A trent’anni da Tangentopoli siamo ben lontani dal progetto di ripristinare, ove ci sia mai veramente stata, la legalità nelle istituzioni. La corruzione non è diminuita. Ma per Nordio l’effetto più pernicioso è stato portare la magistratura al controllo dei partiti e alla tutela del Paese, fino al punto di sovvertire il responso delle urne e modificare gli equilibri parlamentari.
In Italia, il rapporto tra magistratura e politica è stato, negli ultimi venticinque anni, del tutto anomalo. In uno Stato democratico che, come tutti gli ordinamenti moderni, si fondi sul principio della divisione dei poteri, questa conflittualità dovrebbe essere esclusa in radice. Occorre quindi, per l’autore, una rivoluzione copernicana del sistema giudiziario, perché il tempo sta per scadere. Siamo all’ultimo atto.
Tangentopoli è stata la malattia e Mani Pulite la cura. Eppure, per Nordio, quest’ultima si è rivelata essere più dannosa della prima, sul lungo termine.
Da un lato la corruzione è continuata e continua, sia pure sotto forme assai diverse. Dall’altro l’accumulo di prestigio e quindi di potere da parte della magistratura ha determinato sia la subordinazione della politica, sia la degenerazione della stessa corporazione giudiziaria.
Il primo fallimento della cosiddetta rivoluzione del 1992-1994 è stato il ripetersi di crimini che alcuni speravano tramontati, o comunque diminuiti. I processi e le sentenze sui vari episodi hanno dolorosamente dimostrato l’estensione e l’intensità di questo fenomeno pernicioso, che offende la legalità, umilia la concorrenza, aumenta i costi e gli sprechi, e si insinua in modo tentacolare persino tra gli organi di controllo che dovrebbero impedirlo e combatterlo.
Il secondo fallimento riguarda i rimedi impiegati: inutili. Rimedi che Nordio sintetizza in una dissennata proliferazione normativa, un’enfatizzazione burocratica, un’innocua severità. Dal 2012 in poi, soprattutto, i provvedimenti anticorruzione si sono succeduti con «periodica e minuziosa bigotteria ammonitoria», nel senso che a ogni legge si attribuiva un intento insieme etico e risolutivo.
L’autore sottolinea come spesso si tende a dimenticare che, quando la corruzione assume proporzioni estese e infiltrazioni capillari, contagiando allora come oggi tutti i settori della vita civile e germinando dai settori più modesti dell’impiegato comunale a quelli più elevati dell’alta amministrazione, subisce una trasformazione genetica. Non perde il suo connotato criminoso, ma lo altera e lo decompone. Diventa, in definitiva, un fenomeno culturale.
Più uno Stato è corrotto, più le leggi sono numerose, e più le leggi sono numerose, più alimentano la corruzione. Per cambiare questo sistema corroso e obsoleto occorre modificare la Costituzione, ormai «vecchia culturalmente» secondo Nordio, perché basata sul compromesso di due ideologie – la comunista e la cattolica – che hanno subito, negli ultimi decenni, profonde trasformazioni. Bisogna inoltre ridurre e semplificare le leggi esistenti, perché il corrotto, prima ancora di essere punito o intimidito, va disarmato. È questo il succo fondamentale della rivoluzione copernicana invocata dall’autore.
Carlo Nordio analizza a fondo il problema della corruzione nelle istituzioni e il modo in cui è stato affrontato dalla politica e dalla magistratura negli ultimi quarant’anni. Anche riguardo la magistratura, come per la politica, consiglia di non generalizzare mai troppo né, per contro, tentare di ridurlo a eventi legati solo a singoli individui, magari in vista, i quali finirebbero per diventare inutili capri espiatori di un fenomeno che non sarebbe comunque risolto, anche in seguito a una eventuale condanna.
L’autore è un liberale, e non tenta certo di nasconderlo. Si può concordare o meno con le sue posizioni e anche con alcune delle sue vedute, ma non si può certo obiettare quando egli compie una dettagliata ricognizione dello stato dell’arte. Un’analisi attenta, lucida e, tutto sommato, obiettiva. Sicuramente competente in materia.
Il libro
Carlo Nordio, Giustizia. Ultimo atto. Da Tangentopoli al crollo della magistratura, Edizioni Angelo Guerini e Associati, Milano, 2022.
L’autore
Carlo Nordio: editorialista ed ex magistrato. Ha condotto le indagini sulle Brigate rosse venete e quelle sui reati di Tangentopoli, ha poi coordinato l’inchiesta sul Mose. È stato consulente della Commissione parlamentare per il territorio e presidente della Commissione ministeriale per la riforma del codice penale. Dal 2018 fa parte del Cda della Fondazione Luigi Einaudi. Collabora con numerose testate nazionali ed è autore di diversi volumi sul tema della giustizia. Attuale ministro della giustizia nel governo Meloni.