La scomparsa di Maurizio Costanzo segna inesorabilmente il tempo dei media. Il funambolico giornalista, scrittore, paroliere, conduttore è stato l’espressione autentica di una lunga stagione della comunicazione italiana. L’ha interpretata nei suoi livelli più alti – vedi il testo dell’indimenticabile brano Se telefonando musicato da Ennio Morricone e interpretato da Mina- e in qualche caduta agli inferi come l’iscrizione alla loggia P2. Su quest’ultima inquietante vicenda si dichiarò sì pentito, ma il buco nero rimane. Era un’epoca delicata e la loggia massonica muoveva le fila, tra l’altro, anche dell’editoria. L’intervista firmata a Licio Gelli pubblicata dal Correre della sera nel 1980 fu il sintomo di qualcosa di più grande, a partire dall’occupazione del quotidiano milanese da parte del duo Rizzoli-Tassan Din.
A parte simile peccato non veniale, la biografia di Costanzo ci racconta molto della cultura di massa. Dopo gli esordi da cronista, dobbiamo ricordare il tentativo di dare vita ad un quotidiano tabloid di taglio simile ai progenitori anglosassoni. Era una novità. L’Occhio, però, durò poco.
Tuttavia, il sapore dell’informazione pop, quella che gli esperti del ramo hanno chiamato infotainmen (news e intrattenimento), fu la base delle sue fortune. A buon diritto, si può dire che da lì origina quel gorgo ormai indistinto che nominiamo talk, cui diede una forma originaria assai migliore di molti epigoni. In lui c’era la ricerca dei lati eccentrici o meno blasonati della società, dei casi umani che regalavano alle tante e ai tanti costretti a seguirlo sul divano (come da ultimo, con simpatico narcisismo, dichiarò) un momento di straniamento complice, di riconoscimento del sé nascosto o ridotto alla marginalità. Personaggi, in numerose occasioni diventati famosi (Sgarbi, per citarne uno), centrifugati in un’eterna strisciata di finzione realistica.
Dapprima fu Bontà loro, e successivamente arrivò l’incredibile (letteralmente) Maurizio Costanzo show, l’appuntamento di tarda serata che accompagnava le persone al sonno, meglio al sogno. Recentemente, il format è stato riesumato, ma il paragone con quello ininiziato nel 1982 è impietoso. Come di non grande momento sono apparsi i programmi recenti del ritorno alla Rai, dove aveva esordito: alla radio e alla televisione.
Il servizio pubblico fu lasciato allora per le accoglienti sponde di Fininvest-Mediaset, di cui Costanzo ha rappresentato una colonna dei palinsesti e un punto di riferimento. Buona domenica contendeva gli ascolti al gemello di Rai uno e, complessivamente, dalla fertile mente scaturiva una catena di montaggio di progetti e programmi. Citiamone uno davvero rimarchevole, ovvero la maratona contro la mafia immaginata nel 1991 insieme a Michele Santoro: il duopolio unito contro le organizzazioni criminali. E quel successo tra il pubblico costituito da un’utenza semplice e poco suggestionata dai riti canonici dei telegiornali fece probabilmente scattare l’allarme nelle cupole criminali, fino all’attentato del maggio del 1993, che solo per la benevolenza del destino non divenne una strage.
Costanzo era anche una sorta di tessitore dietro le quinte dei poteri: mediali e non solo. Nell’ufficio transitavano aspiranti direttori di testate e segretari di partito. Per un suggerimento, un consiglio e, soprattutto, una moral suasion verso Silvio Berlusconi. Nei riguardi del cavaliere di Arcore Costanzo nutriva sì una indubbia riconoscenza, senza –però- una cieca piaggeria secondo un diffuso stile coevo. Anzi, certe esagerazioni erano moderate da un buon senso magari un po’ cinico, ma effettivo. Si deve a Costanzo il contenimento della polemica contro la sinistra di cui il patron menava vanto nelle riunioni ristrette del gruppo-partito cui Costanzo partecipava.
Autore di libri e animatore instancabile di dibattiti e di incontri, ha rappresentato – in fondo- l’essenza dell’età televisiva commerciale. Prima dell’odierna ibridazione con i social e ai confini dell’immersione nell’era dell’infosfera, Costanzo ha scritto un capitolo cruciale. Diventerà evidente quando si parlerà del passato fertile della comunicazione del flusso generalista e dolcemente evasivo. E quando, tra una decina di anni, si ragionerà al passato, scopriremo che, accanto agli intellettuali accademici e blasonati, un posto di rilievo spetterà a chi ha orientato sentimenti e coscienze per alcuni decenni.
Il potere della e nella televisione. Chi scrive è testimone di tale risvolto. Quando, trafelato all’aeroporto di Fiumicino per l’imbarco verso Parigi (una riunione europea incombeva) e in assoluto ritardo; accompagnato da due poliziotti fin dentro l’aereo ormai quasi al decollo: «grazie, a cosa devo la gentilezza? Lei è stato al Costanzo Show». Già.
Fonte: “Il manifesto”