Si è spento questa mattina all’età di 92 anni il regista Francesco ‘Citto’ Maselli. Ne dà notizia in una nota Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea. “Il cinema e la cultura italiana perdono un maestro e un grande regista, la sinistra un intellettuale militante e un esempio di rigore e coerenza, Citto ha sempre conservato la passione che da ragazzino lo spinse a entrare nelle fila dell’antifascismo e della Resistenza” ricorda ancora Acerbo.
Nato a Roma il 9 dicembre 1930, ad appena 14 anni, in piena occupazione nazista, si distingueva già alla testa dell’unione degli studenti italiani per sostenere i movimenti di liberazione. Figlio di un critico d’arte, respira in casa letteratura e arte, incontra ospiti illustri che presto lo spingono a partecipare alle lotte del partito comunista. A guerra finita si iscrive al Pci e nel 1949 prende il diploma del Centro Sperimentale di Cinematografia. Il giovane Citto, come sarà chiamato da allora, conosce davvero il set con Michelangelo Antonioni, di cui sarà aiuto regista in diversi film. Intanto si fa le ossa con una serie di documentari, a cominciare da “Bagnaia paese italiano” del ’49, arrivando anche al festival di Cannes con “Bambini” del ’51 per il quale ottiene la collaborazione di Giorgio Bassani. Il 1953 è per lui un anno di svolta: dirige l’episodio “Storia di Caterina” per il film “Amori in città” ideato da Cesare Zavattini e collabora con Luchino Visconti al film collettivo “Siamo donne” nell’episodio con Anna Magnani. E’ del 1955 il lungometraggio “Gli sbandati”, diretto ad appena 23 anni e subito invitato alla Mostra di Venezia. Dopo opere di alto livello un capolavoro come “Gli Indifferenti” (1964) dal romanzo di Alberto Moravia. Arriva intanto il clima infuocato del ’68, e il regista è in prima fila nelle contestazioni della Mostra di Venezia, anima la storica associazione dei cineasti (l’Anac di cui è tra i fondatori), avverte potente il richiamo di un impegno diretto. Così si dedica a tempo pieno alla militanza politica, mette la sua firma sul rivoluzionario statuto della “nuova” Biennale, fotografa l’immobilismo snob degli intellettuali con il provocatorio “Lettera aperta a un giornale della sera” nel 1970. E nel 1975 gira uno dei suoi film migliori e più complessi: “Il sospetto di Francesco Maselli” con Gian Maria Volontè su un militante comunista nell’Italia fascista, braccato dalla polizia segreta dell’Ovra. Tornerà a stupire 11 anni dopo, nel 1986, con l’intimo e inatteso “Storia d’amore” che porta la debuttante Valeria Golino alla Coppa Volpi come miglior attrice alla Mostra del cinema. Nell’ultimo periodo è tornato ad un cinema più dichiaratamente di impegno civile e sociale tra il televisivo “I compagni” (1999), il documentario “Civico Zero” (2007) e il profetico “Ombre rosse” (2009).
Sperimentatore appassionato, fotografo d’avanguardia, memorialista attento come nel suo bellissimo “Frammenti di Novecento”, Citto Maselli insieme al collega Emidio Greco inventa nel 2004 le “Giornate degli autori” a Venezia come già aveva fatto più di 30 anni prima con le “Giornate del cinema italiano”; con la collaborazione di sua moglie, Stefania Brai, organizza i collettivi di cineasti per opere d’impegno civile come “Un altro mondo è possibile” sulle giornate del G8 di Genova nel 2001, “Lettera dalla Palestina”, “Piazza San Giovanni”, animato fino alla fine da passione e spirito critico al servizio di un progetto collettivo.
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