Una giornata che per tanti è pura cerimonia, per chi la pratica da anni con questa intensità e verità diventa vita. Presentati i risultati della 16ma indagine sulla percezione del fenomeno mafioso promossa dal Centro Studi “Pio la Torre”. Premiati i primi tre video realizzati dagli studenti che hanno preso parte al “Progetto Educativo Antimafia”.
Una giornata per fare memoria attraverso il ricordo di Pio La Torre e Rosario Di Salvo alla vigilia delle celebrazioni del 41mo anniversario della loro uccisione.
«La conclusione di questa giornata, come abbiamo sempre fatto, è affidata ai ragazzi – ha detto Vito Lo Monaco, presidente emerito del Centro Studi Pio La Torre -. passaggio testimoniale che ha riguardato anche il passaggio della carica di presidente, oggi ricoperta da Loredana Introini. Un’iniziativa, quella odierna, che cade alla vigilia dell’1 maggio e all’indomani della “lectio magistralis” del Presidente della Repubblica.
Un richiamo alla responsabilità comune il discorso del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che nel suo messaggio, letto ad apertura dei lavori odierni, ha ribadito l’emblematicità dei valori di legalità a fondamento dello Stato di diritto. Valori rappresentati da figure come quelle di Pio la Torre e Rosario Di Salvo, rappresentati in sala dai rispettivi figli, Franco e Tiziana.
«Commemorare il loro operato contro la violenza, l’intimidazione e la condizione di assoggettamento – scrive il presente Mattarella -.significa rendere omaggio all’abnegazione di chi ha pagato con il sacrificio della vita la difesa dei diritti e delle libertà sanciti dalla nostra Costituzione. Il contrasto alle mafie è responsabilità comune per dar vita a società libere basate sul ripudio dei diritti e delle libertà sancite dalla nostra costituzione. Il contrasto alle mafie è responsabilità comune per dar vita a società libere basate sul ripudio di ogni sopraffazione ed è fondamentale la sensibilizzazione nei confronti delle giovani generazioni, come avvenuto attraverso il “Progetto educativo antimafia. Nel quarantunesimo anniversario della loro uccisione per mano mafiosa, la Repubblica si unisce al ricordo di Pio La Torre e di Rosario Di Salvo e ne indica la lezione civile”.
Un momento per fare memoria, ma soprattutto per ricordare il valore di una legge diventata la madre della legislazione antimafia, cresciuta nonostante gli attacchi ripetuti che continuano ancora oggi. È stato, infatti, importante, ritrovarsi nell’aula magna “Margherita De Simone” del Dipartimento di Architettura UNIPA, in occasione del 41° anniversario dell’uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Un’opportunità per fare memoria anche grazie alla partecipazione degli studenti che prendono parte al “Progetto Educativo Antimafia” che il Centro “Pio La Torre” porta avanti da 17 anni e che coinvolge migliaia di studenti da tutta Italia.
«Una legge, quella che porta la firma di Pio la Torre, senza la quale non si sarebbe potuto fare il maxiprocesso – afferma Vito Lo Monaco, presidente emerito del Centro Studi “Pio La Torre” – così come se non ci fosse stato quel gruppo di coraggiosi magistrati la legge chissà che fine avrebbe fatto. I delitti di Piersanti Mattarella, Pio La Torre e Rosario Di Salvo dimostrano quello su cui Pio lavorava e cioè i rapporti tra mafia e politica. Liberalizzare gli appalti con i sub appalti, per esempio, accresce il tetto per l’affidamento diretto, un modo per aprire le porte e stendere il tappeto rosso alla mafia. Il Pnrr è minacciato pure sotto questo punto di vista. Ecco anche su cosa si costruisce il nostro progetto educativo che solo l’anno scorso ha coinvolto 600 scuole. Un progetto che possiamo considerare unico perché utilizza lo strumento della videoconferenza connettendo le scuole su scala nazionale”.
Unico, però, il progetto educativo antimafia del Centro Studi “Pio La Torre” lo è per composizione degli esperti il cui contributo consente di affrontare i temi via via proposti attraverso un approccio multidisciplinare difficile da eguagliare.
