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Sanremo e la memoria corta

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La memoria gioca spesso brutti scherzi. Così pochi in queste ore ricordano l’esibizione del coro dell’Armata Rossa a Sanremo, con la preziosa aggiunta di Toto Cotugno. Per Vladimir Putin il 2013 non fu un anno qualsiasi, piuttosto quelli del suo grande ritorno sulla scacchiera del mediterraneo, da padre padrone dell’amico e sodale Bashar al Assad, che presto avrebbe salvato dal giudizio della storia e del tribunale internazionale per i suoi crimini chimici contro il suo stesso popolo. Ma l’islamofobia diffusa ha portato a rimuovere la generosa ospitalità offerta al suo coro in occasione della prestigiosa manifestazione canora, con il coro rosso e non “russo” a lungo applaudito per la sua preziosa performance. Non credo che Zelenski sia un cantante, di certo è stato un attore e non lo ha mai nascosto. Ma oggi rappresenta un popolo in lotta per la sua dignità e libertà. Onestamente non vedo dove sia lo scandalo se ci parlerà di dignità e libertà, sempre utili e apprezzabili anche sul palco che ha visto il coro dell’Armata Rossa cantare per noi mentre quell’armata si preparava al massacro siriano agli ordini ovviamente del generale Gerasimov, passato recentemente agli onori delle cronache ucraine per la sua feroce campagna contro le centrali elettriche.


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