A tre settimane dalle elezioni politiche in Turchia, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, in difficoltà per la situazione economica caratterizzata da una fortissima inflazione ( in live calo ma ancora oltre il 50%) e aggravata dal sisma devastante del febbraio scorso, sta cercando con ogni mezzo di imbavagliare la stampa e indebolire l’opposizione. A farne le spese, ancora una volta, i giornalisti, specie quelli curdi, come denunciano la Federazione europea dei giornalisti e molte altre organizzazioni internazionali per la libertà di pensiero e di stampa, che hanno lanciato un appello per la liberazione immediata delle persone fermate.
Il 25 aprile, raid coordinati all’alba in Turchia hanno preso di mira case e uffici di 126 persone, tra cui giornalisti, avvocati, difensori dei diritti, attivisti politici e artisti in 21 province, tra cui quella a maggioranza curda del Diyarbakir, sulla base di accuse poco chiare. L’agenzia statale Anadolu ha riferito che l’operazione messa in atto nel Diyarbakır è correlata a indagini antiterrorismo condotte dall’ufficio del procuratore capo locale. Tra coloro che sono stati arrestati finora ci sono 10 giornalisti e un avvocato che rappresenta i giornalisti arrestati. Durante le irruzioni, la polizia ha sequestrato anche attrezzature tecniche, computer, libri e documenti appartenenti ai giornalisti. secondo alcune fonti locali, riportate dalla Efj, sono stati emessi mandati di arresto contro 216 persone e continuano le ricerche per altri giornalisti. I cronisti detenuti finora includono il direttore della Mesopotamia News Agency (MA), Abdurrahman Gök e i giornalisti Ahmet Kanbal e Mehmet Şah Oruç; il caporedattore del quotidiano Yeni Yaşam, Osman Akın; l’editore dell’unico giornale di stampa curdo in Turchia _ Xwebûn Weekly, Kadri Esen; Il giornalista di JinNews, Beritan Canözer; e i giornalisti Mehmet Yalçın, Mikail Barut, Salih Keleş e Remzi Akkaya. E’ stato arrestato anche l’avvocato Resul Temur, che rappresentava i giornalisti imprigionati a Diyarbakır e ad Ankara dopo analoghe irruzioni rispettivamente nel giugno e nell’ottobre 2022. Secondo la Tv di stato turca Trt, le persone messe in custordia cautelare sono accusate di avere finanziato l’organizzazione curda il Pkk, o di avere collaborato con il gruppo curdo armato.
Ricordiamo anche che nel giugno 2022 raid simili avevano portato all’arresto di 20 giornalisti a Diyarbakir, di cui 16 erano stati posti in custodia cautelare con l’accusa di terrorismo in attesa di un processo che inizia il prossimo luglio. Nell’ottobre 2022, altri 11 cronisti curdi erano stati arrestati con l’accusa di terrorismo in varie province turche, durante irruzioni domiciliari simultanee. Il loro processo inizia il 16 maggio 2023.
Il Mapping Media Freedom, come riporta la Efj, registra negli ultimi 12 mesi in Turchia 27 allarmi che hanno avuto un impatto su 91 giornalisti, operatori e media o organi di stampa curdi. Le segnalazioni consistono soprattutto in incidenti legali che di solito portano all’arresto, alla detenzione, all’azione penale e alle condanne
La Federazione europea dei giornalisti (EFJ) si è unita alle organizzazioni per la libertà dei media, la libertà di espressione e i diritti umani nel chiedere alle autorità turche di porre fine alle sistematiche vessazioni e intimidazioni nei confronti di giornalisti curdi, operatori dei media, organi di informazione, avvocati che li difendono e domandano con forza di dare loro accesso alla consulenza legale, rivelare tutti i dettagli delle accuse mosse e garantire che vengano rilasciati. “Ribadiamo la necessità di un’atmosfera mediatica libera e pluralistica in vista delle elezioni che si terranno il 14 maggio 20232, conclude l’appello.
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