«Con gli studenti che incontriamo parliamo dei problemi – ha sottolineato Loredana Introini, presidente del Centro “Studi Pio La Torre” -, ma parliamo anche della possibilità di cambiamento. Parliamo delle conseguenze che le attività mafiose determinano nelle nostre vite, come lo spaccio inizialmente gratuito ai giovanissimi di droghe che li rendono soggetti dipendenti dalle droghe stesse e determinano l’arricchimento miliardario delle mafie. Parliamo pure della nostra forza come cittadini attivi di intervenire determinando il cambiamento, raccontando loro di Pio La Torre e della sua capacità di farci capire come le cose possono cambiare se ognuno di noi è attore del cambiamento. Se dovessi dedicare un articolo della Costituzione al lavoro di Pio la Torre dedicherei l’articolo 2 su cui giurano le più alte cariche dello Stato: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Questo è un anniversario che sottolinea il valore della memoria Una memoria che, nel passaggio generazionale per noi fondamentale, va utilizzata come strumento di cambiamento per assicurare ai giovani un futuro senza la mafia. Quegli strumenti che abbiamo avuto noi per conoscere e affrontare determinati fenomeni li consegnano a loro affinché abbiamo la possibilità di muoversi agilmente nell’attuale situazione storica e politica. Una riflessione che serve anche ad acquisire competenze che li aiutino a fare diventare viva una memoria che diversamente rimarrebbe sterile».
Una mattinata che ha fatto memoria grazie ai più giovani, diciamo pure giovanissimi se parliamo di Vincenzo Abbasta e Francesco Ganci, della scuola media “Arculeo” di Palermo, che hanno incantato tutti i presenti con “Lu cuntu di Pio La Torre”. Ad accompagnarli le insegnanti Alessia Misiti, Giuseppa Marchese ed Ambra Follia.
Più grandi e ancora più consapevoli gli studenti arrivati in finale.
Tre video, tre piccole opere frutto del percorso di consapevolezza realizzato dal “Progetto Educativo Antimafia” che ha visto partecipare migliaia di studenti da tutta Italia.
Primo classificato il liceo Galilei di Bitonto con l’intervista al Procuratore della Repubblica di Bari Roberto Rossi, realizzata da Melissa Mundo e Rossella Sicolo; secondo l’Istituto “Cascino” di Palermo con “Il giardino del benessere”, realizzato da Noemi Napoli; terzo l’Istituto “Pacinotti” di Fondi (LT) con “Cuntu”. Presenti anche i ragazzi del Liceo “Vittorio Emanuele II”.
La dimostrazione, rispetto a quanto realizzato dai ragazzi, di come il seme lasciato da Pio La Torre, abbia generato valori positivi di giustizia e legalità. La concretizzazione di una memoria che può essere un esercizio che coinvolge tutti.
«Pio La Torre ha caratterizzato il suo impegno politico sindacale nel contrastare la mafia e per la pace – ha detto Alfio Mannino, segretario regionale del Cgil -, due elementi quanto mai attuali oggi proprio perché, attraverso la pace, possiamo costruire un nuovo modello di sviluppo, una società inclusiva e soprattutto per contrastare quella mafia che ancora oggi pervade in maniera forte gran parte dell’ economia siciliana e non solo. Pio La Torre immaginava una Sicilia in cui la qualità e la dignità del lavoro potessero essere il futuro delle nuove generazioni; quelle generazioni che, per trovare un lavoro dignitoso, devono abbandonare la Sicilia. Oggi dobbiamo ricordare non soltanto in maniera evocativa Pio la Torre, ma dobbiamo partire dai suoi insegnamenti per dare l’occasione ai ragazzi e alle ragazze di realizzare i loro sogni».
