Nonostante la Polonia sia stata tra i primissimi paesi al mondo a regolamentare l’aborto per legge, ancora oggi continuano le proteste. Conseguenze delle continue limitazioni nonché delle richieste di divieto assoluto di aborto.
La legge attuale, intorno alla quale si discute e si combatte quotidianamente, rappresenta un’ulteriore limitazione a quella approvata nel 1993, frutto di un compromesso tra Stato e Chiesa intervenuto dopo la caduta del Muro, che però finì per scontentare entrambe le parti.
Lo #StrajkKobiet e tutta la gestione del movimento fa parte di una rinascita globale del movimento per i diritti, ispirandosi alle sue pratiche, forme organizzative e comunicative, ai suoi simboli e immaginari e, al tempo stesso, arricchendoli di nuovi elementi.
Le proteste contro il divieto d’aborto in Polonia non sono una vicenda principalmente polacca. C’è un legame forte con le proteste dei paesi vicini, la Bielorussia e l’Ucraina – il movimento contro Lukasenko e l’Euromaidan – , ma le donne polacche e i moltissimi uomini, soprattutto giovani, che le hanno affiancate nelle piazze, grandi e piccole, di tutto il paese, hanno attinto anche alle esperienze di altri movimenti: Primavere arabe, caceroladas argentine, proteste degli ombrelli a Hong Kong, #OccupyGeziPark, #OccupyWallStreet, proteste degli Indignados spagnoli, contestazioni greche di piazza Syntagma.
Le statistiche ufficiali relative agli aborti legalmente avvenuti in Polonia nel 2020 indicavano, su 1074 casi complessivi, 1053 interventi in seguito a indagine prenatale, che indicava un’alta probabilità di compromissione fetale grave e irreversibile, o una malattia incurabile pericolosa ai fini della stessa sopravvivenza; in 21 casi la gravidanza è stata interrotta in quanto rappresentava una minaccia per la vita della madre.
Rendere l’aborto completamente illegale, ucciderebbe più essere umani. Oltre al fatto che veicolerebbe sempre più donne verso interventi illegali o da effettuarsi in paesi stranieri. Come già accade. Stando ai dati forniti da Aborga bez granic – Aborto senza confini, le donne polacche, malgrado le dure restrizioni imposte dalla nuova legge, continuano a esercitare una scelta grazie alle associazioni che le seguono e alla mobilità europea.
La Polonia contemporanea è un paese in cui la lotta per la modernità si svolge a spese delle donne. Per la prima volta, in seguito alla battaglia scatenatasi intorno alla legge sull’aborto, queste hanno l’opportunità di fermare e ribaltare il meccanismo arrugginito dall’usura del patriarcato.
Leggendo della capillarità della protesta, dell’inventiva delle organizzatrici e dei suoi sviluppi, si palesa tutta la sua innata forza, generata dalla “paura” di non essere ascoltate, di essere calpestate come i diritti conquistati, di essere zittite, di essere dimenticate. È la forza che può generare solo la disperazione, o la speranza.
L’analisi condotta da Alessandro Ajres riguarda principalmente il linguaggio e la comunicazione della protesta, che passa attraverso suoni, parole, immagini, e riguarda gli slogan, i comunicati, i post sui social, i cartelli e i simboli utilizzati. Un linguaggio e una comunicazione che hanno indagato a fondo anche musica, letteratura e arte, focalizzando su alcuni aspetti stereotipati che lanciano messaggi obsoleti o deleteri. Oppure obsoleti e deleteri. Immagini inadeguate e lontane dalla vita reale che attraversano trasversalmente tutti i campi della cultura. Basti pensare ai leitmotiv di molta comunicazione, letteratura, cinema, pubblicità, musica e arte.
L’autore, attraverso l’indagine sulle proteste, svolge un approfondito lavoro di studio al riguardo, mostrando al lettore aspetti poco noti dell’interpretazione artistico-letteraria di simboli e motivi.
Il libro
Alessandro Ajres, Aborto senza frontiere. Il movimento polacco e i suoi modelli, Rosenberg&Sellier, Lexis Compagnia Editoriale, Torino, 2022.
L’autore
Alessandro Ajres: professore a contratto di Lingua polacca alle Università di Torino e Bari. Si occupa principalmente di letteratura polacca moderna e conte