Scriviamo, stavolta più che mai, a tutte le forze d’opposizione. Scriviamo loro per chiedere che, per una volta, mettano da parte incomprensioni, fastidi e idiosincrasie di vario genere e facciano i conti con la realtà. Ciò che ci interessa davvero, oltre a costruire un fronte alternativo a questa destra, è, nel caso specifico, promuovere una battaglia corale contro una serie di riforme che rischiano di sfigurare per sempre il volto del Paese. Sbaglia, infatti, a nostro giudizio chi tende a sottovalutare quanto sta avvenendo. Sbagliano, talvolta, anche persone meravigliose che lanciano appelli al di là degli schieramenti, in nome di una correttezza politica e istituzionale che purtroppo non appartiene a questa fase storica. Questa è una stagione maledetta, sanamente identitaria ma pericolosamente violenta, barbara, segnata dall’astio e dalla cattiveria; pertanto, non è questo il momento di abbassare i toni, non di fronte a una destra che urla, parla di “sostituzione etnica”, di “carico residuale”, di “umiliazione” come metodo educativo e di altre pratiche che, sempre a nostro giudizio, mettono in discussione lo spirito e i principî della Costituzione.
A quelle persone vogliamo dire, prendendole per mano, che la loro gentilezza, la loro genuinità, il loro amore per il prossimo, la loro serenità d’animo e il loro intrinseco rifiuto di ogni forma di contrapposizione su argomenti di cui, giustamente, riconoscono il carattere universale di questi tempi vengono scambiati per ingenuità e trattati come tali, cioè irrisi o, peggio ancora, ignorati. Pertanto, le aspettiamo in piazza con noi, con la loro naturale dolcezza e i loro sentimenti puri, che almeno da queste parti saranno sempre accolti con un sorriso, proprio come abbiamo accolto, negli anni, le personalità più disparate, all’interno di una comunità che ha sempre puntato a unire e non a dividere, a far coesistere le diverse identità e non a favorire le ambizioni o le aspirazioni politiche o carrieristiche di qualcuno. Da queste parti, abbiamo messo insieme i finiani e il partito di Vendola nei giorni conclusivi della tragica esperienza berlusconiana, i laici e i cattolici, gli atei e alcune delle personalità più vicine a papa Francesco, cristiani e musulmani, i frati di Assisi e i vecchi liberali alla Federico Orlando, di cui mai come ora avvertiamo la mancanza.
Tornando alle opposizioni, ci spiace dirlo, ma non ci stanno piacendo. Non ci stanno piacendo le loro divisioni, non ci sta piacendo il loro procedere in ordine sparso e non ci sta piacendo, in particolare, l’atteggiamento di chi pensa che basti il piccolo cabotaggio e qualche accordo qua e là per arginare un disegno che va ben oltre il servizio pubblico e si estende a tutti i gangli del Paese, fino a sferrare l’attacco definitivo alla Costituzione e ai valori basilari del nostro stare insieme. Ci spiace dirlo, ma qualcuno non si sta rendendo conto, a quanto pare, che non sarà una trasmissione pomeridiana o una direzione minore, se non per prestigio di sicuro per ascolti, a fare la differenza; al contrario, contribuirà a far apparire aperte e liberali forze politiche che non sembrano avere queste caratteristiche nel proprio DNA, rafforzando un sistema di potere e un certo modo di intendere la RAI e i luoghi simbolo della discussione e del confronto, fino a trasformare tutto in un megafono del potere con qualche sprazzo di funzionale irriverenza. Ci spiace dirlo, ma non è cedendo sempre e puntando su qualche poltrona secondaria che si può immaginare di costruire un’alternativa degna di questo nome a una destra identitaria: una destra che non si vergogna minimamente delle proprie idee e del proprio passato, anche se quel passato, in alcuni casi, comprende dichiarazioni e comportamenti non proprio in linea con l’ideale sacro e imprescindibile dell’anti-fascismo.
C’è poi il PD, e qui il discorso è più complesso. Quando si è trattato di opporci alle scelte sbagliate e dannose compiute da questa forza politica, siamo stati fra i pochi a non tirarci indietro. Quando si è trattato di dire no a un’impostazione ugualmente gerarchica e verticistica del nostro vivere civile, dalla scuola alla RAI, siamo stati in prima fila nel contrastarla. E ancor prima siamo stati in piazza con i Girotondi, con Nanni Moretti e con tutte e tutti coloro che si sono battuti contro l’editto bulgaro, le censure e i bavagli, mentre l’opposizione di allora non svolgeva al meglio il proprio dovere, risultando spesso timida, a tratti titubante e quasi sempre, ahinoi, inadeguata. Se siamo ridotti così, del resto, non è solo colpa di Giorgia Meloni. Avrà tutti i difetti del mondo, ma è al potere dall’ottobre scorso, dopo che il suo partito è stato all’opposizione per un decennio. Se siamo ridotti così è per colpa di tutto ciò che il berlusconismo ha rappresentato e continua a rappresentare, anche all’interno di questo governo, e di chi, dall’altra parte, ha spesso scelto di contrastare più noi che “Sua Emittenza”, spiegandoci con sussiego e alterigia che Berlusconi non controllava l’Italia grazie alle sue televisioni, che il conflitto d’interessi era una battaglia di retroguardia e che bisognava essere “moderni” e “riformisti”, anche se non significava nulla, se non essere proni al vento mondiale che ha portato la globalizzazione di Palazzo Ducale e del mito di cartapesta della “fine della storia” a sbattere contro gli scogli della realtà.