«Quanto ha realizzato in questi anni il Centro Pio La Torre – ha affermato Antonello Cracolici, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia – è un libro di storia che si rinnova attraverso un percorso di partecipazione di tantissimi ragazzi, insegnanti, della più grande forza che abbiamo creato. I protagonisti sono stati i custodi della memora. Una giornata come questa è una giornata di memoria, ma è anche un’occasione per fare dei bilanci. Lo dico a questi ragazzi che non erano nati quando Pio La Torre esercitava le sue attività, i cui genitori forse hanno vissuto alcuni effetti delle sue battaglie e del suo lavoro. In Sicilia, e per la verità anche nel nostro paese, sino al 1977, ben 5 anni dopo la sua morte, nessun tribunale aveva mai giudicato un mafioso come tale, ma la gran parte delle sentenze di quegli anni erano di assoluzione, tranne in rari casi in cui il delinquente non veniva trovato con la pistola fumante; molto difficile per Cosa nostra. Grazie a quell’uomo, alle sue intuizioni, come hanno detto i bambini poco fa “alla mafia Pio la Torre gli ha levato pure le mutande”. Grazie a una legge che, per la prima volta, si è introdotta nel nostro ordinamento prevedendo non solo la galera per i mafiosi ma anche la confisca dei loro beni. Con questo grande lavoro la mafia è stata colpita duramente perché tanti boss sono in galera e molti ci rimarranno sino alla fine dei loro giorni. L’ indagine pubblicata dal Centro Pio La Torre ci dice, però, che non abbiamo ancora vinto la guerra all’indifferenza, il più grande amico della mafia. I dati ci dicono che dobbiamo capire come impegnarci. Se la scuola è il luogo in cui i nostri ragazzi conoscono la parola mafia, continua a esserci un buco educativo che riguarda le famiglie, la possibilità di trasmettere conoscenza e fare memoria. Per questo credo che l’impegno che dobbiamo avere, oggi come ieri e come domani, è quello che ci fa dire che per la lotta alla mafia abbiamo bisogno di strumenti sofisticati perché la mafia si è globalizzata. Non abbiamo ancora una legislazione giuridica che contrasti le diverse mafie, accomunate da interessi economici che, per esempio, traggono linfa vitale dal traffico di stupefacenti. Il dato allarmante è che oggi siamo invasi da sostanze stupefacenti di nuovo conio che stanno devastando il corpo e la mente di ragazzini di appena 13 anni. Il nostro compito è quello di essere più attrezzati. Dobbiamo avere tanti Pio La Torre che individuino strumenti di contrasto alla mafia, tenendo ben presente che la vera battaglia è l’indifferenza. Dobbiamo vincere la paura su cui si alimenta la mafia».
«Una giornata emozionante – ha sottolineato il Prefetto di Palermo, Maria Teresa Cucinotta – soprattutto per il “cunto” per il quale ringrazio i ragazzi che ci hanno fatto questo regalo. Mi soffermo sulla parola legalità, oggi troppo abusata. Abbiamo visto molti esempi negativi, ma io preferisco pensare in positivo perché per me vale il lavoro dei più. La cosa più importante è la certezza, la consapevolezza, e giornate come questa ci aiutano a essere concreti per poi testimoniare e fare della legalità la nostra cifra. Io ho definito Pio La Torre un rivoluzionario, come del resto lo sono stati tanti uomini della nostra terra. Questo ci riempie di orgoglio perché solitamente siamo additati come terra di mafia, mentre abbiamo esempi di uomini rivoluzionari che hanno cambiato il volto della lotta alla mafia. Pio La Torre insieme a Piersanti Mattarella, a eroi che poi erano dei lavoratori, avevamo preso sul serio il loro lavoro nell’ambito dei loro ruoli, ridimensionando la parola “eroe”. La Torre era un rivoluzionario anche perché la sua visione andava oltre, come andavano oltre Chinnici, Falcone, Borsellino e tanti altri. Ci hanno lasciato un’eredità straordinaria e non li ringrazieremo mai abbastanza. Il loro lavoro deve andare avanti perché la mafia si rinnova e spesso è più avanti dello Stato».
Significativa e irrinunciabile la presenza di Franco La Torre e Tiziana Di Salvo, i figli di Pio e Rosario.
