Ancora manifestazioni in Francia contro la Riforma delle pensioni, subito dopo l’approvazione del Consiglio Costituzionale, seppure con qualche censura all’operato del governo, ma respingendo la prima richiesta di un Referendum abrogativo, voluto dalle opposizioni di sinistra e appoggiato anche dalla destra lepeniana.
Lo stesso Consiglio, sempre presieduto dall’ex-Segretario del partito Socialista, Laurent Fabius, che nel 2010 bloccò un’analoga Riforma delle pensioni di Sarkozy, allora Presidente conservatore della Francia!!!
Ancora incidenti, fumogeni, lacrimogeni, sassaiole contro le vetrine, cassonetti in fiamme. In attesa delle grandi manifestazioni indette per il Primo Maggio.
Nei cortei a Parigi abbiamo visto direttamente soprattutto giovani sotto i 30 anni, poche le persone più grandi. Assenza di bandiere sindacali e di partiti della sinistra, nonostante la loro solidarietà verbale.
È venerdì sera, giorno tradizionale in cui i giovani e non solo si riversano nei bar, nelle brasserie, appena finito lo spettacolo antagonista pseudorivoluzionario.
Va chiarito che la Riforma entrerà a regime nel 2030, fino ad allora si aumenterà di 3 mesi l’anno l’età pensionabile dagli odierni 62 ai 64 anni. Solo per i neoassunti varrà da subito la nuova normativa.
Oggi la media pensiinabile nell’Unione Europea è di qualche mese superiore ai 64.
In Italia uomini e donne vanno in quiescenza a 67 anni. La più alta di tutti!!!
Dopo oltre 3 mesi di manifestazioni, la legge è stata approvata lo stesso con un decreto del Presidente della Repubblica.
Metodo “eccezionale” censurato oggi dal Consiglio costituzionale.
Le manifestazioni, non controllate dalle centrali sindacali principali (CGT, CFDT, FORCE OUVIERE), sono ormai scadute a scontri contro le forze di polizia e al via libera dei “casseurs”, ovvero quelli che rompono e bruciano qualsiasi cosa , come facevano i Gilets jaunes.
Sembra rivivere, in scala ridotta, le lunghissime e velletarie proteste dei minatori contro la politica privatizzatrice, la deregulation, antiwelfarestate e neoliberista della Thatcher.
Persero i sindacati, le storiche e potenti Trade Unions, e i Laburisti. La sinistra divenne neoliberista e le privatizzazioni infestarono la Gran Bretagna invadendo anche il resto d’Europa.
Oggi, con la Brexit il Regno Unito si ritrova con l’Assistenza ospedaliera, una volta un vanto europeo, al collasso, i trasporti carissimi e scadenti, pensioni basse e deindustrializzazione.
In Francia il rischio concreto è che si rafforzi la destra capitanata dalla Marine Le Pen a scapito di un demagogo, antisionista ed euroscettico come il capo della cosiddetta Gauce Insoumise, Melanchon.
In più assistiamo, con la radicalizzazione sterile nelle piazze e dintorni, ad una scarsa partecipazione politica nei momenti decisivi per una democrazia.
Nelle ultime tornate elettorali sia presidenziali, sia politiche, l’astensionismo tocca quasi il 50%, e ai secondi turni su arriva anche al solo 30% dei votanti.
Ovviamente, purtroppo, la destra sovranità ne approfitta e così oggi il partito della Le Pen è il primo partito come numero all’opposizione nell’assemblea nazionale (la sinistra è maggiorr ma formata da più partiti coalizzati nella NUPES).
E così sparirà la “douce France” col suo sistema avanzato e generoso di welfare, di salari minimi, di contributi alla disoccupazione e di aiuti alle giovani coppie per fare figli, mantenerli e scolarizzazione.
Intanto, le pensioni arriveranno comunque a 64 anni, nonostante la lotta corporativa degli cheminots (lavoratori del settore trasporti) e del pubblico impiego, i soli che lavorano per 35 ore settimanali e che possono andare in pensione oggi a 55/57 anni.
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