Il PD di Elly Schlein e Marta Bonafoni, dal canto suo, ci sembra diverso. Quanto meno, non ha nulla a che spartire con chi ha sbagliato quasi tutto negli ultimi due decenni. Quanto meno, non abbiamo ancora avuto validi motivi per litigarci. Quanto meno, qualche piazza la frequenta, con studenti e operai è tornato a parlarci, la Costituzione pare intenzionato a difenderla e sul verticismo sfrenato ha sempre espresso un’opinione più che negativa. “Non abbiamo bisogno né di un uomo né di una donna sola al comando” ha affermato la Schlein, e vogliamo credere alla sua nettezza e alla sua buona fede. Quanto a Marta Bonafoni, era a Genova nell’estate del 2001, ai microfoni di Radio Popolare, ad assistere alla mattanza e a raccontarla con coraggio, grazie all’impegno del direttore di allora, il compianto Piero Scaramucci, e alla sua passione civile. Ebbene, quando pensiamo alla RAI, noi pensiamo subito a Roberto Morrione, alla notte della Diaz in cui Carlo Cerrato, Fausto Pellegrini e altri colleghi di altissimo livello tennero alto l’onore del servizio pubblico. Pensiamo a Pellegrini che entra nella Diaz dopo il massacro e descrive con tono accorato l’orrore che vede davanti agli occhi, con il sangue ben fresco sparso ovunque, i denti sul pavimento e i capelli incastonati nei termosifoni, senza alcuna traccia di sangue rappreso o di ferite pregresse, com’era stato lasciato intendere da qualcuno che, stranamente, non sapeva come fossero andate le cose. Pensiamo al motto di Morrione: “Fai quel che devi, accada ciò che può”. Pensiamo alla RAI di allora e al fatto che non ne sia rimasta nemmeno l’ombra.
Pensiamo a Enzo Biagi, cui fu impedito di realizzare sia lo speciale sui fatti di Genova sia quello sulla morte di Montanelli. Pensiamo a quell’estate ormai lontana perché il disastro è cominciato allora e noi stessi siamo nati in quei giorni, ancor prima di costituirci ufficialmente il 27 febbraio del 2002. Marta Bonafoni, all’epoca, era una ragazza piena di sogni e di speranze, Elly Schlein abitava ancora a Lugano e aveva appena sedici anni. Eppure, se vogliono dare un senso alla loro segreteria, se davvero credono in una politica diversa e migliore, ora hanno l’opportunità di dimostrarlo. Vengano in piazza, sposino l’idea di una RAI diretta da una fondazione culturale autonoma e indipendente da tutte le forze politiche e manifestino insieme a noi, a Sinistra Italiana e ai Verdi, che sicuramente ci saranno, e alla cittadinanza democratica che in molti casi è venuta a votarle, lo scorso 26 febbraio, per veder arrivare un cambiamento in cui in pochi credevano davvero. Insomma, sfidino a viso aperto anche le resistenze che senza dubbio incontreranno all’interno del loro stesso partito, dove alcuni non hanno ancora capito che, continuando a cedere su tutto, non avrà senso tornare al potere, per il semplice motivo che non sarà rimasto più nulla da governare.
L’opposizione, e il Partito Democratico più di ogni altra forza politica, ha il dovere di essere radicalmente altro rispetto a ciò che è stata nell’ultimo decennio. Eppure, poiché non siamo mai stati estremisti, noi di questa nuova classe dirigente ci vogliamo in qualche modo fidare. Se davvero dovesse dimostrare di voler contrastare un disegno pericolosissimo per il nostro stare insieme, un disegno, ribadiamo, che va ben oltre la RAI, allora persino questo bagno di dolore e sofferenza, costituito da una gestione senza precedenti dei beni comuni, avrebbe avuto un senso. Come raccontò una ragazza torturata a Bolzaneto: “Fu guardando la luna, attraverso la grata della cella, che trovai la forza di andare avanti. Fu sentendo la mano di una compagna che stringeva la mia che non persi la speranza di potercela fare”.
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