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Quegli errori nella guerra in Ucraina

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Come l’Occidente ha provocato la guerra in Ucraina, il saggio dello storico americano Benjamin Abelow, è un documento indispensabile per comprendere le vere cause e le origini profonde della disastrosa guerra che sta devastando l’Ucraina e sta portando il mondo sull’orlo dell’olocausto nucleare. Sono solo 70 pagine, è un manuale denso di informazioni essenziali, una specie di Bignami sul contesto politico ed i retroscena internazionali nei quali si inserisce la tragedia della guerra. Tutto ciò che è necessario per comprendere come la sciagurata avventura militare di Putin, che ha varcato il Rubicone la mattina del 24 febbraio 2022, costituisca una risposta del tutto prevedibile, e perciò prevenibile, ad una trentennale storia di provocazioni alla Russia, cominciate durante la dissoluzione dell’Unione Sovietica e proseguite, in un crescendo inarrestabile, fino all’inizio del conflitto attuale.

Una storia di provocazioni, di accumulo di minacce militari, e di sfide politiche che è stata completamente oscurata, ignorata e cancellata dai leader politici delle nazioni europee e dai mass media, che hanno presentato lo scatenamento del conflitto (azione certamente ingiustificabile e criminale come tutte le guerre), come un fatto inspiegabile, frutto dell’impazzimento di un novello Hitler, deciso a soggiogare tutta l’Europa, in preda ad un delirio di potenza.

Abelow elenca, in estrema sintesi, 8 categorie di eventi che hanno inciso profondamente sugli interessi di sicurezza della Russia e sul rapporto di fiducia con l’Occidente, creando un allarme diffuso a cui la mediocre classe dirigente russa non ha saputo dare altra risposta che non fosse il ricorso all’uso della forza. Non si tratta soltanto dell’allargamento della NATO di oltre 1600 chilometri ad est. Le insidie contro la sicurezza della Russia si sono manifestate anche con il ritiro unilaterale degli USA dal trattato sui missili antibalistici. A seguito del ritiro gli USA hanno installato una base ABM in Romania (e ne stanno installando un’altra in Polonia). I sistemi ABM schierati dagli americani non contemplano solo il lancio di missili antibalistici, ma consentono l’utilizzo di armi offensive con testata nucleare, come i missili Tomahawk che hanno una gittata di oltre 2.400 km. Nel 2019 gli USA si sono ritirati unilateralmente anche dal Trattato del 1987 sulle armi nucleari a raggio intermedio e quindi hanno creato le condizioni per poter posizionare armi nucleari a breve distanza dalla Russia, che – a sua volta – non può reagire allo stesso modo. In questo contesto un ruolo centrale assume la vicenda dell’Ucraina, dove gli USA hanno favorito nel 2014 un colpo di Stato che ha portato al governo forze di estrema destra fortemente ostili alla Russia e alla minoranza russofona. Gli USA hanno deciso di estendere la NATO al territorio dell’Ucraina, sebbene già dal 2008 la Russia aveva fatto intendere di considerarlo inaccettabile. A ciò si aggiungano le ripetute manovre militari ai confini della Russia e nel Mar Nero con esercitazioni a fuoco vivo.

Anche quando è stato chiaro che la Russia stava preparando una risposta militare, non si è voluto fare nulla per abbassare i toni della sfida, fino all’ultimo gli USA e gli alleati europei (compresa l’Italia) hanno insistito sull’ingresso dell’Ucraina nella NATO, presentandolo come un principio non negoziabile.

Il merito del libro di Abelow è di far comprendere che non si possono valutare gli eventi internazionali se non si è capaci di mettersi nei panni dell’altro. Il libro stimola il lettore a porsi una domanda di una semplicità disarmante: “come reagirebbe Washington se la Russia stringesse un’alleanza militare con il Canada e poi piazzasse basi missilistiche a cento chilometri dal confine con gli Stati Uniti?”

Il punto fondamentale è chiedersi se la narrazione occidentale sulla guerra in Ucraina sia corretta o meno. Se l’avanzata russa in Ucraina viene considerata al pari dell’aggressione nazista, allora la politica occidentale di alimentare una guerra senza quartiere fino alla totale sconfitta dell’aggressore ha un senso, anche se comporta un fortissimo rischio di olocausto nucleare. Ma se questa narrazione fosse totalmente sbagliata perché fondata su false premesse, come ci dimostra, in poche battute la rievocazione storica di Abelow, allora una soluzione negoziata sarebbe possibile in tempi brevi e consentirebbe di risparmiare una insensata carneficina e di scongiurare il rischio di un’escalation nucleare.

Per completare il quadro, Abelow richiama l’allarme lanciato dagli esperti di politica estera americani, come George Kennan (uno dei più autorevoli teorici della guerra fredda) in ordine ai pericoli derivanti dall’insensata scelta di allargamento ad est della NATO. La scelta, attraverso l’allargamento della NATO di ricostruire quel nemico che la dissoluzione dell’URSS aveva fatto venire meno, fu considerata da Kennan come una  profezia che si autoavvera. Le minacce e le insidie agli interessi di sicurezza della Russia avrebbero sicuramente provocato una reazione negativa e ricreato in futuro la possibilità dello scoppio di un conflitto, com’è puntualmente avvenuto.

In conclusione, osserva Abelow: “la minaccia esistenziale che la Russia percepisce da un’Ucraina, armata, addestrata e militarmente integrata nell’Occidente, avrebbe dovuto essere chiara a Washington fin dall’inizio. Quale persona sana di mente poteva credere che piazzare un arsenale occidentale al confine con la Russia non avrebbe scatenato una risposta vigorosa?”

Se gli Stati Uniti hanno agito secondo una logica imperiale, che mira ad indebolire e fiaccare la Russia, è assurda la cecità dei leader europei che hanno agito con un “livello di deferenza e di codardia tali da essere quasi inconcepibili”.

Eppure proprio questo è il problema dell’Europa, la deferenza (verso gli USA) e la codardia dei leader europei, che sono stati talmente sciocchi da infilarsi nelle sabbie mobili del conflitto ed è difficile che possano trovare la saggezza per uscire da quelle sabbie mobili prima di affondare del tutto e portare giù con sé tutti noi.


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