Nanni Moretti torna in sala con “Il Sol dell’Avvenire” dal 20 aprile, prima del passaggio a Cannes in cui è, insieme a Marco Bellocchio e Alice Rohrwacher, uno dei 3 italiani in concorso. La sua ultima opera è un piccolo capolavoro, una summa e una riflessione al contempo sul cinema, sulla politica e su sè stesso. Ironico, spietato e commovente. Un film che ‘chiude il cerchio’ per andare incontro ad un futuro che si fa anche con i ‘se’.
E’ un ritorno in grande stile quello di Nanni Moretti con ‘Il Sol Dell’Avvenire’, una coproduzione Sacher Film- Fandango con Rai Cinema e Le Pacte, in sala dal 20 aprile con 01 Distribution. Un Moretti che, dopo il deludente ‘Tre piani’ torna ad essere sé stesso. ‘Il Sol dell’Avvenire’ si muove su diversi piani narrativi: Nanni, che firma anche la sceneggiatura, insieme a Francesca Marciano, Federica Pontremoli e Valia Santella, calza i panni di Giovanni, regista, marito di Paola (Margherita Buy) produttrice. Parallelamente si intreccia la storia del suo film ambientato nel ’56, nel quale Silvio Orlando, Ennio, segretario della sezione del PCI del Quarticciolo, dopo aver invitato il circo Budavari, si trova a non saper come gestire le sue reazioni e quelle del partito, dopo che i carri armati sovietici sono entrati a Budapest, incalzato da Vera (Barbora Bobulova).
Quasi fosse un rito beneaugurale, all’inizio delle riprese chiede a sua moglie e sua figlia di vedere ‘Lola’ di Jacque Demy sul divano, sotto al plaid di ‘Sogni d’oro’ (1981), mangiando il gelato. Ma come se l’incantesimo, ovvero il rituale, non fosse più riproducibile, entrambe vengono interrotte da chiamate e messaggi e finiscono per lasciarlo solo.
Non sorprende la grande performance di Moretti, che torna quello di sempre, il Michele Apicella di ‘Bianca’ (1983) con le idiosincrasie per le scarpe, la passione per i dolci, per un certo cinema, ma anche quello di Palombella Rossa (1989) per le piscine, i richiami alla mamma, le nevrosi e occhi spiritati. Un uomo che si ostina a non voler cambiare mentre il mondo è (ahinoi) in rapida evoluzione. La squadra intorno a lui, dalla Buy a Orlando – un grande ritorno a 16 anni da ‘Il Caimano’ – sono un indiscusso valore aggiunto, arricchito da figure nuove, in primis la bravissima Barbora Bobulova nei panni di Vera, la coprotagonista del suo film ambientato nel ’56.
C’è tanto Moretti, quello più vero ne ‘Il Sol dell’Avvenire’: un Moretti che riflette sul mondo che è cambiato e nel quale (forse) più non si riconosce e che critica aspramente. Ma è anche il cinema ad essere cambiato, e anche qui, non in meglio. Memorabile la scena in cui Giovanni tiene in ostaggio per un’intera notte il cast di un giovane regista – la cui opera prima era stata ‘Orchi’, acclamato dalla critica – prodotto da sua moglie mentre stanno girando l’ultima scena, scagliandosi contro una violenza becera e priva di senso e tirando in ballo Corrado Augias, Chiara Valerio, Renzo Piano e finanche Martin Scorsese. Ma c’è anche il Giovanni che insieme a Paola va da Netflix – tanto per non far nomi – in un incontro surreale con i vertici della piattaforma che distribuisce i propri prodotti in ‘190 paesi’ ma che non trova nel suo film il giusto respiro e momenti ‘what the fuck’.
E poi c’è Giovanni che viene lasciato da sua moglie Paola, ormai esausta, ma che, mentre gira il suo film sul ’56 scrive un film tratto da “Il nuotatore” di John Cheever: “questo film lo dovevo fare quando ero giovane e in forma”, dirà Nanni, nuotando. E nel mentre sogna e immagina di dirigere un film sulla storia di una coppia, ‘con tante canzoni italiane’… scene che lo spettatore vede: due giovani che si innamorano, un primo appuntamento a vedere ‘La dolce vita’, una lite in auto nel quartiere Mazzini, un picnic al parco. Il Moretti regista intanto li indirizza, detta battute, impone cambi di registro cercando di ‘aggiustare’ (forse) gli errori del suo passato e di sè stesso.
Un’opera morettiana nel suo senso migliore: un film pungente, autoironico, consapevole, che segna la chiusura di un cerchio, ma forse anche un trampolino per una ripartenza verso qualcosa di nuovo.