze ha reso omaggio agli italiani che non si sono fatti condizionare dalla violenza stragista e non sono stati sopraffatti dal ricatto della paura. E ha anche elogiato la forza di reazione dimostrata dalla città. Un elogio alla capacità delle popolazioni di autogovernarsi.
Il 28, domenica, infine, l’inequivocabile messaggio inviato alla città di Brescia nel 49’ anniversario della strage di Piazza della Loggia. Strage definita, senza mezzi termini, neofascista e il cui ricordo bisognerà custodire e trasmettere alle nuove generazioni perché sia di insegnamento. Mentre non si è sentita una sola voce da parte governativa – neppure per precisare se si costituirà parte civile all’ennesimo processo contro gli stragisti -, hanno pensato bene di correggere il tiro i presidenti delle due camere. In perfetta sintonia La Russa e Fontana si sono guardati bene dal ricordare che è stata la magistratura italiana, al termine di vari livelli di giudizio, ad individuare in fascisti dalle mani ancora insanguinate i responsabili di quegli 8 morti e dei 102 feriti, ma hanno preferito fare un fritto misto parlando genericamente di violenza e terrorismo.
Un segnale che continuerà a ripetersi. Credo che questi signori vogliano proporsi come il nuovo che dimentica e supera per non essere divisivi, mentre tenteranno di addossare proprio a Mattarella, strenuo difensore e propugnatore della Carta Costituzionale – il documento su cui è stata costruita e si regge la democrazia italiana -, la responsabilità di essere di parte, quindi divisivo. Credo che occorra la massima vigilanza e, se non si vuol finire assuefatti e rassegnati, cominciare a dare risposte decise. Le scelte fatte per giugno e settembre dalla Cgil credo che vadano nella direzione giusta, ma senza distrazioni su quello che ancora può accadere.