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Alluvione, è ferito il modello Emilia-Romagna

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Doppia alluvione in Romagna: ben due catastrofi in un solo mese. Ai primi di maggio la prima mazzata, la seconda dopo appena due settimane. Il bilancio dell’alluvione in Romagna è drammatico: quasi 20 morti; decine di migliaia di sfollati; treni e strade bloccati; scuole chiuse; case, aziende, culture sommerse dall’acqua. Una distruzione immane.

L’apocalisse ha colpito gran parte dell’Emilia Romagna e alcune zone delle Marche, tuttavia la vittima principale è stata la Romagna. Cesena, Ravenna, Forlì, Faenza, Lugo sono finite sott’acqua: gli abitanti si sono rifugiati al primo piano delle abitazioni e addirittura sui tetti per salvarsi dalla furia dell’inondazione.

I fiumi e i torrenti hanno travolto gli argini per la troppa pioggia concentrata in poche ore provocando allagamenti e frane. Il cambiamento climatico causato dall’inquinamento ha conseguenze tragiche: l’Italia è passata da due anni di grave siccità a piogge torrenziali. La mano dell’uomo ha contribuito al cataclisma con disboscamenti, poca cura degli alvei dei fiumi, cementificazione senza freni (legale o abusiva). I terreni secchi per la lunga siccità hanno assorbito poca pioggia, il resto è finito nei fiumi e nei torrenti tramutandoli in strumenti di distruzione.

Gli uomini della Protezione civile e i volontari si sono prodigati per salvare vite umane, per trasportare al sicuro gli animali degli allevamenti, per ripristinare le comunicazioni stravolte, per far tornare corrente elettrica e acqua potabile, per spalare montagne di fango.

C’è da lavorare su due fronti per contrastare i disastri sempre più frequenti: la lotta al cambiamento climatico (problema internazionale) e quella per l’acqua (questione nazionale). La siccità è una sfida che si può vincere in Italia. In una intervista a ‘Repubblica’ Erasmo D’Angelis, presidente della Fondazione Earth Water Agenda, sfata un luogo comune: l’Italia è uno dei paesi più piovosi dell’Europa ma fa pochissimo per tutelare e conservare l’acqua. Il Belpaese non investe su un bene prezioso e primario come l’acqua: le dighe e gli invasi per lo stoccaggio della pioggia sono pochi e con una scarsa manutenzione, gli acquedotti perdono ben il 40% dell’”oro blu” trasportato. In più mancano gli investimenti contro il dissesto idrogeologico di montagne e campagne. La Spagna, invece, investe  molto per conservare l’acqua in modo da contrastare la gravissima siccità.

Non mancano le polemiche. “Il Fatto” accusa tutti. Attacca i governi degli ultimi 20 anni e non risparmia le amministrazioni di centro-sinistra dell’Emilia Romagna. Il quotidiano punta il dito contro la cementificazione, contro il consumo del suolo,  contro i pochi bacini di contenimento nei quali convogliare l’acqua dei fiumi in caso di piena.

Stefano Bonaccini liquida come «autentiche bufale» le accuse di aver cementificato il territorio. Il presidente dell’Emilia Romagna precisa: «In 36 ore è caduta la pioggia di seri mesi». Annuncia: «Ricostruiremo tutto» come nel terremoto del 2012.

Giorgia Meloni, lascia in anticipo il vertice del G7 a Hiroshima, e domenica 21 maggio fa un sopralluogo nelle zone alluvionate. La presidente del Consiglio garantisce «risposte immediate». Il governo attingerà anche ai fondi europei per rimettere in piedi case, imprese industriali, agricole e turistiche. L’obiettivo, precisa, è «farvi tornare a una vita normale il prima possibile».

La rivolta della natura è una sfida per tutti. Con l’alluvione in Romagna è chiaro come utilizzare una parte cospicua dei finanziamenti dell’Unione europea: per tutelare e conservare l’acqua, per la difesa del territorio dal dissesto idrogeologico.


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