Informazione indipendente: il grande valore aggiunto della Democrazia     

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‘La libertà d’espressione è la guida per tutti gli altri diritti umani’: è questo lo spirito con cui l’ONU vuole che si viva la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, indetta per domani, nel celebrare il trentesimo anniversario dell’istituzione di questo omaggio ad una fondamentale attività dell’uomo libero e democratico.

Ma allora perché ripetiamo e ripeteremo fino alla nausea che l’informazione non è un crimine e i giornalisti non sono criminali? Per risposta ai tanti, ai troppi tentativi di imbavagliare la stampa, perché non indaghi, non cerchi la verità, non eserciti il diritto/dovere di fare da controllore del potere.

L’esempio mondiale più eclatante è sicuramente quello di Assange: lui rischia la galera se torna negli Stati Uniti, mentre i responsabili dei fatti da lui denunciati non corrono alcun pericolo. E poi ci sono i gestori del potere locale che in piccolo tentano  di seguire la stessa strada di intimidazione. Pensiamo a quanti ministri del governo Meloni continuano a minacciare querele per qualunque cosa da loro detta venga analizzata e valutata in modo diverso; ad altri importanti rappresentanti istituzionali che rifiutano con disprezzo di rispondere alle domande legittime dei cronisti.

Poi ci sono le conferenze stampa che di conferenza non hanno nulla perché i giornalisti ammessi devono fare le belle statuine privati di parola e con l’unico compito di scrivere sotto dettatura o di reggere i microfoni. Così un’affermazione frequentemente ripetuta dalla premier Meloni – ‘nessuno rimarrà indietro’ – trova una clamorosa smentita in un fatto che però non viene ricordato, ripetuto da chi avrebbe il dovere di farlo: 1.500 operai della Glencore del Sulcis, ultimo presidio industriale di una Sardegna completamente deindustrializzata dopo i grandi, fenomenali splendori degli anni ‘70,  rischiano di restare, con le loro famiglie numerose, senza lavoro e senza alcuna forma di reddito. Ci si arrabatta da una riunione a vuoto all’altra, ma mai che un qualunque esponente del governo abbia l’idea semplice, ma evidentemente pericolosa, di chiedere alla Glencore perché altrove può continuare a produrre piombo e zinco e non vuole più farlo nel sud dell’Isola.

E ancora. Come non pensare a quanti ‘resteranno indietro’ tra tutti quelli che si troveranno privati del ‘reddito di cittadinanza’?. Perché non andare a verificare, dati alla mano, quai saranno le differenze una volta che entrerà in vigore il nuovo sistema assistenziale se contemporaneamente si continuerà a progettare piani del lavoro esclusivamente puntati sulla precarizzazione? Perché limitarsi a controbattere alle parole del governo con quelle dell’opposizione – ‘propaganda’ – invece di analizzare, cercare, dimostrare.

Così accade che a fronte di un attacco costante ad uno dei principi fondamentali della tutela e della rafforzamento della democrazia, garantito dall’Articolo 21 della Costituzione, attacco che cerca di  minare alle fondamenta la Repubblica Antifascista nata dalla Resistenza, non c’è un’adeguata, forte risposta di contrapposizione.

Anzi, a volte c’è qualche tentativo di acquiescenza, di assuefazione, come fa brillantemente notare Riccardo Cristiano nel suo articolo sulle cose dette da Papa Francesco in Ungheria. Ha demolito la versione comparsa su alcuni quotidiani circa la ‘benedizione’ data dal Papa al modello orbaniano.

Ogni parola, ogni gesto di Francesco è stata la continua negazione della pratica seguita da Orban e dal suo governo. È il suo testo antiorbaniano, così come tutta la Costituzione italiana è antifascista.

Il 3 maggio nei luoghi delle iniziative, ma anche nei singoli luoghi di lavoro, bisognerà costruire occasioni di riflessione su come far affermare la funzione fondamentale per la democrazia della nostra professione. Accettare la logica di essere trombettieri acritici del potere significa solo condannarci a morte sicura.


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