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Elkann vende i giornali, Cairo punta a comprare

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Conto alla rovescia per la vendita di ‘Repubblica’ e dei giornali Gedi? Vendita sì, vendita no.  John Elkann a fine gennaio smentisce le ipotesi di cedere ‘la Repubblica’, la perla del suo impero editoriale.

Il presidente di Gedi e di Stellantis rassicura il direttore di ‘Repubblica’ Maurizio Molinari. Intervistato a vent’anni dalla morte del nonno Gianni Agnelli liquida le indiscrezioni: sono «voci che mirano a generare instabilità, Repubblica è parte di Gedi, e sta andando bene».

Vendita di ‘Repubblica’ no. A metà febbraio, invece, i giornalisti del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari e tutti quelli del Gruppo Gedi scioperano «per protestare –spiegano- a seguito della ‘messa sul mercato’ di singole testate o gruppi di testate». Lo sciopero scatta dopo un incontro con la Gedi. L’amministratore delegato Maurizio Scanavino comunica una pessima novità al Coordinamento dei comitati di redazione: le vendite sono possibili, «dipende dall’offerta e dagli interlocutori». I giornalisti indicano molti quotidiani del nord est d’Italia a rischio: i contatti per la cessione sono già in corso. L’elenco è lungo: ‘il Mattino di Padova’, ‘La Nuova di Venezia’, ‘la Tribuna di Treviso’, ‘il Corriere delle Alpi’, ‘Il Messaggero Veneto’, ‘Il Piccolo’, ‘la Gazzetta di Mantova’. Ma non è tutto. Vendita di “Repubblica” sì. Secondo i Cdr potrebbero essere venduti perfino ‘la Repubblica’, ‘La Stampa’, ‘Il Secolo XIX’, molte altre testate locali e le radio. La proprietà smentisce solo in parte. La Gedi parla di affermazioni «inutilmente allarmiste».

Il futuro è buio. Ci sono brutti precedenti. La Gedi lo scorso anno ha venduto ‘L’Espresso’, il settimanale simbolo del gruppo, la “culla” dalla quale Scalfari fece partire il lancio vincente di ‘Repubblica’. Scattò un primo sciopero dei giornalisti, la proprietà fornì garanzie sul rilancio del gruppo editoriale. Invece a febbraio è arrivata la tempesta di possibili vendite, basata su quel «dipende dall’offerta e dagli interlocutori».

John Elkann comprò il Gruppo Gedi dalla famiglia De Benedetti. I giornali del gruppo erano in profondo rosso, perdevano copie e pubblicità, così i figli dell’Ingegnere cedettero al nipote dell’Avvocato il più importante colosso editoriale italiano. Elkann promise un forte rilancio basato sulla qualità dell’informazione e su nuovi investimenti. Tuttavia la crisi non è stata superata, anzi si è aggravata. Di qui l’aria di vendita, di smobilizzo.

L’amministratore delegato di Exor (la società della famiglia Agnelli-Elkann controlla Stellantis, Gedi, Ferrari, Iveco, Cnh Industrial) ha molti grattacapi con l’editoria, la Juventus, le fabbriche italiane di auto in difficoltà, le liti giudiziarie con la madre Margherita Agnelli.

Da tempo ha annunciato l’intenzione di diversificare gli investimenti su «salute, lusso e tecnologia», settori nei quali si fanno buoni profitti. In particolare, ha cominciato ad investire nelle aziende specializzate nei prodotti di lusso, con un marchio affermato in tutto il mondo. Negli ultimi due anni ha acquistato la cinese Shang Xia e la francese Louboutin.

Se nell’impero editoriale della famiglia Agnelli-Elkann c’è aria di cessioni, la concorrenza invece è attenta a cogliere tutte le opportunità. Urbano Cairo ipotizza un’espansione: «Ci stiamo guardando in giro per cose possibili». L’editore del ‘Corriere della Sera’ e di L7 annuncia: «Tutto quello che è del nostro mondo, editoria e comunicazione, ci interessa. Anche perché sono passati già sette anni dall’acquisizione di Rcs, devo fare qualcosa, altrimenti mi annoio».


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