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La condanna di Nicola Cosentino, il buon giornalismo, la camorra e le denunce pretestuose

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Ascesa, caduta e riorno agli inferi per uno degli uomini più potenti della politica italiana, un avvocato di Casal di Principe che, fino a quando non gli hanno sequestrato le chiavi della Reggia di Caserta, i più ignoravano che esistesse o chi fosse. Invece Nicola Cosentino era già stato una meteora nella “sua” Campania.

Da qualche ora nei suoi confronti è diventata definitiva la sentenza di condanna a dieci anni di reclusione, al netto del tempo già trascorso in stato di detenzione. Negli atti del processo si comprende bene quel reato più fine e “recente” denominato “concorso esterno in associazione mafiosa”, attribuito a Cosentino per il suo legame al clan dei casalesi, che trovano il fulcro del loro impero a Casal di Principe e nei dintorni, dove hanno agito negli anni con ferocia e predominio economico. Ma anche politico.

Dunque finisce qui l’iter giudiziario della vicenda iniziata con la famosa indagine su “Eco4”: nel 2009 l’arresto disposto dal gip di Napoli che comunque non ci fu perché all’epoca Nicola Cosentino era parlamentare. La sua carriera politica in quel momento era all’apice e ne aveva fatta di strada partendo da Casal di Principe: consigliere della Provincia di Caserta nel 1990, consigliere regionale della Campania nel 1995 per Forza Italia, eletto da vero “mister preferenze”. Di lì il passo per diventare deputato è brevissimo e dopo poco gli verrà attribuita una carica importantissima, quella di sottosegretario all’Economia. Su di lui vengono scritti dossier e interrogazioni, specie in relazione al consorzio Eco 4, al mondo della gestione dei rifiuti in Campania e alla rete di potere che Cosentino aveva messo in piedi in diversi uffici pubblici. Eppure sarà un libro “Il Casalese. Ascesa e tramonto di un leader politico di Terra di Lavoro ” a ricostruire e minuziosamente, la vita, i miracoli,  le opere e l’impero politico di Nicola Cosentino.  Chi lo ha letto ha avuto la possibilità di comprendere cosa significa per un clan avere un “referente” nelle istituzione. Fu un libro scomodo, scritto a più mani da Massimiliano Amato, Arnaldo Capezzuto,  Corrado Castiglione, Giuseppe Crimaldi, Antonio Di Costanzo, Luisa Maradei, Peppe Papa, Ciro Pellegrino, Vincenzo Senatore per la casa editrice “Centoautori“. Un’inchiesta solida, come quelle che sa fare la scuola campana dei cronisti di nera. Eppure non furono risparmiate denunce e richieste milionarie di risarcimento danni, come quasi sempre accade quando viene pubblicata una notizia vera. Correva l’anno 2011. E successivi.
“A quell’epoca era difficile, complicato scrivere di Nicola Cosentino, coordinatore regionale in Campania di Forza Italia, deputato e potente sottosegretario all’Economia con delega al Cipe e alla Programmazione Economica nell’ultimo Governo presieduto da Silvio Berlusconi.  – dice oggi, a commento della sentenza, Arnaldo Capezzuto –  Avevamo visto lungo, la nostra inchiesta giornalistica è stata a 360 gradi, una ricostruzione minuziosa di quel potere che era lo spaccato dell’Italia di Berlusconi e del Berlusconismo. Abbiamo solo messo in fila i fatti, verificato le notizie e raccontato l’incredibile e ‘fortunata’ storia di un oscuro consigliere comunale di Casal di Principe che a meno di cinquant’anni si ritrova a ricoprire il duplice incarico di uomo di Stato. Un ringraziamento al coraggio della casa editrice ‘Centoautori’ di Pietro Valente e al curatore di quella collana ‘Fatti e misfatti’, Nico Pirozzi. Difendere il giornalismo libero è un dovere di tutti”.

E’ una riscossa quella di oggi? Quanto conta poter dire: avevamo scritto la verità?

“Allora: è chiaro che non si gioisce per la condanna a 10 anni di carcere.  – dice Capezzuto –  Non c’è assolutamente da parte degli autori, dell’editore e del curatore del libro Il Casale nessuna rivalsa oppure compiacimento per la pena che dovrà scontate Cosentino, che oggettivamente gli toglierà la libertà e l’affetto dei suoi familiari e amici. Come ho scritto nel post questa sentenza definitiva ci dice una cosa fondamentale. Ossia che gli autori de ‘Il Casalese’ hanno svolto un lavoro rigoroso, serio e di verifica. Il Casalese non è il ‘tipico’ libro dove si trascrive l’ordinanza dei magistrati oppure si pubblicano atti giudiziari. È una inchiesta giornalistica alla vecchia maniera: mettere insieme i fatti, svolgere indagini e riscontri e trarne collegamenti per fotografare un sistema di potere che poi era il sistema di potere del Berlusconismo”.

Non vendetta né rivalsa dunque, ma un messaggio al buon giornalismo si può dare?

“Questa sentenza definitiva ci racconta che occorre sostenere il giornalismo d’inchiesta e che il Parlamento dovrebbe approvare leggi a difesa dell’articolo 21 della Costituzione. In questi anni abbiamo subito decine di denunce, intimidazioni, addirittura quando presentavamo Il Casalese eravamo seguiti da un pool di avvocati della famiglia Cosentino che annotavano tutto e diffidavano librerie e circoli a non ospitare le presentazioni perché il libro era gravato da una serie di denunce e dalla richiesta di distruzioni delle copie e da un risarcimento danni”.
Cosentino andrà in carcere ma i Cosentino d’Italia non sono finiti. E nemmeno la lezione di giornalismo che ha dato il gruppo di autori de Il Casalese.


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