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La cancel culture minaccia il Sapere

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La diversità storica delle varie etnie e delle relative culture va vista assolutamente come positiva. Nell’ottica di quella necessaria biodiversità ambientale e animale così tanto a rischio, purtroppo, sul nostro pianeta. La globalizzazione incontrollata e irrefrenabile è una minaccia anche per questo. Ogni popolo ha un proprio sapere che viene inevitabilmente minacciato dal mito del tutti e tutto uguale. Appiattito e schiacciato dalla cancel culture che valorizza solo l’aspetto economico e produttivo delle attività umane.

Ad agosto 2022 è stata diffusa la notizia della morte dell’ultimo uomo di una tribù del territorio di Tanaru, nello stato della Rondonia, all’interno della foresta amazzonica brasiliana occidentale. Nel 2018 Stephen Corry, direttore di Survival International, aveva detto che «le tribù incontattate non sono reliquie di un passato remoto. Vivono nel qui e ora. Sono nostri contemporanei e una parte vitale della diversità dell’umanità».

Fiona Watson, direttrice della ricerca e dell’advocacy di Survival, ha detto che «nessun estraneo conosceva il nome di quest’uomo, e nemmeno molto della sua tribù, e con la sua morte il genocidio del suo popolo è completo. Perché questo è stato davvero un genocidio: l’eliminazione deliberata di un intero popolo da parte di allevatori di bestiame affamati di terra e ricchezza».[1]

È stato Ernst Bloch a indagare il concetto di «non-contemporaneità», vale a dire la constatazione che non tutti i popoli e non tutte le culture vivono nello stesso tempo storico.[2] Sono numerose le tribù a rischio estinzione. Il problema poco esplorato di questa triste situazione è che, insieme all’etnia, si estingue anche il suo sapere.

Ma cos’è veramente il sapere?

Alessandro Carrera spiega molto bene che il sapere non è né l’istruzione ricevuta, né la somma dei libri letti. Il sapere inizia insieme all’umanità, ben prima che si formi la nozione di cultura. Il sapere e la cultura prendono così strade distinte, a volte parallele, a volte intersecantesi, altre volte proprio divergenti. La cultura può essere giudicata dall’esterno, da un’altra cultura. Giudicare un sapere è molto più difficile, perché esso è anche ciò che resiste alla cultura, che invece si può anche cancellare, lo si è fatto molte volte. Più arduo è cancellare il sapere, perché spesso se ne sta nascosto, scorre silenzioso sotto la cultura, di fatto è il suo inconscio.

Il sapere, umanistico e scientifico, è un privilegio. Non perché sia riservato a pochi, ma perché è sempre stato riservato a pochi, ed è solo negli ultimi settant’anni che si è delineata la possibilità di renderlo un «privilegio democratico». La democrazia non ha mai fatto interamente i conti con la doppia natura del sapere. Il populista lo detesta, ma il progressista l’ha in sospetto e gli attribuisce una connotazione classista, mentre l’unico privilegio del sapere è quello di introdurre alla visione delle idee. Sottolinea Carrera che, chiunque affermi l’inutilità di insegnare idee contro la necessità di un’istruzione volta solo al mercato del lavoro strappa dalle mani delle classi meno abbienti una vittoria che nel corso della storia umana non era mai stata conquistata, e va difesa a ogni costo.

L’autore sottolinea come questa non è soltanto l’epoca in cui si può essere informati di tutto senza sapere nulla, bensì, e soprattutto, l’epoca in cui non si sa più che cos’è il sapere.

Il sapere è tutto lo scibile di un popolo. Ma cosa tramandare di generazione in  generazione e cosa no? Inoltre, è davvero necessario tramandarlo oppure bisogna lasciare che i discendenti scoprano per conto loro quello che sarà utile e quello che invece dovranno accantonare?

La certezza è senz’altro che il sapere, al pari di conoscenza, cultura, istruzione e formazione, non è un qualcosa di statico ma in continua evoluzione. Straordinario l’esempio che riporta nel libro Carrera per spiegare al meglio questo aspetto.

Quando all’età di ventidue anni si imbarcò sull’HMS Beagle, Darwin portò con sé il «Paradiso perduto» di Milton, il più creazionista dei poeti. Cinque anni dopo, quando rimise piede sul suolo inglese, aveva sottobraccio gli appunti di una teoria che con il creazionismo non aveva più nulla a che fare.

Possiamo ricercare e conoscere, connettere e capire quanto vogliamo, ma se da tutto questo lavoro non se ne esce trasformati, trasfigurati e pronti a mettere da parte tutto quello che credevano di sapere, allora si conosce ben poco di ciò che si è appreso. Il sapere è sfuggito.

Sapere di Alessandro Carrera analizza ed espone al lettore tutti quegli aspetti del sapere che sfuggono, oppure vengono volutamente ignorati ma che sono estremamente necessari per la sopravvivenza e l’evoluzione della specie umana, nel suo complesso come anche nella sua necessaria diversità. Un piccolo libro che regala al lettore un grandissimo insegnamento.

 

Il libro

Alessandro Carrera, Sapere, ilMulino, Bologna, 2022.

L’autore

Alessandro Carrera: professore di Italian Studies e World Cultures and Literatures alla University of Houston, in Texas. Direttore della rivista «Gradiva» (Olschki).

[1]C. Manetti, Amazzonia: addio a “Índio do Buraco”, ultimo indigeno Tanaru, «LaSvolta», 30 agosto 2022: https://www.lasvolta.it/3147/amazzonia-addio-a-indio-do-buraco-ultimo-indigeno-tanaru

[2]E. Bloch, Eredità del nostro tempo, a cura di L. Boella, Milano, il Saggiatore, 1992.


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