BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Avvocata perseguitata dal cliente “rifiutato”, ora lui è in carcere. Incredibile storia a Milano

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“Apri, lo so che ci sei”.
Milano. Una donna, di professione avvocato, rifiuta di assumere la difesa di un uomo che diventa il suo incubo. Tutto inizia a gennaio. La porta chiusa dello studio legale che diventa l’ostacolo contro il quale si scaglia la violenza dell’uomo: calci, pugni e invettive. Una scena che si ripete dopo qualche giorno. Questa volta riuscendo a entrare. “Dov’è, dov’è” urla contro l’assistente chiedendo della vittima. Si inginocchia per controllare se la donna sia sia nascosta sotto la scrivania. La rabbia dell’uomo non si placa, anzi: “Vi ammazzo con il silenziatore”, minaccia scagliandosi contro la collaboratrice. Minuti che sembrano ore. Minacce che prima di essere di persona erano arrivate via messaggio sul telefono o vocali lasciati in segreteria “ contenenti ingiurie rivolte a terzi abbinate a dichiarazioni d’amore rivolte alla querelante”. Bloccare il suo numero aveva significato aumentare la sua collera contro la donna. Un uomo disposto a tutto come si legge nelle carte che ricostruiscono i suoi precedenti penali. Ora per l’indagato si sono riaperte le porte del carcere di Milano in attesa della celebrazione del processo. “La misura cautelare personale della custodia in carcere appare allo stato quella più idonea a far fronte alle esigenze cautelari. In quanto – scrive la pm Valentina Mondovì – ogni altra misura cautelare appare allo stato inadeguata né, considerata la gravità dei fatti ed il minimo edittale della pena prevista per i reati contestati all’indagato, si ritiene possa essere irrogata una pena detentiva inferiore ai tre anni di reclusione, peraltro incompatibile con la concessione del beneficio della sospensione della condizionale”.

Gli accertamenti compiuti dalla Commissariato Monforte della questura di Milano hanno portato esiti secondo cui, per gli inquirenti coordinati dal procuratore aggiunto Maria Letizia Mannella, “vi sia concreto pericolo che l’indagato, qualora permanga in libertà, commetta altri gravi delitti della stessa specie di quelli per cui si procede, atteso che le condotte reiterate sono caratterizzate da notevole aggressività e non hanno conosciuto, in epoca recente, alcuna interruzione. L’uomo si è dimostrato incapace di controllare la propria asserita infatuazione nei confronti della donna”.


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