Lo scorso 28 novembre, nella stessa Aula del Vaticano, con altrettanti studenti e insegnanti ma anche amministratori locali, giornalisti ed esponenti della società civile, ho avuto la possibilità di rivivere la gioia di quell’incontro con un uomo che, come nessun altro, sta cercando di portare l’umanità sulla via della pace.
Attenzione! Non una pace qualsiasi. Non la pace che confondiamo con la nostra tranquillità personale. E nemmeno la pace dei cimiteri che separa una guerra dall’altra. Non la “pace negativa” senza qualità che, come ha denunciato Norberto Bobbio, si esaurisce nel contrario della guerra. La pace di cui Papa Francesco si è fatto interprete autentico e promotore instancabile è un’altra: una “pace positiva” fondata “non su grandi manifesti o conferenze internazionali” ma sul rispetto della dignità e dei diritti fondamentali di ogni persona e sulla misericordia. Una pace che è insieme “dono” di Dio e frutto possibile del lavoro degli uomini e delle donne che quel “dono” devono far crescere. Non un “prodotto industriale”, ha sottolineato più volte, ma un “lavoro artigianale che richiede passione, pazienza, esperienza e tenacia”. “Un lavoro da portare avanti tutti i giorni, passo dopo passo, senza mai stancarsi.”
Grazie a Papa Francesco, in tutti questi anni difficili, il nostro cammino per la pace è stato più sicuro. La sua costante immersione nella realtà (che molti preferiscono ancora guardare dal balcone) ci ha aiutato a leggere il nostro tempo, ad affrontare senza paura anche i drammi peggiori, a costruire consapevolezza e responsabilità, a riconoscere -fatto decisivo- “il primato della realtà sull’idea”. La sua visione, sempre ampia e universale, ha accresciuto il nostro senso di appartenenza alla famiglia umana. Il suo essere “glocale”, sempre “con” e non solo “per”, ha cambiato definitivamente la postura del nostro impegno. Il suo parlar diretto e inclusivo, genuino e concreto, essenziale e sostanziale ci ha accompagnato nella riscoperta e rigenerazione di tante parole che curano. Muovendoci sui suoi passi, scavando nella sua miniera di pedagogia, giorno dopo giorno, abbiamo ideato e realizzato iniziative e processi di impegno civile, di formazione ed educazione che hanno visto il protagonismo di tanti giovani, insegnanti, amministratori locali, associazioni e cittadini. Per anni è stata una lotta continua contro la globalizzazione dell’indifferenza e del senso di impotenza.
Poi la realtà si è incaricata di spazzare via tante narrazioni menzognere e di riordinare le priorità umane. E la voce del Papa venuto da lontano è risuonata ancora più forte. Chi non voleva sentire ha continuato per la sua strada. Ma per noi è stato facile decidere da che parte stare: “con Papa Francesco, contro la guerra per costruire la pace”. Dal 26 gennaio 2022, prima “Giornata di preghiera per la pace in Ucraina”, il suo accorato impegno personale per la pace è diventato come la fiamma nella notte. Come San Giovanni XIII 60 anni fa davanti all’incubo dello scoppio della guerra atomica, oggi Papa Francesco non perde occasione per incoraggiare tutti i responsabili della politica, nazionale e internazionale, a fare tutto quello che è in loro potere per fermare la guerra e la sua escalation. Ma la sua proposta di conversione è più ampia e radicale e ci responsabilizza tutti. Insieme all’opposizione alla guerra e alle armi, alla loro costruzione e alla loro vendita (“la peste più grande”), questo è il tempo in cui dobbiamo far crescere la nostra capacità di cura degli altri e del pianeta. “Con il gesto semplice ed essenziale del vostro camminare -ci scrisse un giorno- voi avete affermato che la cultura della cura è una strada, anzi, è la strada maestra che conduce alla pace”.