BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Signora Tharcher, ci sono alternative

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Se abbiamo assistito alla Brexit, e prim’ancora alla tentata secessione scozzese, la colpa è soprattutto di Margaret Thatcher. Se n’è andata dieci anni fa e, al netto del rispetto che si deve a ogni persona, non proviamo alcun rimpianto. Ci ha detto addio, infatti, al termine di un’esistenza lunga, ottantasette anni, dedicata quasi interamente a peggiorare le vite di tutte e tutti noi. Alcuni commentatori le attribuiscono virtù che, in realtà, non ha mai avuto, altri la considerano la donna che ha salvato la Gran Bretagna dal declino, a nostro giudizio, invece, altro non è stata che una demolitrice di diritti e tutele dei lavoratori, fino a minare la dignità stessa delle persone. E arriviamo addirittura a sostenere che se negli anni Ottanta abbiamo assistito a episodi atroci, ad esempio in alcuni stadi, con il triste fenomeno degli hooligans, una parte della responsabilità dev’essere attribuita al clima tossico che si è venuto a creare nel Paese in quel periodo. Non a caso, la regina Elisabetta, da sempre attenta all’unità della Nazione, non ne aveva particolare stima, per usare un eufemismo, anche per via del suo sostegno implicito al regime di apartheid che vigeva in Sudafrica, cui la Thatcher era contraria ad applicare le sanzioni.

“Maggie” salì al potere nel maggio del ’79, in virtù della conservatrice servatrice che stava avvenendo in tutto il mondo e che l’anno successivo avrebbe favorito l’affermazione di Ronald Reagan negli Stati Uniti, e rimase in carica fino al 22 novembre del ’90. In undici anni ha cambiato in peggio l’Inghilterra, provocato scioperi a ripetizione da parte dei minatori, devastato il sistema economico, favorito le tensioni sociali, ottenuto consensi sulle macerie di una comunità che secondo lei non esisteva e, comunque, andava annientata, immesso nel dibattito pubblico una quantità di scorie mai vista prima e convinto milioni di persone che non esistessero alternative al modello capitalista. Egoismo e individualismo, in quegli anni, furono elevati a virtù, al pari dell’avidità e del meno Stato, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di chiunque. Non solo: in seguito all’abbattimento del Muro di Berlino, verso cui ovviamente non nutriamo alcuna nostalgia, il Washington Consensus, di ispirazione reaganian-thatcheriana, ha fatto il resto, dando vita a una globalizzazione senza regole che ha avuto nella Thatcher una progenitrice e nella sinistra globale una fedele esecutrice. Non a caso, il danno più grande che riteniamo abbia compiuto questa governante senza scrupoli è stato lo spostamento a destra di coloro che si sarebbero dovuti opporre a questa deriva e che al contrario, con Tony Blair, non solo l’hanno assecondata ma sono riusciti addirittura ad aggravarla, tanto che l’unico elemento di vera discontinuità fra i due ha riguardato la questione dell’Irlanda del Nord: “The iron lady” lasciò che Bobby Sands, simbolo dell’IRA, morisse di fame in carcere, Blair ha avuto il merito di firmare l’Accordo del Venerdì Santo, a Belfast, venticinque anni fa, ponendo fine a una guerra civile permanente che si protraeva ormai da decenni. Non fu un successo diplomatico da poco ed è doveroso darne conto, in un bilancio che per il resto è totalmente negativo. Sulle altre questioni, all’opposto, la continuità è stata pressoché totale: privatizzazioni, rotture drastiche con i corpi intermedi, arroganza, in un crescendo rossiniano di errori e di orrori che ha fatto sì che la Scozia socialista non ne potesse più e che i dannati della globalizzazione si rivoltassero. Del resto, era stato Anthony Giddens, nei tristi anni Novanta, a teorizzare che si dovesse andare “oltre la destra e la sinistra”, rendendosi complice di una deriva tecnocratica dalla quale la sinistra ancora non si è ancora liberata del tutto neanche alle nostre latitudini, potendo contare su un discreto numero di nostalgici di un tempo che non solo merita di essere ricordato come un continuo cedimento alla barbarie ma che deve essere tenuto lontano dal nuovo corso, onde evitare che i protagonisti di quel degrado possano continuare ad arrecare danni alle nuove generazioni.

Della signora Thatcher, del suo voler trasformare ogni uomo in un capitalista, del suo Paese sfiancato e in guerra con se stesso, della protervia con cui ha imposto scelte sbagliate e del condizionamento che ha esercitato anche sul Labour, indotto dai successi a ripetizione della leader conservatrice a snaturarsi, fino a trasformarsi nel New Labour che ha vinto per tre volte le elezioni per governare a destra della destra, aggiungendo alla follia thatcheriana le guerre in Afghanistan e in Iraq al fianco, per non dire al servizio, di Bush, forniamo, dunque, un giudizio che non può avere nulla di positivo.

Le riconosciamo, senza dubbio, di aver esercitato un’egemonia culturale durata quattro decenni. Prendiamo, inoltre, atto che non sia stata una meteora, a dire il vero non lo abbiamo mai pensato, e facciamo i conti con gli innumerevoli problemi che ci ha lasciato in eredità. Ciò a cui proprio non possiamo e non vogliamo rassegnarci, però, è la santificazione che ha ricevuto anche in questi giorni, per lo più ad opera di un ceto politico e intellettuale che ormai ha fatto il suo tempo, che non ha più nulla da dire e il cui strapotere è stato messo in discussione dal fallimento dei pilastri su cui si è fondato il dominio del liberismo dagli anni Ottanta in poi. Quella stagione si è conclusa, quel decennio non tornerà e anche i suoi figli, a destra come a sinistra, sono stati sconfitti dalle molteplici crisi che hanno generato, senza arrecare alcun beneficio né all’ambiente né alla classe lavoratrice.

Se oggi siamo più soli, più fragili, privi di punti di riferimento e costretti a fare i conti con un dolore esistenziale che si riverbera nel senso di ansia e frustrazione di un’intera generazione, la colpa è soprattutto di colei che ha predicato che esistono solo gli individui e che ciascuno debba pensare a se stesso. Non ha senso, non è possibile, è la negazione della politica e dello stare insieme.

Margaret Thatcher ha lasciato dietro di sé una scia di sofferenza e un’ondata di malessere senza precedenti.

L’unico aspetto che ci conforta è che oggi, a differenza di dieci anni fa, abbiamo la certezza che nessuno, neanche volendo, potrà raccoglierne il testimone. E se anche qualcuno lo facesse, sarebbero elettrici ed elettori, in ogni angolo del globo, a dirgli basta.


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