«Mio padre non era con Pio la Torre per caso – ha ricordato Tiziana Di Salvo – nel senso che ha conosciuto La Torre quando è venuto a Palermo nel 1981 per lavorare al regionale del Pci. Mio padre allora lavorava altrove, ma militava nel regionale e, da quando si sono incontrati, non si sono più lasciati. Hanno condiviso per mesi preoccupazioni, lotte politiche; mio padre ha dovuto prendere il porto d’armi e non l’ha neanche detto a mia madre. L’eredità che ci hanno lasciato entrambi è grande ma la vorrei riassumere con quattro parole: legalità, antimafia, antifascismo e pace. Dico pace ricordando la famosa protesta di Comiso. Andavo ancora alle elementari e aiutavo a raccogliere le firme per lo smantellamento della base. Da lì la famosa marcia della pace da 1 milione di persone. Oggi, nel 2023, non troviamo altro modo per risolvere i conflitti se non come le guerre. Pio la Torre aveva ragione quando diceva che bisognava smantellare i missili per non avere la tentazione di dichiarare guerra».
«Tiziana non lo dice – ha preso la parola Franco La Torre – ma Rosario scelse di stare al fianco di mio padre dopo che numerose persone lo avevano rifiutato perché avevano paura. Rosario no. Giornate del genere sono straordinarie. Se dovessi fare un bilancio lo definirei straordinario perché per me stare qui costituisce un momento di rigenerazione. Ogni volta che incontro degli studenti mi sento molto meglio, mi sento più ricco e più forte, pronto ad affrontare la vita di tutti i giorni. Con una differenza, rispetto a quelli che fanno di giornate come questa un momento cerimonioso. Per loro è solo un giorno, per voi tutta la vita».
L’INDAGINE SULLA PERCEZIONE DEL FENOMENO MAFIOSO
Gli studenti italiani ripudiano la mafia ma cresce la loro sfiducia verso le classi dirigenti politiche. I risultati della 16ma indagine sulla percezione del fenomeno mafioso promossa dal Centro Studi “Pio la Torre”
«Il ripudio della mafia da parte dei giovani è in quanto fenomeno criminale che condiziona la vita politica, la democrazia e lo sviluppo socio-economico di tutto il Paese. Contestualmente cresce la sfiducia verso le classi dirigenti politiche, soprattutto quelle locali ritenute responsabili della persistenza e riproduzione della mafia».
Ad affermarlo è Vito Lo Monaco, presidente emerito del Centro Studi Pio La Torre, commentando i risultati della 16sima indagine annale sulla percezione del fenomeno mafioso da parte degli studenti che hanno partecipato alla diciassettesima edizione del “Progetto educativo antimafia e antiviolenza”, promossa con il patrocinio del Ministero dell’Istruzione, sottolineando il fatto che la mafia appare più forte dello Stato.
Relativamente alla domanda che indaga la fiducia sul voto nell’influenzare il mondo della politica, le modalità «abbastanza» è molto» rappresentano le risposte di quasi i due terzi dei giovani coinvolti nell’indagine (rispettivamente 41,09% e 31,24%).
«Il ripudio della mafia da parte dei giovani è in quanto fenomeno criminale che condiziona la vita politica, la democrazia e lo sviluppo socio-economico di tutto il Paese. Contestualmente cresce la sfiducia verso le classi dirigenti politiche, soprattutto quelle locali ritenute responsabili della persistenza e riproduzione della mafia», ribadisce Vito Lo Monaco, presidente emerito del Centro Studi Pio La Torre.
Per molti giovani le organizzazioni criminali, infine, cavalcano i fenomeni migratori. In tutto 1.431 gli studenti delle scuole superiori del territorio nazionale che hanno partecipato all’indagine in base alla quale, per il 62,61% dei giovani coinvolti, non esiste un legame fra organizzazioni di stampo mafioso e immigrazione, mentre il 37,39% è di tutt’altra opinione. Grande fiducia nei confronti dei loro insegnanti grazie ai quali hanno appreso che cosa siano la mafia, la legalità e la Costituzione Italiana, ma anche nei magistrati e nelle forze dell’ordine le cui azioni di contrasto antimafia, anticorruzione e antiviolenza diventano esempio da seguire. Ma è fondamentale la percezione che gli studenti hanno nei confronti della politica.
