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Napoli accoglie Julian Assange: una rondine fa primavera?

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Il consiglio comunale di Napoli ha approvato a grande maggioranza lo scorso 31 gennaio un ordine del giorno in cui si chiede al sindaco Gaetano Manfredi di conferire la cittadinanza onoraria a Julian Assange. L’iniziativa ha preso le mosse dall’appello che fece alcuni mesi fa il premio Nobel per la pace Pérez Esquivel contro l’estradizione negli Stati Uniti del fondatore di WikiLeaks, dove pende una condanna a 175 anni di carcere. Il risultato è il frutto di una capillare spinta di Free Assange Napoli, cui va dato il merito principale. 

Il documento consiliare, sottoscritto da numerosi esponenti partenopei tra i quali Antonio Bassolino, sottolinea come tale vicenda sia emblematica degli attacchi alla libertà di informazione: tanto nei regimi autoritari, quanto nei luoghi dove ci si fregia di rispettare la democrazia. Assange, si aggiunge, è perseguitato da oltre 12 anni senza un capo di accusa preciso, se non una fumosa (e improbabile) violazione della legge del 1917 degli Usa sullo spionaggio.

È auspicabile che, dopo Pescara e , numerose altre città si uniscano a tale iniziativa, essenziale per riportare all’attenzione dell’opinione pubblica un caso dalle tinte drammatiche, essendo assai precarie le stesse condizioni di salute del giornalista australiano.

Tra l’altro, a dimostrazione di quanto sia pervicace la volontà di evitare che si conoscano gli arcani delle decisioni che hanno investito chi ha svelato i segreti indicibili delle guerre in Iraq e in Afghanistan, è fresca la notizia che le autorità svedesi hanno distrutto una consistente parte della corrispondenza tra la Swedish Prosecution Authority e la Gran Bretagna dal 2010 al 2019 in merito alle accuse di stupro rivelatesi infondate che hanno inseguito senza motivo Assange, indagato a Stoccolma ma già residente a Londra. Solo grazie alla pervicacia di Stefania Maurizi, che segue fin dall’inizio la storia tragica scrivendo un volume (ora tradotto in inglese) che ha fatto scuola, quella documentazione è parzialmente venuta alla luce: dopo una lunga contesa legale resa possibile dal Freedom of Information Act (FOIA) pur attuato con il contagocce. La ragione di tanta oscurità risiede nel timore che via via emerga la strumentalità delle accuse. L’informazione coraggiosa e senza remore dà fastidio. Va repressa. Per ottenere tale risultato, persino i conclamati stati liberali rinnegano con cinismo i propri presupposti.

Ancora nulla si sa degli orientamenti delle corti del Regno Unito nel merito degli appelli contro l’estradizione, ma è doveroso tenere alta la mobilitazione civile. Così, si stanno preparando numerose iniziative per il prossimo 11 febbraio, restituendo al carnevale il suo autentico valore libertario. A partire dall’incontro che si terrà a Londra dal titolo «Free Assange rally in the Emmanuel Centre, Marsham Street, Westminster» cui parteciperà la moglie avvocata di Assange, Stella Moris. In Italia, il comitato «La mia voce per Assange» sta organizzando la circolazione dei video di testimonianza raccolti nel mondo della cultura e dello spettacolo.

Se WikiLeaks fosse in attività, sapremmo tante più cose, ad esempio, sul terribile conflitto in corso in Ucraina. Il vuoto si sente.


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