Ilaria Alpi vive. Vive nell’aria fine della paterna Compiano, “borgo tra i più belli d’Italia” ricorda il cartello, a 531 metri sull’Appennino parmense che strizza l’occhiolino a Chiavari e al mare blu di Liguria. Compiano, il paese di papà Giorgio Alpi, stamattina ha festeggiato i 62 anni di Ilaria.
Ilaria vive nella piazza, a lei dedicata; vive nella sala del Consiglio, a lei intitolata due anni fa col taglio del nastro dell’allora presidente della Camera Roberto Fico.
Ilaria vive e rivive nell’entusiasmo dei ragazzi e delle ragazze delle classi Terza A e Quinta A del Liceo Scientifico Zappa Fermi di Borgotaro: i primi su di lei hanno costruito una video – rappresentazione «Ilaria Alpi, la forza delle parole» studiando, analizzando, “collazionando” materiale dalla Rai e dal libro di Mariangela Gritta Grainer «Ilaria Alpi. Una donna. La sua storia». I secondi si sono messi in gioco, esperendo la via del giornalismo, partecipando alla prima edizione del concorso «Ilaria Alpi».
E, ancora, Ilaria vive nel ricordo dei cugini, Maria Ginevra e «Umbertino», come tutti a Compiano chiamano ancora Umberto Alpi che pure oggi è un uomo di 61 anni: «Di un anno più giovane di Ilaria», dice. E per raccontarla non trova niente di più adatto di quella «rosa Ilaria» finemente descritta da Mariangela Gritta Grainer nel pezzo uscito su Articolo 21. Umberto che, dopo 29 anni, chiede «verità e giustizia». Come la chiede Beppe Giulietti nell’appassionato intervento video che viene proiettato in sala consiliare, in cui avanza l’idea di un presidio di Articolo 21 intitolato a Giorgio, in vista del 30esimo anniversario dell’uccisione di Ilaria e Miran, il prossimo anno. Il sindaco di Compiano Francesco Mariani raccoglie il seme: «Andiamo verso il 30esimo con nuovi amici che ci onorano della loro presenza, dalla Gazzetta di Parma ad Articolo 21». Claudio Rinaldi, direttore della Gazzetta, lega la giornata di oggi a quella di domani, quando il giornalista Bernardo Valli, a 93 anni, riceverà la laurea ad honorem dall’Ateneo della sua Parma: «Due simboli, ciascuno a modo proprio, del lavoro dell’inviato in guerra, in zone difficili, alla ricerca, anche pericolosa, della verità».
Ecco, quella verità che ancora manca alla storia di Ilaria e Miran.