“Non fatevi ingannare dalle bare bianche” – ci dice Manuelita. “Anche nelle altre sono quasi tutti bambini, ma le bare bianche erano finite”.
Manuelita e Sara sono volontarie di Sabir – che dal primo giorno stanno facendo di tutto e anche di più per assistere i sopravvissuti e le famiglie. Io e Luciano siamo entrati al PalaMilone, per un pensiero alle vittime, le condoglianze ai sopravvissuti, per un abbraccio alle volontarie e ai volontari che da due settimane non si sono risparmiati, mai, per fare quel che è giusto fare.
Ho chiesto “Posso fare una foto alle bare, per documentazione per ResQ ?”, ma mentre chiedevo mi sono accorta che no, non me la sentivo di fotografare.
Ve lo posso raccontare: ci sono i palloncini a forma di cuore. C’è il pupazzo di Tigro e quello di Elastica, un piccolo dinosauro, l’orso. C’è un uomo seduto per terra davanti a una bara, il Corano in mano, ha pregato tutto il tempo. C’è un ragazzo afghano accanto alla bara di sua sorella: lei era una dottoressa. Erano di Kabul: sappiamo tutti da che cosa sono scappati. L’ho salutato, gli ho detto che conosco il Paese in cui è nato, gli ho chiesto scusa. Mi ha detto “Lo sapevano da sei ore: ci hanno ucciso”. “They killed us”, e basta.
Qualche fiore è appassito, ci sono i lumini accesi. C’è una stanza al PalaMilone, la stanza per i riconoscimenti: oggi c’era un padre che cercava i figli. E stamattina hanno ritrovato una bambina, la vittima numero 74. La trentesima vittima minore d’età.
Al PalaMilone si respira l’orrore. E però qui si respira anche l’umanità, meravigliosa, di tutte e tutti quelli che stanno dando una mano, in ogni modo. Ed è da questa umanità che vogliamo, che dobbiamo ripartire. Sul cancello ci sono le foto di alcune delle vittime. E fiori, ceri, disegni dei bambini.
Una maglietta, sopra c’è scritto “Siamo quello che facciamo”. Esatto.
Ora stiamo andando a Steccato: vi portiamo nelle nostre scarpe, se volete.
E vi abbracciamo.
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