Le censure del Ventennio, le censure di oggi

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8 luglio 1938. Mussolini scrive una lettera a Galeazzo Ciano auspicando “un falò degli scrittori ebraici, massoneggianti, francofili”. 5 anni prima, a Berlino, l’associazione degli universitari molto vicina al nazismo organizzò il primo dei roghi di libri considerati antitedeschi (intendendo anti nazisti). Anche in quel caso tra i 300 autori messi all’indice c’erano molti scrittori ebrei.

Sono alcuni flash della due-giorni organizzata a Pavia per l’anniversario proprio di quella prima bibliocastia intitolata “Cupe vampe: saperi vietati, diritti negati”.

Dentro le aule dei Collegi di Pavia si discuteva delle vecchie censure, mentre fuori si concretizzavano le nuove censure. Carlo Rovelli, fisico teorico e pacifista, veniva prima escluso dalla Buchmesse, poi recuperato, libero di andare purché accompagnato da chi dice il contrario: un guazzabuglio davvero imbarazzante.

I confronti con il passato sono sempre materia delicatissima, scivolosa. Impossibile però non notare alcune somiglianze tra le parole usate allora dai regimi nazi-fascisti e quelle che si sentono ora dagli uomini della Presidente Meloni.

Di razza/etnia i ministri hanno già detto molto. La professoressa Anna Ferrando dell’Università di Pavia ha ricordato che già nel 1927 alla Presidenza del Consiglio si comincia a lavorare per la censura preventiva su due macrotemi: la difesa della razza e dello stato dall’antifascismo. L’ebreo o l’africano erano per definizione anti-italiani (anti-tedeschi nella Germania di Hitler). Una contrapposizione che va molto di moda oggi dalle parti di Palazzo Chigi. La stessa professoressa ci ricorda che Gherardo Casini, responsabile della Divisione Libri nell’Ufficio Stampa di Mussolini nel 1938 parla della necessità di “una bonifica della cultura in Italia”. Non stiamo leggendo concetti sui giornali e i programmi tv di destra a proposito della presunta egemonia culturale della sinistra?

C’è infine una terza somiglianza inquietante. Il professor Gabriele D’Ottavio dell’Università di Trento nota che il rogo nazista dei libri di cui ricorrono 80 anni fa emergere “un’adesione di massa a un’ideologia, quella nazista, che partiva da un allarme: il rischio – a loro dire – della distruzione della società e della cultura tedesca”. Ottant’anni dopo siamo qui a parlare di ministero del made in Italyù, di anglicismi da multare, di etnia italiana, di invasione.

Dati alla mano, dunque, alcuni concetti in voga nel ventennio nero sono tutt’ora presenti nelle argomentazioni del governo attuale. E facendo leva su queste idee Meloni è riuscita a mobilitare un elettorato sensibile a questi temi.

Nell’epoca della cultura di massa non è più proponibile – speriamo – un rogo di libri non conformi o un nuovo Indice dei libri proibiti. Però il ferreo controllo dei mass media è invece alla portata di questo governo. Già metà dell’oligopolio televisivo (Mediaset) è a destra, l’altra metà sta per subire una torsione a destra mai vista in precedenza. La probabile sostituzione di direttori e conduttori con pretoriani di Meloni consoliderebbe questa ideologia che nel passato ha dimostrato di essere pericolosa. E se a questi spauracchi da Ventennio si aggiunge la necessità di convincere gli italiani che più disuguaglianze sociali e più presidenzialismo sono giusti c’è da essere seriamente preoccupati.

“Cupe vampe: saperi vietati, diritti negati” è stata organizzata dai Collegi Cairoli, Ghislieri e Santa Caterina di Pavia con la collaborazione della Fondazione Diritti Umani


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