In una breve intervista ad Articolo21 Emre Kızılkaya, vicepresidente dell’International Press Institute (IPI), ricercatore all’Università Galatasaray e redattore del quotidiano Journo.com.tr spiega come il presidente uscente, in questo primo turno delle presidenziali, abbia un controllo quasi totale dei media e la capacità di muovere voti partendo da istinti ancestrali e non razionali.
Come giudica questo primo turno delle elezioni presidenziali? Una sorpresa?
Il risultato delle elezioni turche non è poi così sorprendente, contrariamente alla visione generale presentata da molti media europei e americani prima delle elezioni. Le elezioni possono essere libere, ma certamente non eque. La cattura mediatica del presidente Erdogan ha funzionato di nuovo, in quanto è riuscito a persuadere milioni di elettori a votare in modo sentimentale invece che razionale. Ha fatto dimenticare la crisi economica facendo leva ancora una volta sul nazionalismo.
Il presidente uscente ha portato avanti una vera e propria battaglia psicologica con le opposizioni.
La sua macchina mediatica ha dipinto l’opposizione come un’alleanza di nemici della Turchia, traditori e terroristi. Inoltre, il partito al potere ha condotto una guerra di informazione durante lo spoglio delle schede elettorali. Ha manipolato la copertura delle agenzie di stampa ufficiali, su cui si sono basati anche alcuni media dell’opposizione come fonte di dati, e ha presentato reclami strategici per rallentare lo spoglio nei distretti in cui l’opposizione è forte. In questo modo hanno avuto la meglio nella guerra psicologica. Sembra che l’opposizione abbia perso la guerra per la maggioranza parlamentare.
Una vittoria al secondo turno delle elezioni presidenziali sembra ancora possibile, ma è probabile?
La risposta dipenderà dalla performance dell’opposizione nelle prossime due settimane. Vincerà chi sarà in grado di mobilitare gli elettori, soprattutto quelli che non hanno votato al primo turno. La chiave sarà l’affluenza alle urne.