«Alla luce della crescente astensione riscontrata in occasione delle elezioni politiche ed amministrative del 2022 e 2023 – sottolinea Loredana Introini, presidente del Centro Pio La Torre – abbiamo inserito due domande che indagassero il modo in cui i giovani rappresentano la partecipazione politica e quanta fiducia ripongano nell’esercizio del voto per influenzare la politica». Rispetto ad alcune delle diverse modalità di partecipazione attiva, grande rilievo è stato dato all’attività sociale e di volontariato (44,58%), segue la partecipazione a partiti o movimenti politici (42,56%). Si tratta in entrambi i casi – tanto nell’ambito del terzo settore quanto in quello più propriamente della politica formalmente intesa – di manifestazioni di «cittadinanza attiva vissute come espressione di un’azione di gruppo. Relativamente alla domanda che indaga la fiducia sul voto nell’influenzare il mondo della politica, le modalità “abbastanza” e “molto” rappresentano le risposte di quasi i 2/3 dei giovani coinvolti nell’indagine (rispettivamente 41,09% e 31,24%). Si tratta di risultati senza dubbio “positivi”».
I giovani che ritengono esserci una connessione tra i due fenomeni, individuano principalmente il ruolo delle organizzazioni criminali nell’ingresso irregolare degli immigrati in uno Stato diverso da quello di residenza e nello sfruttamento – nelle forme della prostituzione, lavoro nero, etc. – di chi viene raggirato a causa della propria condizione di vulnerabilità. Attività criminali che vengono ricondotte in modo preminente alle organizzazioni criminali straniere (di tipo mafioso e non) e non a quelle nostrane. Per molti giovani, dunque, le organizzazioni criminali cavalcano i fenomeni migratori. Uno studente, a tal proposito, scrive: “È noto come la mafia si “intrometta” nel fenomeno dell’immigrazione”; un altro puntualizza: “Avere rapporti con l’immigrazione potrebbe facilitare l’espansione globale della mafia”. Tuttavia, non è del tutto superata la posizione di chi ancora individua nelle migrazioni la causa dell’espansione dei fenomeni criminali: “Ad esempio la mafia in America deriva dall’immigrazione di italiani, con questo fenomeno si diffondono le idee e la cultura”. Proprio nella sovrapposizione tra migrazione e criminalità va inserita l’immagine fuorviante che associa l’immigrato ad un criminale a priori: “L’esempio più banale potrebbe coinvolgere quei soggetti che migrano dal paese di origine all’Italia trasportando merce illegale, come ad esempio armi o droga”; “Potrebbero sfruttare le persone per traffico illegale di armi e droga”.
Va anche evidenziato che, tra le novità dell’indagine di quest’anno, c’è il chiamare in causa, da parte degli studenti, le Ong nel rapporto tra organizzazioni mafiose e immigrazione. Una visione, rispetto al fatto che “Le ONG lucrano su questo tema” e Ci sono delle ONG corrotte”, frutto delle politiche migratorie dell’attuale governo in carica che, avendo strumentalmente individuato nelle organizzazioni umanitarie che salvano vite in mare un bersaglio politico contro cui portare avanti la propria battaglia ideologica della supremazia della difesa dei confini sulla tutela dei diritti umani, ha adottato da qualche mese una stretta sull’attività delle stesse.
«La guerra dichiarata dal governo Meloni alle Ong, accusate di fare da spola con gli scafisti – si legge nell’indagine – non è in realtà nuova nel panorama dei populismi nazionali ed europei. Basti ricordare, a titolo esemplificativo, che non tanti anni addietro qualche esponente politico italiano le ha definite “taxi del mare”, alimentando quel consenso mediatico che ha reso più facile gli accordi tra Italia e Libia per fermare i flussi verso il nostro Paese e l’adozione di una regolamentazione che aveva allontanato le Organizzazioni dal Canale di Sicilia».
«Molto proficua – afferma in conclusione Vito Lo Monaco – è stata la scelta di confrontare le risposte degli studenti cercando di conoscere il loro ambiente sociale, il titolo di studio dei genitori, il disagio culturale e sociale, l’inadeguatezza della politica. Spero che lo sforzo analitico del Centro, reso possibile grazie all’impegno volontario di tanti scienziati sociali che ringrazio, possa stimolare l’attenzione della politica, rafforzare la democrazia con la partecipazione dal basso per superare le guerre, la crisi sociale, economica e ambientale».